Manifestazione del Movimento dei Sem Terra
Via Campesina internazionale ha convocato per oggi, 17 aprile la Giornata di di lotta contadina con lo slogan “L'agrobusiness delle transnazionali causa la crisi alimentare globale: i contadini rivendicano i loro diritti”. “La crisi alimentare mondiale sta cominciando ad apparire nel suo aspetto reale quest'anno. Durante gli ultimi decenni la fame era “nascosta” in aree rurali e zone marginali: oggi il numero delle persone colpite sta aumentando e molte persone non ce la fanno” – afferma Via Campesina. Africa e Asia sono i continenti più colpiti dalla fame e dalla miseria nelle zone rurali anche per i crescenti effetti dei cambiamenti climatici.
Via Campesina denuncia le responsabilità delle “grandi imprese transnazionali dell'agrobusiness vogliono accrescere il loro controllo sull'alimentazione mondiale e l'economia agricola. La liberalizzazione del commercio e gli investimenti in agricoltura lo hanno reso possibile: sono stati realizzati accordi a livello internazionale attraverso il WTO, gli Accordi di Libero Commercio (FTA) e gli Accordi di Associazione Economica (EPA). L'agrobusiness viene incoraggiato da programmi della Banca Mondiale e del FMI che lo ritengono la priorità nelle politiche alimentari e agricole in molti paesi”. Per questo nella commemorazione quest'anno del 17 aprile, il giorno internazionale di Lotta Contadina, la Via Campesina convoca i suoi membri e gli altri movimenti sociali per realizzare attività contro le multinazionali.
In questi giorni almeno 30 proprietà private sono state occupate solo nel Pernambuco, altri 13 stati paralizzati da proteste a favore della riforma agraria, blocchi stradali, incluso ieri quello della principale arteria stradale del Brasile, l'autostrada Rio de Janeiro-San Paolo, e occupazione di edifici statali, tra cui sempre oggi, a Brasilia, la sede della ‘Caixa Económica Federal’ nellìabito delle dimostrazioni organizzate dal Movimento dei lavoratori ‘Senza Terra’ (Mst) in corso dall’inizio del mese nell’ambito del cosiddetto ‘Aprile rosso’ – riporta l'agenzia Misna.
Oggi ricorre infatti 12° anniversario del massacro di 19 contadini ‘Sem terra’ e del ferimento di altri 69 compiuto dalla polizia militare il 17 aprile 1996 a Eldorado dos Carajás, nello stato amazzonico del Pará. Il massacro è rimasto impunito dopo l’assoluzione in blocco (nel 2000, confermata due anni più tardi) dei 142 poliziotti dei contingenti della polizia militare di Parapuebas e Marabá che aprirono il fuoco contro una manifestazione pacifica di 500 contadini, inclusi donne e bambini; si attende ancora, inoltre, il processo d’appello contro il colonnello Mário Colares Pantoja e il maggiore José Maria Oliveira, i due ufficiali responsabili dell’operazione: condannati rispettivamente in primo grado nel 2002 a 228 anni e 158 anni e 4 mesi di detenzione, sono ancora in libertà.
Nei giorni scorsi nello stato brasiliano del Paranà è stato barbaramente ucciso Eli Dallemole, un dirigente del “Movimento Senza terra”. L’uomo, di origine italiana, è stato ucciso a colpi di pistola: la polizia ha fermato quattro persone accusate di essere gli esecutori del delitto, tra i quali due killer professionisti e il presunto mandante, il presidente del sindacato dei commercianti della città di Cornelio Procopio. I cinque fermati erano già ricercati per associazione a delinquere, incendio doloso e tentativo di omicidio per l'attacco ad un accampamento dei Sem Terra. “Non è ammissibile – si legge in una nota della Commissione pastorale della terra – che nel XXI secolo continuino ad essere utilizzati gli strumenti della barbarie contro i poveri delle zone rurali. Non è ammissibile che i proprietari della terra organizzano e mantengono milizie private per garantirsi proprietà che non svolgono la loro funzione sociale, come stabilito dalla Costituzione”.
Intanto in Guatemala i campesinos indigeni sono in marcia per chiedere una 'riforma agraria integrale'. “Non chiediamo più negoziati o buone intenzioni, quello che vogliamo è la redistribuzione delle terre fertili e la sicurezza alimentare” – ha detto il dirigente indigeno Daniel Pascual, rivolgendosi a una folla riunita nella Plaza de la Constitución di Città del Guatemala dove erano convenuti – dopo aver percorso a piedi 127 chilometri dormendo all’addiaccio – migliaia di ‘campesinos’ indigeni, in rappresentanza dei popoli nativi, quasi la metà dei 13 milioni di abitanti del paese più popoloso dell’America Centrale. “Le condizioni di miseria in cui viviamo – ha aggiunto Pascual in una nota ripresa dall'agenzia Misna – sono le stesse di 30 anni fa, durante la guerra civile; il paese sopravvive nella povertà e nonostante la popolazione contadina sia quella che genera più ricchezza subisce discriminazione, razzismo e disoccupazione”.
La marcia era partita sabato dalla località occidentale di Los Encuentros, denominata ‘Grido della madre terra’ e convocata in concomitanza con il 30° anniversario della nascita del ‘Comité de unidad campesina’ (Cuc), organizzazione in cui ha militato anche la dirigente indigena e Premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchú. A nome dei ‘campesinos’, Pascual ha chiarito che i contadini non accetteranno l’approvazione di una legge sullo sviluppo rurale, al vaglio del Parlamento, se questa non implicherà una “riforma agraria integrale”. [GB](Unimondo.org)