Il programma ambientale delle Nazioni Unite ha lanciato un allarme: due tra i piu’ importanti ghiacciai del mondo si assottigliano sempre piu’ rapidamente, con conseguenze che potrebbero ripercuotersi sull’intero globo.
Lo studio, presentato all’assemblea annuale della American Association for the Advancement of Science ,che si svolge a St. Louis nel Missouri , dimostra che negli ultimi cinque anni lo scioglimento dei ghiacciai è quasi raddoppiato .
Rignot e Kanagaratnam hanno dimostrato che in caso di scioglimento totale dei ghiacciai della Groenlandia, il livello globale dei mari si innalzerebbe di sette metri. Ciò provocherebbe una catastrofe, entro il 2060, città come Venezia, New York, Londra, verrebbero sommerse, l’Italia settentrionale ridotta ad una palude e la Groenlandia ritroverebbe la forma che aveva nella preistoria, come dimostra il suo nome, di Grueland (terra verde).
L’innalzamento della temperatura ha già provocato mutamenti climatici che si ripercuoteranno sull’intera popolazione mondiale.
Dal 1980 la situazione è notevolmente peggiorata e se non si attueranno provvedimenti rigorosi e coordinati a livello mondiale, lo scioglimento dei ghiacciai provocherà una serie di effetti a catena: fiumi in piena, aumento di inondazioni e precipitazioni, riduzione della disponibilità di acqua dolce, montagne senza neve, epidemie di colera e malaria, desertificazione delle zone mediterranee.
Le soluzioni sono poche, l’uso incosciente di gas e combustibili fossili da parte dei paesi piu’ industrializzati ci ha condotti in una situazione molto pericolosa che rischia di peggiorare a causa dello sviluppo economico di paesi molto popolosi come Cina ed India.
Fondamentale dovrà essere il rispetto del Protocollo di KyÅto che prevede l’obbligo per i paesi industrializzati di diminuire l’emissione di biossido di carbonio e dei gas serra al 5,2% rispetto alle emissioni registrate nel 1990.
Hanno aderito al trattato ben 169 paesi anche se stride l’assenza degli Stati Uniti che da soli sono responsabili del 36,2% del totale delle emissioni.
L’amministrazione Clinton aveva firmato il Protocollo, ma Gorge W. Bush ritirò l’adesione sostenendo che la riduzione dei gas nocivi avrebbe rallentato l’economia statunitense . Il presidente texano è contrario alla cooperazione internazionale sul clima perché afferma: “Ogni nazione deve agire per conto proprio”.
Infatti gli Stati uniti continuano ad essere convinti che la soluzione risieda nel progresso tecnologico, attraverso la ricerca di soluzioni energetiche ecocompatibili .
L’india e la Cina, nonostante abbiano ratificato il Protocollo, non sono tenute a doverlo rispettare perché considerati paesi in via di sviluppo e quindi non responsabili dell’emissione dei gas serra. La situazione, però , è un po’ cambiata negli ultimi anni , il progresso ha portato i paesi in via di sviluppo a produrre il 40 % delle emissioni mondiali .
Oggi paghiamo questo lassismo generato da politiche miopi ed ancorate ad interessi particolaristici che minano il futuro delle generazioni a venire .
Urgono provvedimenti drastici e l’unica soluzione è quella di una cooperazione planetaria , una sorta di “lega dei popoli “ kantiana che vigili sulla salute del pianeta malato