In un’atmosfera di dubbi e comprensibili perplessità, non solo economiche, anche il primo mese del nuovo anno è in procinto di lasciarci. Basteranno i restanti undici mesi per restituire al Paese quelle prospettive di sviluppo che, per ora, proprio non avvertiamo? Il 2011 è terminato con un Esecutivo “tecnico”. Chissà se il Professore reggerà anche per il 2012? Gli interrogativi si pongono proprio per le tensioni sociali, ma anche strutturali, che mettono in forse i sacrifici che siamo costretti ad affrontare. Undici mesi nei quali si potrebbero tirare le somme di una condizione che, ci auguriamo, migliori. I timori, almeno nell’attuale momento nazionale, non sono strumentalizzati ed è la forza della sopravvivenza ad eccitare gli animi. Per superare la crisi, non sappiamo se ora ci sia l’uomo giusto al posto giusto. Solo prendiamo atto di un giro di vite socio/economica evidente. Che non sono tempi “facili” lo rileviamo anche fuori del Bel Paese. Certo è che da noi sono ancora i “poveri” che continuano a “piangere”. I “ricchi”, nella sostanza, hanno ben ammortizzato la recessione. E’ dal 2009 che il malessere s’è palesato. S’è radicato a fronte di riforme mai concretizzate e liti in aula che ben poco avevano di parlamentare. Eppure, siamo andati avanti per la via sbagliata. L’UE, nella sua progressiva crescita, emargina gli incerti, isola le economie instabili e le punisce. Una strategia che, ora, stiamo vivendo in pieno campo. Lo riscriviamo: per uscire dalla crisi ci vorranno anni. L’esasperazione ne seguirà i tempi. E’ inutile ritenere che il Prof. Monti abbia la bacchetta magica. Dal suo “cilindro” dovranno uscire ancora tanti sacrifici. Magari quelli anonimi che, spesso, sono i più duri d’assimilare. I “tecnici” non sono Santi e l’Italia non è il Paradiso Terrestre. Per la verità, non lo è mai stato. E’ che non ci siamo adeguati ad una realtà in sintonia con i tempi. Mancando gli stimoli nel senso giusto, è calato il risparmio e la sfiducia hanno avuto la meglio. Stessa via hanno preso gli investimenti indispensabili per la concretizzazione di nuovi posti di lavoro. Ipotecare il futuro oggi è più facile di ieri. Un italiano su quattro vive al limite della povertà. I trattamenti previdenziali minimi non consentono ottimistiche previsioni per i milioni di pensionati che tirano avanti un anno, con la stessa somma che i “benestanti” spendono in un mese. La disparità sociale, ora, si è fatta tanto evidente da trasformarsi in litigio di classe. Le tensioni sociali non si sono ridotte. Il malessere italiano ha un’origine lontana. I partiti hanno fatto i loro errori ed ora non si comportano in modo più confacente ad un ruolo che resta alla periferia della politica economica; l’unica, in realtà, a contare. Del resto, la fase “due” della manovra governativa è ancora in via di sviluppo. In ogni modo. La liberalizzazione non può essere la panacea per tutti i nostri mali. Ci vuole altro e di più. La sicurezza per un futuro, più europeo che nazionale, resta una meta lontana. Di valido rimane la dignità di un Popolo che ha saputo, e saprà, risollevarsi. Quando sarà noto il P.I.L. 2011, si potranno tirare le prime somme sul futuro di quest’anno che è iniziato non proprio sotto i migliori auspici. Se, con la primavera, il Parlamento andrà ad approfondire, responsabilmente, le riforme, allora potremo tirare un respiro di sollievo. Per ora, prevalgono gli interrogativi rispetto alle speranze.
Giorgio Brignola