Le antiche Olimpiadi: i campioni (VI) Stratone di Alessandria

Le antiche Olimpiadi: i campioni (VI)

Stratone di Alessandria

Il primo caso di deliberata scorrettezza nello sport è attribuito ad Antiloco, figlio di Nestore, che nella corsa dei carri ai giochi funebri in onore di Patroclo fece sbandare Menelao per superarlo (Iliade, XXIII). Ovviamente si arrabbiò molto il re di Sparta, che già aveva i suoi guai coniugali da risolvere, ma le scuse di Antiloco al temine della gara (e l’offerta di cedergli il premio appena vinto) placarono la sua ira.
Nonostante l’iniziale giuramento di lealtà nel Bouleuterion davanti alla statua del temuto Zeus Orkios («custode dei giuramenti»), che impugnava un fulmine in ciascuna mano, neppure a Olimpia mancarono sporadici casi d’illecito, puniti con severe ammende utilizzate per erigere statue di Zeus in bronzo, che prendevano il nome di zanes. Collocate tra il Metroon e l’ingresso allo stadio, ai piedi dei Tesori, oggi sono tutte scomparse, ma ci restano 16 basi in pietra. L’iscrizione apposta su una di esse, afferma Pausania, ammonisce che «a Olimpia si vince con la velocità dei piedi e con la forza del corpo, non con il denaro».

Il primo illecito di cui si ha notizia ai Giochi risale al 388 a.C. (XCVIII Olimpiade) e riguarda il pugile tessalo Eupolo, che pagò tre concorrenti per ottenere la vittoria. Nel 332 a.C. l’ateniese Callippo corruppe i suoi avversari nella gara di pentathlon, ma Atene – dimostrando poca sportività – per non pagare la multa fece intercedere, inutilmente, il celebre oratore Iperide. Sia Eupolo che Callippo, corruttori, vennero puniti con una multa salata (che colpì anche i corrotti), ma il loro nome rimase negli elenchi dei vincitori! Solo nel 68 a.C. Stratone di Alessandria d’Egitto ottenne la corona nella lotta per la squalifica di due avversari: Eudelo (corrotto) e Filostrato di Rodi (corruttore).

Dopo il periodo arcaico e “spontaneo” dell’allenamento, gli atleti prestarono attenzione sempre maggiore alla techne, ossia alla metodica delle singole discipline, cercando di affinare il talento naturale con appositi allenamenti e curando il proprio corpo con bagni, massaggi, diete e artifici vari. Sul calice a figure rosse di Antifone al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (480 a.C.), per esempio, un aleiptes sta praticando massaggi (tripseis) a un atleta in presenza dell’allenatore. Narra Eliano che il lottatore e pancraziaste Stratone, «di famiglia nobile e di condizioni assai agiate, un giorno si ammalò alla milza e dovette curarsi facendo dell’esercizio fisico». Secondo Pausania si costruì addirittura una palestra personale in Aigion (Egio), sul golfo di Corinto, dove probabilmente si era trasferito da Alessandria d’Egitto.

Nell’antichità le prestazioni non si potevano paragonare a quelle ottenute altrove: pensiamo al tempo impiegato in una corsa (anche per la diversa lunghezza dei vari stadi). Gli atleti, pur confrontandosi sempre hic et nunc, si distinguevano con primati che definiamo “di qualità”. Nella lotta, per esempio, si tramandava il ricordo di un successo ottenuto per la rinuncia degli avversari (akoniti = senza polvere) o senza essere mai caduto a terra (aptos) o non avendo mai usufruito di un sorteggio favorevole (anephedros). Nel pugilato sarebbe stato un grande vanto concludere un’Olimpiade o addirittura la carriera senza ferite (atraumatistos). Altri appellativi encomiastici erano periodonikes (vincitore dei 4 principali giochi panellenici), monos kai protos («unico e primo») e protos anthropon («primo tra gli uomini»). Venivano inoltre esaltati gli atleti che nella stessa Olimpiade vincevano lo stadio, il diaulo e l’oplitodromia (triastai), oppure la lotta e il pancrazio. Capro di Elide, che nel 212 a.C. s’impose nella lotta e nel pancrazio, fu definito deuteros aph’Erakleous, ossia il primo mortale dopo Ercole a riuscire nell’impresa. Secondo Pausania, infatti, dopo aver fondato le Olimpiadi Ercole aveva vinto le gare di lotta e di pancrazio (Castore la corsa, Polluce il pugilato, Iasio la corsa dei cavalli, Iolao la corsa dei carri).
Nel 68 a.C. Stratone fu il “quarto dopo Ercole” e nel 64 a.C. ottenne la terza corona di ulivo, aggiudicandosi la lotta o il pancrazio. Va inoltre ricordato che in gioventù a Nemea aveva vinto quattro volte lotta e pancrazio nel medesimo giorno.

Didascalie

In copertina: Aleiptes (massaggiatore) in una coppa a figure rosse del Pittore di Antifone (490 a.C.) – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

  1. Basi delle zanes di Olimpia. Sullo sfondo si vede il passaggio (lungo 32 metri, largo 3,70 e un tempo coperto a volta) per accedere allo stadio
  2. Cratere a calice di Eutimide, con scene di palestra, da Capua (510-500 a.C.) – Antikensammlungen, Berlino
  3. Disegno di Lucio Trojano, che raffigura Zeus Orkios (dal libro C’era una volta Olimpia, di Livio Toschi)

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