A nostro avviso, la cittadinanza italiana all’estero limita il riconosciuto del diritto di voto politico e referendario nazionale. Tale diritto, invece, appare elemento essenziale e dovrebbe unicamente essere correlato alla cittadinanza. Se questa tesi è percorribile, come riteniamo, l’emendamento agli artt.56 e 57 della Costituzione rappresenta solo il primo passo per tutelare l’esercizio di voto della nostra numerosa Comunità residente all’estero. Già il meccanismo per corrispondenza appare obsoleto; ma non è tutto. Il democratico diritto non tiene conto della posizione elettorale di cittadini italiani che, non residenti ufficialmente fuori dei confini nazionali, sono ancora oggettivamente impediti, per mancanza di specifica normativa. Nello specifico, ci riferiamo ai lavoratori dell’aria, di mare, ma anche di terra che, per diritto internazionale, non possono essere equiparati agli italiani residenti fuori d’Italia. Tant’è che gli stessi non sono iscrivibili nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) né, alla luce dei fatti, possono esprimere il loro voto passivo tramite l’inserimento dei loro nominativi nella Circoscrizione Elettorale Estero. Perché, tra gli altri motivi d’incompatibilità, essi sono considerati cittadini “stabilmente” residenti nella Penisola; pur operando, di fatto, in strutture nazionali (navi, aerei e territori) lontane dalla Patria. Al massimo, ma è magra consolazione, se presenti sul suolo nazionale al momento della consultazione, possono votare nel comune nel quale si trovano casualmente per esigenze della più varia natura. Ma la Repubblica Italiana è stata fondata nel 1946 e ci sono state importantissime scadenze politiche e referendarie alle quali migliaia d’aventi diritto non hanno potuto partecipare per carenza normativa. Ora, il loro status non trova neppure sistemazione nella legge costituzionale in materia, già nata obsoleta ed oggettivamente insufficiente. Insomma, la disciplina del voto dei Connazionali all’estero è punitiva nei confronti di quelli, pur se non tutti, (vedi forze armate in missione di pace all’estero) che non sono stati messi nelle condizioni d’iscrizione all’AIRE. La situazione, anche se palese, sembrerebbe non essere trattabile nelle sedi parlamentari. Riconoscendo, di conseguenza, un’ingiustizia della quale abbiamo, da subito, evidenziato l’incoerenza. Così, anche in questo 2011, decimo anno del XXI Secolo, restano irrecuperabili i soliti “sordi” che preferiscono non sentire questo specifico problema e volgere il loro interesse magari sul flusso immigratorio, neppure facilmente controllabile date le rivoluzioni in atto nell’Africa settentrionale, che ha investito soprattutto il Bel Paese. Intanto la questione del voto universale degli italiani all’estero resta vergognosamente irrisolto.
Giorgio Brignola