“IL CARA DI MINEO PER IL POPOLO AFGHANO? FACCIAMOLO DIVENTARE UNA CITTÀ STRANIERA IN ITALIA!”.
LA PROPOSTA DEL VICE PRESIDENTE NAZIONALE DI ALS-MCL SICILIA, PAOLO RAGUSA
“Il CARA di Mineo per il popolo afghano? Facciamolo diventare una città straniera in Italia!” A proporlo con forza è il vice presidente nazionale di ALS-MCL, Paolo Ragusa, che è anche il presidente regionale dell’Associazione Lavoratori Stranieri del Movimento Cristiano Lavoratori di Sicilia. Tale esortazione arriva in un momento in cui il popolo afghano in fuga da violenze e soprusi chiede aiuto alla comunità internazionale, dalla quale spera una provvidenziale ospitalità che, a quanto pare, in Sicilia può contare nel CARA di Mineo che tutti sanno essere una struttura adeguata e già potenzialmente operativa per accogliere i profughi, in questo caso quelli afghani. E il vice presidente nazionale di ALS-MCL, Paolo Ragusa, non esita a farsi avanti, motivando tale proposta anche in relazione alle ultime vicende che in Sicilia hanno riguardato dei profughi afghani portati da aerei militari degli Stati Uniti da Kabul nella base catanese di Sigonella, dove sono stati ospitati temporaneamente in alcune strutture provvisorie che hanno però dovuto lasciare, così come è stato reso noto da un comunicato congiunto dell’ambasciata Usa a Roma e del comando americano della Nas (Naval air station) di Sigonella: “Un gruppo di sfollati dall’Afghanistan è partito dalla Stazione aeronavale di Sigonella diretto verso gli Stati Uniti.”
Sulla scorta di quanto accaduto, il vice presidente nazionale di ALS-MCL scrive una lettera aperta con la quale intende intervenire e porre la questione all’attenzione dell’opinione pubblica, ma anche delle istituzioni e delle autorità competenti: “Perché mai e’ stato chiuso il CARA di Mineo se ad ogni ripresa migratoria si avverte il bisogno di riattivarlo? Perché nella scorsa estate, quando si registrava l’emergenza sbarchi, fino al punto di ipotizzare la istituzione di un centro di prima accoglienza nella vicina Vizzini, non e’ stato riaperto il CARA di Mineo?
Oggi una nuova emergenza umanitaria ripropone -addirittura questa volta l’ha chiesto il governo americano – la necessità di ritornare ad utilizzare la struttura di c.da Cucinella come “culla dei popoli”. E tutto questo e’ possibile, ma se vogliamo dare un senso alla storia, serve un nuovo progetto che vada ben oltre la semplice accoglienza.
Come vi sembra l’idea di insediare presso l’ex Cara di Mineo – ne potremmo parlare al passato perché sarebbe un’altra cosa – una comunità afghana di alcune migliaia di persone per accompagnarla in un percorso di autonomia ed un processo di vera integrazione? Non per lasciare in Italia gli afghani che gli USA si sono impegnati ad accogliere, ma trasferendo a Mineo i profughi già accolti in prima accoglienza sul territorio nazionale.
Facciamo della struttura di c/da Cucinella la “Mineo bassa” che meglio valorizza e rende attrattiva la città storica, partendo dall’insediamento di una comunità afghana?
Il primo anno ci pensi lo Stato Italiano, finanziando l’accoglienza dei profughi, ma subito dopo si organizzino attività economiche, sociali e di servizio autonome, autogestite e finanziate dai privati. I residenti, e vi assicuro che non sarebbero solo afghani, si paghino la locazione degli immobili attraverso una fonte di reddito autonoma.
Non solo il Calatino sarebbe nelle condizioni di assorbire qualche migliaio di persone, ma anzi l’economia locale trarrebbe grande beneficio dall’ingresso di nuove risorse umane nel locale mercato del lavoro. E’ notorio che anche in questo comprensorio le aziende non trovino più manodopera locale, soprattutto nei settori dell’agricoltura e della ristorazione.
Poi c’e’ anche la necessita’ di rifunzionalizzare il complesso immobiliare di c.da Cucinella che non può restare abbandonato, perché altrimenti prima o poi diventerà ricettacolo di tutte le attività criminali del territorio.
Anche la proprietà, l’impresa Pizzarotti di Parma, avrebbe di certo l’interesse a sposare un progetto di definitiva riconversione della struttura che lo restituisca di fatto alla sua funzione originaria: insediamento abitativo!
Quindi una grande operazione di solidarietà umana potrebbe arrestare il lento declino del territorio. L’innesto di un nuovo popolo – in una logica non di melting pot – puo’ aprire nuovi orizzonti culturali e prospettive sociali.
Sarebbe una sorta di “citta’ straniera” in Italia, naturalmente aperta alla contaminazione culturale, motivo di interesse per la sociologia e il turismo italiano.
La “Kabul del Calatino” garantirebbe alla comunità afghana la possibilità di preservare la propria identità, mantenendo l’aderenza ai valori di democrazia e libertà dell’occidente. Non sarebbe un ghetto ma semmai una finestra aperta sul mondo.
Ma abbiamo amministratori pubblici e rappresentanti delle istituzioni sensibili a questi temi? E’ un grande appello che lanciamo alla politica e alla classe dirigente del territorio: solo le idee ardite ed ambiziose sono capaci di cambiare il corso della storia, ma queste devono camminare sempre sulle gambe degli uomini!