IL PAESE DEL “DOPO”

In economia, soprattutto per quell’italiana, non è stato mai facile fare delle previsioni azzeccate. Del resto, non n’abbiamo mai voluto farne. Ora, però, i fatti ci stimolano a qualche riflessione in senso concreto. E’ dal 2008 che ci stiamo barcamenando in un’Europa che s’allarga con regole sempre più coinvolgenti e nei confronti delle quali ci siamo trovati impreparati. L’Euro, che sembrava dovesse garantire una stabilità monetaria indiscutibile, ha rivelato specifici limiti e difficili raffronti con l’economia degli Stati UE che l’ha adottato. Oggi, il detto “chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori” non ha più tanto significato pratico. La Gran Bretagna n’è il più concreto esempio. Al momento, gli economisti contano più dei politici. In Italia in modo particolare. Ma avere degli “specialisti” non sempre si rivela la soluzione migliore. Da noi, unico Paese del Vecchio Continente, stiamo sperimentando un Esecutivo di natura non parlamentare e con uomini lontani da quelle che noi abbiamo chiamato le “beghe” di Palazzo. Certo è che “tamponare” l’emergenza economica non significa guarirla dai suoi mali che hanno origini ben più lontane e variegate. Come investire per il futuro d’Italia è tutto da palesare. I piccoli risparmiatori, che erano il fulcro di un sistema, non esistono più. Ha solo buon gioco la speculazione e la ricerca di vantaggiosi investimenti in titoli esteri. Una strategia alla quale non siamo avvezzi e che, molto spesso, non riusciamo neppure a comprendere. Abbiamo solo ben capito che i “conti a posto” sono ancora tutti da venire e che l’economia interna deve rendere conto ad un’Europa più confederata a parole che nei fatti. Trovare degli obiettivi comunitari è più difficile oggi che nel secolo scorso. Forse, non è venuta meno la fiducia; si sono, però, determinate delle condizioni in netto contrasto con la politica monetaria che ci aveva accompagnato sino alle porte del Nuovo Millennio. Ora che i conti non tornano più, si tentano le soluzioni più impensate. Lo Stato ha bisogno di liquidi per stabilizzare il suo bilancio. Si torna a trattare di “evasione fiscale”. Ma è possibile che si debba ricorrere a soluzioni che potevano essere applicate già per il passato? Le tasse devono essere pagate da tutti sui redditi. Non è una gran novità. Perché, ci chiediamo, c’è voluto un Esecutivo “tecnico” per innescare controlli che, ci auguriamo, continuino a tutti i livelli? Ai “tempi” dei politici, come ci si arrangiava? Solitamente, colpendo i consumi tramite imposizione dirette e indirette. Oggi il rigore si è fatto norma. Tranne che per i generi alimentari, già cari per loro natura, il fisco preleva 1/5 di tutto ciò che spendiamo. Risparmiare è, in sostanza, impossibile e gli Istituti di Credito hanno difficoltà a piazzare mutui e prestiti personali. Ci siamo sentiti dire che “la crisi c’è per chi l’ha”. Affermazione che riteniamo all’altezza dei tempi e, soprattutto, veritiera. Il nostro tenore di vita calerà, non mancheranno le rinunce e la ripresa, quando ci sarà, gestirà un’altra Italia. Sicuramente meno fatalista ed ancor meno nazionalista. Il motto, ora, è “sapersi accontentare”. Tornare alle semplici cose tipiche dell’Italia anni ’60 e ’70. Quando la gita fuori porta era già un lusso che non tutti si potevano permettere. La “Dieta Mediterranea” ( piatto di pasta condita e basta) sarà il desinare per molti italiani. Piaccia, o non piaccia. Assumendo debiti, si tenterà ancora di mantenere un certo tenore di vita. Ma per quanto? Tirare avanti sarà più difficile. Per tutti; ma, in particolare, per le nuove generazioni.

Giorgio Brignola

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