Muro contro muro R-D mentre il paese rimane in ostaggio della casta
HOUSTON, Texas – Mentre il debito americano s’attesta a 14,3 miliardi di dollari oggi, in una domenica resa ancora più opprimente da questa incredibile bonaccia che non fa avanzare di un millimetro la barca della politica americana, il senato e’ nuovamente in riunione alle dodici del fuso orario dell’est. I senatori voteranno sulla proposta del senatore democratico del Nevada Harry Reid alle tredici mentre si sa già che la Casa dei Rappresentanti a maggioranza repubblicana ha già respinto la sua proposta con duecentoquarantasei voti contro i centosettantatré favorevoli.
Nel frattempo, s’apprende che Obama starebbe elaborando nuove proposte assieme ai Repubblicani, un'attività resa necessariamente frenetica perché ormai a ridosso del fatidico due agosto quando, se per l’intransigenza di tutti si dovesse giungere con un nulla di fatto, allora si assisterebbe all’ultimo atto della recessione dell’economia americana.
Quanto si sta verificando qui in America, dopo che l’elefante repubblicano e l’asino democratico si sono trasformati in due arieti bloccati nel loro assurdo e suicida scontro testa a testa, e’ molto simile a cio' che accade a tutti quelli che soffrono di vertigine. Anziché distogliere lo sguardo dal baratro continuano a guardarvi dentro senza far nulla per allontanarsi fino a quando, immancabilmente, finiscono per precipitarvi dentro.
La sfida all’OK Corral continua a rimanere nella mitologia come nella cultura americana autoctona ed e’ evidente che le sue suggestioni continuano ad estendersi fino all’epoca contemporanea come evidenzia la fraseologia usata in questo momento dai media che, riferendosi allo scontro tra Democratici e Repubblicani in corso, lo fanno usando il termine di “showdown”, una sfida all’ultimo sangue di cui non e’ difficile prevedere rimarranno vittima tutti. Gli Americani invece di vedere le due parti impegnate in una vera e generosa gara bipartisan per cercare di scongiurare il disastro che si verificherebbe se non si risolvesse il problema del debito pubblico si trovano alla presenza di un senato bloccato cocciutamente su posizioni ideologiche intransigenti tanto che adesso non solo a Washington ma in tutto il paese non si e’ affatto certi che si sarà in grado d'arrivare in tempo ad un accordo.
Questi ultimi giorni sono stati pure testimoni di faide interne verificatesi negli stessi partiti ed il caso più eclatante e’ giunto dai conservatori, la cui frangia fondamentalista del Tea Party non ha esitato a sconfessare e ridicolizzare persino il proprio negoziatore, il senatore dell’Ohio John Boehner, colpevole forse ai loro occhi anche d’avere partecipato a quella nota partita a golf col presidente dalla quale, poi, non e’ uscito nulla di positivo tranne che nuovo materiale su cui riferire e per fare congetture per il modo dell’informazione.
Cio' che avverrebbe se si giungesse senza nulla di fatto a martedì prossimo e’ ormai stato detto ed e’ più che noto. Il danno sulla credibilità americana finirebbe col costare caro a tutti dentro e fuori gli Stati Uniti eppure, i politici made in USA, continuano in un gioco più che discutibile che punta solo ai vantaggi da realizzare per le prossime elezioni. Risulta evidente, a questo punto, che ciò che importa loro e’ fare raccolta punti a proprio favore ed acquisire meriti con i potentati economici o con l’elettorato. In vista di ciò ritengono irresponsabilmente, mentre dichiarano il contrario, che la soluzione può attendere e non si calcola quanto tempo sarà necessario per frenare la corsa prima che si vada a finire nel precipizio.
Ultimamente sembra, pero’, che gli Americani dei vari schieramenti, sapendo cosa li attende se i negoziati in corso fallissero, hanno cominciato a far sentire la propria voce irritata a partire da internet. E’ aumentato enormemente, e non solo per l’invito di Obama, il numero di telefonate e di messaggi della gente comune ai propri rappresentanti politici e, nelle trasmissioni ottenute con la collaborazione degli ascoltatori, il tono che prevale e’ quello dell’insoddisfazione e persino dell’astio verso la classe politica. Anche la tipologia delle domande e’ cambiata in modo sconcertante. Adesso c'è chi chiede se in analogia con gli aumenti salariali dei politici sia stato fatto qualcosa per i pensionati. Si sconfessano le affermazioni tipiche dei generali che non intendono vedere tagliati i fondi destinati alla difesa e che affermano che i militari americani sono gli unici ad aver ottenuto sempre tutto quello di cui avevano bisogno. Sono noti a questo proposito gli scandali come quello dei reduci ai quali si voleva negare l'assistenza medica adducendo l’assurdo pretesto della “condizione preesistente” al momento del reclutamento e, nel frattempo, i vigili del fuoco di New York che contrassero il cancro dopo il loro intervento dell’undici settembre, fanno presente in imbarazzanti dichiarazioni pubbliche che più delle medaglie e delle targhe d’eroi vorrebbero ricevere le costosissime cure mediche di cui necessitano e che, evidentemente, non sono in grado di permettersi.
E’ in aree come questa area, come pretendono i Repubblicani, che si dovranno identificare gli sprechi e che si dovrà affondare la scure del taglio della spesa, per non aumentare le tasse ai milionari i quali dovranno creare i posti di lavoro che ora mancano?
Mentre il Senatore Reid cerca ancora di trovare sessanta colleghi disposti a votare per il suo nuovo piano che non sia un rattoppo di breve termine e che non risolverebbe nulla il danno, intanto, e’ già stato fatto. Da ora in poi tutte le volte che si dovrà alzare il tetto del debito pubblico all’estero ci si chiederà se gli Stati Uniti manterranno fede alle proprie assicurazioni o se non saranno in grado di farlo. La grande vittima di tutte queste prolungate operazioni di salvataggio e’ diventata proprio la credibilità della solvenza americana che era condivisa dai mercati internazionali ed ora, per l’irresponsabilità ottusa e per il miope tornacontismo dei suoi politici l’America viene a trovarsi sulla stessa barca in cui stanno già la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e la Grecia.
RO PUCCI
07 / 31 / 2011
I-AM, HOUSTON, TEXAS