APPELLO ALLA GRANDE CAMERA DELLA CORTE EUROPEA DELL’AVV. ALFONSO LUIGI MARRA

APPELLO ALLA GRANDE CAMERA DELLA CORTE EUROPEA DELL'AVV. ALFONSO LUIGI MARRA AVVERSO LA SENTENZA CON LA QUALE ESSA CORTE CONDANNA L'ITALIA PER LENTEZZA NEI PAGAMENTI DI 480 PRECEDENTI SENTENZE DI CONDANNA DA PARTE DELLA MAGISTRATURA ITALIANA.

In relazione alla nota sentenza (disponibile qui in italiano: traduzione di Nicoletta Forcheri, per incarico dell'Avv. Marra) con la quale la Corte di Strasburgo il 21.12.2010, ha condannato l'Italia a risarcire a 480 ricorrenti (pendono altri 3.200 ricorsi analoghi sempre dell'avv. Marra) i danni per ritardo nel pagamento di precedenti sentenze di condanna della magistratura italiana, l'avv. Alfonso Luigi Marra annunzia che proporrà al più presto appello per i seguenti motivi:

-1) La Corte di Strasburgo è assurdamente ancora più lenta della giustizia italiana: una lentezza che vanifica la sua funzione di controllo perché il ritardo con il quale assume le decisioni consente alla giustizia così 'controllata' di continuare a perpetuare indisturbata le sue violazioni per anni.

Nella fattispecie la sentenza della Corte di Strasburgo è del 21.12.2010, mentre 300 dei 480 ricorsi sono stati depositati nel 2007, e i restanti nei primi mesi del 2008, per cui le cause sono durate in media circa 3\4 anni.

-2) I primi ricorsi dell'avv. Marra contro l'Italia risalgono al 1992, epoca in cui depositò, contro l'Italia, per varie violazioni, a partire dalle richieste di risarcimento delle lungaggini processuali, circa 2.000 ricorsi che furono dichiarati tutti irricevibili.

Da allora vi è stato un lavoro continuo, sia in sede politica (vedi doc. 45, del 28.11.1997: Circa il fatto che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è una tigre di Carta; e doc. 103, dell'11.1.2005: Deficit di europeità della Corte Europea), che in sede giudiziaria, sia nazionale e che europea.

Un lungo e solitario lavoro (solo da un paio di anni altri avvocati hanno iniziato ad occuparsi di questa materia) dopo in quale sia la giustizia italiana che quella europea avevano accolto quasi integralmente le tesi che l'avv. Marra aveva formulato dal 1992.

Sennonché, negli ultimi due anni circa è iniziato un forte riflusso in seguito al quale la giustizia europea ha abdicato praticamente a tutte le sue posizioni, lasciando libera la giurisprudenza italiana di decidere senza alcun controllo.

Giustizia italiana che, peraltro, non ha per fortuna – fin qui – approfittato di questa 'libertà' lasciatale dalla Corte.

Un reflusso nel quale, ad avviso dell'avv. Marra, ha avuto un gravissimo ruolo un equivoco in cui sono sfortunatamente incorsi vari giudici nazionali (c'è un giudice per ogni paese della convenzione, ed ha un pesante influsso nelle cause contro il suo paese), fra cui, sempre ad avviso dell'avv. Marra, il giudice italiano Vladimiro Zagrebelski, sostituito nel gennaio 2010 da Guido Raimondi: l'equivoco di credere di essere i rappresentanti dell'Italia nei collegi giudicanti, e non semplicemente i componenti di una magistratura internazionale costituita di un giudice per ognuno dei paesi sui quali la Corte ha giurisdizione.

Un reflusso in seguito al quale la Corte Europea rigetta qualunque tipo di ricorso abbia impatto sui paesi sui quali giudica, e quindi sistematicamente tutto quanto riguarda il funzionamento della giustizia italiana.

Si può in sostanza pacificamente sostenere che l'accoglimento di questi ricorsi è dipeso unicamente dal fatto che – se la Corte non avesse accolto nemmeno dei ricorsi in cui si chiede l'indennizzo per il tardivo pagamento delle sentenze che condannano l'Italia per aver celebrato con lentezza i processi – avrebbe essa stessa praticamente proclamato l'inutilità del suo ruolo.

La Corte però ha fatto una cosa ancora più grave nel momento in cui ha liquidato solo 200 euro per ogni ricorrente e 10.000 euro di spese complessive.

La Corte stessa scrive infatti di liquidare normalmente 100 euro per ogni mese di ritardo nei pagamenti delle sentenza da parte dell'Italia.

Dopodiché, precisato che i ritardi relativi ai 480 ricorrenti variano da 9 a 49 mesi, e che le somme pagate in ritardo variano da 200 a 13.749,99 euro, non spiega perché mai invece liquidi in questo particolare caso la stessa, insignificante, somma di 200 euro di danni a ognuno, anziché delle somme che, in base alla sua stessa giurisprudenza, avrebbero dovuto variare da 900 a 4.900 euro per ogni ricorrente secondo i mesi di ritardo.

E questo senza considerare il grande divario delle somme pagate in ritardo, perché se per un ritardo nel pagare 200 euro vanno bene 100 euro al mese di indennizzo, è chiaro che per ritardi nel pagare migliaia di euro avrebbe dovuto liquidare delle somme maggiori.

Per non parlare dei 10.000 euro di spese complessivi, che non bastano nemmeno a coprire le spese postali, perché la Corte, nello scrivere che i ricorsi sono uguali, commette una grave ingiustizia perché sa benissimo che i ricorsi sono uguali solo i principi giuridici che si invocano, ma per il resto – oltre ad aver costretto il difensore a fornire copia di ogni singolo atto del giudizio di cognizione ed esecuzione svoltosi in Italia (cosa che, a parte i costi, ha comportato una vera e propria guerra con le cancellerie che hanno dovuto rilasciare le copie, e quindi un enorme lavoro) – il difensore ha dovuto scrivere 480 ricorsi diversi descrivendo, una per una, le diverse procedure, decisioni, date, tempi e importi per i quali si chiedeva l'indennizzo.

Liquidazioni dunque che sono una frazioni di quello che la Corte liquida normalmente sia per indennizzo alle parti che per spese (per spese liquida sovente migliaia di euro a ricorso, e comunque mai meno di 1.500\2.000 euro).

Liquidazioni dunque parzialissime di cui non è dato di capire il motivo, ma di cui si capisce però facilmente l'effetto, che è ovviamente quello di scoraggiare sia i cittadini che i difensori dal ricorrere a Strasburgo.

E questo, per di più, in una situazione in cui due giudici su cinque si sono dissociati da questi iniquissimi criteri.

Avv. Raffaele Ferrante

avvocato.raffaele.ferrante@hotmail.it

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