Per gli Antichi Egizi, la costruzione degli edifici sacri era un esercizio spirituale in sé e dunque la qualità dell’energia di tutti coloro che erano coinvolti (sacerdoti, architetti, artigiani, artisti e lavoratori) era molto importante. Costoro, sapendo che ogni linea che tracciavano e pietra che toccavano sarebbero state per sempre impregnate con l’energia di tutti quelli che collaboravano, dovevano essere preparati per il lavoro spirituale che stavano intraprendendo. Un lavoratore sarebbe dovuto passare attraverso cerimonie di purificazione e preghiere prima di partecipare a qualsiasi lavoro. Se, per esempio, toccava una pietra e la impregnava di energia negativa, avrebbe potuto compromettere la qualità dell’energia sottile dell’intero edificio.
Nell’Antico Egitto, quando tagliavano una pietra, segnavano le coordinate della polarità nella sua posizione d’origine. Credevano che le energie della terra, che scorrevano all’interno da migliaia di anni, dovessero essere rispettate. La pietra deve dunque essere posizionata con quello stesso orientamento delle coordinate, per poter resistere alla prova del tempo. Per loro, ogni pietra era viva, aveva coscienza e consapevolezza. Quando i lavoratori erano a un livello molto elevato di spiritualità, tramite l’uso di certi rituali, potevano influenzare la qualità energetica della pietra.
Gli Antichi Egizi integrarono i poteri della natura nella loro tecnologia pratica quotidiana. Questa preparazione spirituale viene ancora praticata da alcuni costruttori in tempi moderni. Per esempio, si sa che il grande architetto Antonio Gaudì, che ha costruito edifici monumentali in Spagna, abbia digiunato e pregato per circa quaranta giorni, fino ad essere spiritualmente purificato e pronto a imbarcarsi nella sua impresa di costruire la Basilica Cattolica Romana, ‘La Sagrada Familia’ dal 1882 al 1926. Le ha dedicato gli ultimi quindici anni della sua vita e scherzava sulla sua lunga costruzione dicendo: “Il mio cliente non ha fretta.” (Su segnalazione di Ferdinando Renzetti)
Ibrahim Karim
Mia annotazione: “In prossimità del Natale del 1973, di ritorno dal mio primo viaggio in India, mi fermai un giorno a Barcellona e non potei esimermi dal visitare la Sagrada Familia. Un’opera stupefacente dal sapore zen, in quanto pur essendo stata dichiarata “incompiuta” presenta tutte le caratteristiche di un’opera completa. Un po’ come i giardini dei monasteri zen, curatissimi ma con qualche elemento selvatico ed “imperfetto”, in quanto la vera bellezza e la vera perfezione non sono rappresentabili, poiché tutto è in continuo perfezionamento e mutazione…”