di Marta De Luca
Noi non siamo per le dimissioni immediate del Governo Berlusconi: la sconfitta alle recenti amministrative di maggio e la ‘sberla’ referendaria di questi giorni rappresentano solamente degli avvertimenti che non possono essere considerati uno ‘sfratto’ politico. Evidentemente, ci sono delle questioni da chiarire, delle riflessioni da affrontare. Erroneamente a quanto si crede, il Popolo delle Libertà sin qui non ha affatto rappresentato un movimento discendente diretto della vecchia Democrazia cristiana, pur avendola in qualche modo sostituita dal punto di vista della ‘geografia collocativa’, bensì del peggior ‘apotismo qualunquista’ italiano. Nonostante gli sforzi personali del presidente Berlusconi nel volersi richiamare ad Alcide De Gasperi, egli non è mai riuscito a comprendere appieno che il Pdl non possiede, per motivazioni ‘congenite’, uno solo dei cardini storici, politici e organizzativi dell’antico ‘scudo crociato’. Proviamo dunque a ricordarne sommariamente qualcuno, anche allo scopo di rendere propositiva la presente analisi: la Democrazia cristiana aveva, come problema principale, quello di dover riunire in sé tutto l’elettorato di sensibilità cattolica, evitando quel pluralismo politico che avrebbe potuto indebolire ogni possibilità di dialogo con le altre forze di ispirazione marxista, laica e socialista. Tale questione, tuttavia, non si traduceva in un Partito strettamente ‘confessionalista’ nei propri contenuti, poiché i democristiani erano perfettamente consapevoli di aver ereditato un Paese militarmente sconfitto proprio dalle democrazie dalla limpida tradizione liberaldemocratica. Pertanto, nonostante un vorticoso giuoco di ‘correnti’ interne, la Dc non ha mai puntato a inglobare realtà politiche distinte rispetto a essa, poiché in possesso di una mentalità qualitativamente e diplomaticamente esperta nel gestire i rapporti con i propri alleati, anche se di tradizione culturale minoritaria all’interno del panorama sociale del Paese. La Dc era infatti maestra di un gioco di contrapposizioni e ricompattamenti in grado di tenere sempre assieme persino qualunquismi ‘accidiosi’ con mentalità cattolico-liberali o dalla chiara impronta cristiano-sociale. Alcide De Gasperi sapeva bene che, in situazioni politicamente ‘fluide’, non possedere connotazioni vistose o legami troppo vincolanti, si trattasse anche della Santa Sede, avrebbe facilitato la penetrazione del Partito in settori difficili della società italiana. Inoltre, da un punto di vista strettamente organizzativo, la Dc era in grado di delegare compiti ben precisi alle proprie componenti interne: l’ala ‘maritainiana’ rappresentava un agile reparto di ‘guastatori’ che apriva la strada al grosso delle ‘truppe’, mentre i ‘notabili’ del Partito intessevano rapporti con gran parte del ceto medio e con il mondo delle professioni, il quale a sua volta dotava la ‘balena bianca’ di un vero e proprio sistema di ‘compatibilità interne’. La Dc di De Gasperi e, successivamente, di Fanfani e Aldo Moro, certamente era un Partito ‘clerico-moderato’ che tuttavia si è sempre dimostrato assai ‘attento’ a ogni operazione di ‘ricucitura’ con le proprie minoranze interne, oltreché con tutti quei corpi sociali ‘intermedi’ in grado di impedire facili incasellamenti di categorizzazione o specifiche ‘etichettature’ politologiche (‘confessionalismo’, ‘monolitismo’ classista, ‘dirigismo’ borghese). In sintesi, la Dc rappresentava una forza politica autenticamente laica e interclassista. Il suo riformismo non era affatto ‘fioco’, bensì perseguiva una reale rivoluzione democratica da realizzarsi con tutte le forze politiche presenti in parlamento – alleate o meno, al governo o all’opposizione – al fine di esprimere un senso di solidarietà popolare collettiva in grado di materializzare contenuti socialmente ‘integrali’. Tali caratteristiche, purtroppo, il Pdl non riesce a delinearle con precisione, poiché non ha mai posseduto uomini adeguati a tali fini – a parte qualche autorevole eccezione – e perché non sempre gli entourages di contorno si sono dimostrati professionalmente all’altezza di quei compiti delegabili, in linea di principio, alle distinte segreterie politiche. Vieppiù, Silvio Berlusconi sconta – e ciò è vero per quanto non giustificatorio – un momento storico in cui la politica sembra essere definitivamente ‘morta e sepolta’, non in grado di influenzare o regolamentare coerentemente il cammino socioeconomico del Paese. In ogni caso, il Partito del presidente del Consiglio appare troppo ‘figlio’ di un moderatismo qualunquista provinciale, democraticamente ‘sgrammaticato’. E’ giunta dunque l’ora di una nuova fase, maggiormente incisiva sotto il profilo della ‘politique d’abord’, in cui trattative e accordi non rappresentino una riedizione riveduta e corretta del vecchio compromesso storico, bensì attuino un programma condiviso tra tutte le forze politiche in favore dell’intera collettività e dell’interesse generale. Noi non teorizziamo tra le righe né un nuovo esecutivo tecnico, né uno scioglimento anticipato della legislatura in corso, bensì un cambio di metodo, un nuovo piano di riforme, una discussione franca, aperta, ma laicamente rispettosa dei rispettivi ruoli delle forze politiche, per la stesura di una nuova legge elettorale. Insomma, noi vogliamo un Berlusconi che governi, poiché se anche abbiamo criticato spesso certe derive populiste e i numerosi ‘arroccamenti’ del Pdl, non siamo neanche mossi da intenti vendicativi o liquidatori, né amiamo armarci della classica ‘spocchia’ dei ‘grilli parlanti’ – tanto amata ancora oggi in molta parte della sinistra italiana – per mezzo della quale togliersi il lusso di poter affermare con supponenza: “Noi ve l’avevamo detto…”. Noi siamo, in sintesi, per un nuovo Berlusconi. Perché se anche lo abbiamo spesso combattuto come esponente politico e capo del Governo, allo stesso modo lo apprezziamo e lo stimiamo come un uomo che non si arrende mai, che è consapevole di essere, ancora oggi, pronto a giocarsi coraggiosamente una nuova ‘mano’, una nuova partita, un nuovo ‘round’, fosse anche l’ultimo. Fino alla fine. (Laici.it)http://www.laici.it/viewarticolo.asp?Id=1289