Sfido Berlusconi a portare alla Camera le 10 riforme de “Il Giornale”: ne voterei almeno 8!

Oggi “Il Giornale” quotidiano di Berlusconi, anche in relazione all’ennesima polemica tra un ministro molto vicino al premier (Galan) e Tremonti, pubblica, a firma del giornalista Carlo Lottieri, un elenco di dieci riforme definite “liberiste”e a costo zero. Sfido Berlusconi ed il Pdl a portarle alla discussione in aula: ne voterei almeno otto. Vediamo in sintesi le dieci proposte:
1. Cancellazione delle Province. Italia dei Valori ha già portato in aula due volte questa riforma, di fatto bloccata da una maggioranza trasversale comprendente Pdl, Lega, ma anche Pd. Non si vuole fare perché servono per garantire cariche politiche e incarichi agli amici. La voterei..
2. Privatizzazione di imprese pubbliche (Eni, Enel, Cassa Depositi e Prestiti, ecc) e Municipalizzate. Una delle possibilità di abbattere l’enorme debito pubblico, che pesa come un macigno sulla crescita dell’economia italiana, sta proprio nella vendita del patrimonio dello Stato e degli enti locali (circa 700 miliardi di euro). Escluderei solo la gestione dell’acqua per i noti motivi. Non lo vogliono fare perché anche qui aziende ed enti servono a garantire posti e prebende. La voterei
3. Cessione delle case popolari e creazione, con il ricavato, di buoni affitto. Anche in questo caso siamo nell’ambito di un patrimonio pubblico da liquidare per abbassare il debito. La voterei.
4. Abolizione di ogni ostacolo al lavoro. In questo caso non sono d’accordo, anche se il mercato del lavoro va riformato poiché altrimenti se ne formano di fatto due: quello di chi lavora già che viene protetto e quello dei precari che non vedono mai una soluzione alla loro situazione. Non si può non tener conto del fatto che il lavoratore è sempre la parte più debole del rapporto di lavoro. Non la voterei.
5. Liberalizzazione dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie. Di fronte alla lunghezza della giustizia le forme di “mediazione” vanno favorite, anche perché spesso non è solo un problema di ingolfamento dei tribunali e della loro mancanza di risorse, ma anche del fatto che gli avvocati spesso sono in conflitto di interessi rispetto al protrarsi delle cause invece di favorirne la chiusura. La voterei.
6. Consolidamento delle regole sulla concorrenza (ad esempio sganciare RFI da Trenitalia). Ci sono in Italia troppe liberalizzazioni rimaste a metà e che favoriscono gli ex monopolisti: non solo ferrovie, ma anche poste. La voterei.
7. Trasformazione degli ordini in associazioni. Partendo da notai e giornalisti. L’Italia è il Paese degli ordini e delle corporazioni, con riserve di legge a loro favore, barriere all’entrata, tariffe e protezione del Ministero della Giustizia. La stessa Unione Europea ha da tempo un “dossier” aperto contro l’Italia per la mancanza di concorrenza nelle professioni liberali. La voterei.
8. Abolizione del valore legale del titolo di studio. In astratto potrebbe anche essere condivisibile: vale già nel settore privato dove per le assunzioni si prescinde dal punteggio di laurea e forse si guarda più all’università di provenienza. In questo momento, applicata al settore pubblico, potrebbe provocare non pochi squilibri in sede di concorsi. Non la voterei.
9. Fine del regime che regola e limita l’apertura di nuove farmacie. Era stata una delle liberalizzazioni di Bersani, e sulla quale sono in atto spinte corporative per ripristinare il vecchio monopolio assoluto della vendita dei medicinali. La voterei.
10. Fine dell’obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio. Anche in questo caso siamo in presenza di una tassa alla quale non sempre corrisponde un servizio qualitativamente adeguato. Lo dimostrano i confronti fra Camere di realtà diverse dove a parità di livello di attività si registra anche il doppio dei dipendenti. Le Camere potrebbero continuare a svolgere compiti pubblici (come la tenuta del Registro delle imprese) a pagamento e dare servizi aggiuntivi a coloro che si associano, ma l'adesione deve essere volontaria e non più obbligata. La voterei.
Come si vede si tratta in larga parte di riforme liberali che potrebbero servire a ridurre i costi dei servizi in Italia, che, come è noto, rappresentano una delle vere palle al piede del Paese, rispetto ad altre nazioni europee più evolute.
In realtà quasi nessuna di queste riforme arriverà alla discussione in Parlamento perché il Pdl è in realtà un partito conservatore, nato per proteggere Berlusconi dalla magistratura, per favorire i poteri forti piduisti, per difendere corporazioni e lobbies di stampo massonico.

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