Il presidente del Consiglio Berlusconi è venuto a parlare in Senato in quattro circostanze. Al momento della fiducia, e non poteva farne a meno, ha parlato di quello che doveva essere il suo programma di governo. Poi per due anni e mezzo ha evitato di frequentare l’aula del Senato ed è tornato nel settembre 2010 per dirci che nel suo partito era avvenuta una scissione. Poi il 13 dicembre 2010 per parlarci del nuovo assetto di governo. Infine il 21 giugno è tornato su indicazione e monito del Capo dello Stato.
Quando abbiamo appreso che sarebbe venuto siamo rimasti sorpresi. E io mi son chiesto la ragione della sua presenza qui ed oggi, 3 agosto 2011. Francamente, presidente del Consiglio, o meglio, Presidente dell’ottimismo, ho avuto in me la speranza che lei venisse a fare un appello al Paese: “Cari italiani, io e il mio governo abbiamo sbagliato l’approccio alla crisi, l’abbiamo negata perché siamo degli inguaribili ottimisti e degli inossidabili narcisisti, ma siamo qui a chiedervi scusa per quanto abbiamo fatto e non fatto finora, vi chiediamo aiuto perché l’Italia è un grande Paese in difficoltà e tutti dobbiamo lavorare per riportarlo dove merita di stare”. Invece niente di tutto questo, solo la descrizione di uno scenario interno di cui lei è un abile regista. Lei è un regista di soap opere.
Vede, signor Presidente del Consiglio, il problema non è solo dare certezze ai mercati, e non credo che l’intervento che ha fatto oggi le dia. Prima di ogni altra cosa, va restituita certezza agli italiani. E poi serenità e fiducia. Cose che vogliono dal governo, dal Parlamento e da una classe dirigente che non dica bugie.
“Il peggio è passato – ha detto il 5 marzo 2009 – i problemi sono alle spalle, non credete ai giornali pessimisti”. Non contento ribadiva due mesi più tardi, 17 maggio 2009, ancora una volta che “il momento peggiore è passato e d’ora in poi ci saranno miglioramenti. C’è stato un diluvio universale. ma ora siamo qui e stiamo meglio di prima. Il governo ha fatto bene a diffondere fiducia”. “Non abbiamo peccato di ottimismo – continua nel luglio 2009 – perché questa crisi, è stato dimostrato, ha solo origine psicologica”. E, dopo due mesi, ripeteva ancora che “tutto era cambiato e non dovevamo temere nulla”. Come un mantra, una litania di bugie che ha continuato a raccontare fino a pochi giorni fa, quando ha sostenuto che “l’Italia ha superato la crisi internazionale meglio di altri Paesi europei, compiendo una vera missione impossibile fatta senza mettere le mani in tasca agli italiani” (Gubbio, collegamento telefonico, 29.4.2011).
Vede presidente, a me spiace, ma devo dire che il suo discorso è stato opaco e pieno di contraddizioni. Nessuna misura concreta annunciata e nessun dettaglio nell’agenda per il suo confronto con le parti sociali, nessun riferimento all’economia reale.
Ma lei ha voluto dare i numeri e allora leggiamoli insieme i suoi numeri. Ventisette misure concrete: 15 sono provvedimenti per la crisi economica, tre leggi finanziarie, più due collegati. Tutto questo rappresentava, o avrebbe dovuto rappresentare, provvedimenti urgenti adottati per far fronte alla crisi con manovre di finanza pubblica.
Purtroppo, però, il fallimento è davanti agli occhi di tutti. I nostri conti sono in difficoltà e vorrei ricordare che 500 miliardi di debito pubblico li ha fatti lei nei periodi in cui è stato presidente del Consiglio. Li conti i numeri, lei è un po’ distratto presidente!
Non sono serviti 40 mesi di governo per portare l’Italia fuori dalla crisi, per rilanciare la nostra economia e far crescere competitività in un Paese che è sprofondato in una crisi sempre più profonda che ha lacerato le famiglie, i lavoratori, le imprese, oltre a produrre un aggravamento conclamato della pressione fiscale. Nei prossimi 20 mesi, collega Viespoli, dovremmo fare il giro del mondo, la rivoluzione della Costituzione, il cambiamento delle norme sul lavoro, la riforma fiscale: dovremmo fare tutto, ma tieni i piedi per terra, collega Viespoli, sei una brava persona!
Tornando poi alle misure adottate, che destano ilarità per alcuni e rabbia per altri, vi sono quelle per “sostenere l’efficienza della Giustizia. Ma sa, tra prescrizione breve e processo lungo, lei e il suo staff di ministri e avvocati siete andati in evidente confusione.
Ha detto che l’Italia “ha i fondamentali a posto”, che non bisogna “inseguire i nervosismi del mercato”, ma poi evidentemente timoroso, ha atteso che i mercati chiudessero per rompere il suo lungo silenzio e per parlare finalmente di una crisi che ha ascosto ma che poi è venuta brutalmente a galla.
Infine, lei chiede la collaborazione dell’opposizione. Ma quante altre fiducie, dopo le 48 che ha già chiesto, intende porre al Parlamento? Ma come possiamo aiutarla a risolvere i problemi se lei per mestiere sbatte la porta in faccia al confronto parlamentare? La coesione nazionale, a cui il Capo dello Stato fa riferimento, è una cosa seria. Ma fare coesione nazionale non significa essere chiamati fessi. Noi vogliamo servire il Paese e lo vogliamo fare con amore. Non vi rendete conto che state sfasciando l’Italia. Purtroppo non abbiamo i numeri per impedirvelo in Parlamento.
Ma proprio oggi, lei che si affida ai sondaggi, ha appena il 23 per cento dei consensi degli italiani. Solo un paio di punti in più di Zapatero che ha avuto il coraggio di rassegnare le dimissioni e di portare il suo Paese al voto.
Vede Presidente del Consiglio, glielo dico con l’amore che ho per il mio Paese. Nel momento in cui i dati sono questi e gli italiani le chiedono di fare un passo indietro noi glielo diciamo con grande serenità: lo faccia questo passo indietro, dimostri di voler bene a questo Paese. Non rimanga abbarbicato alla sua poltrona come l’edera.