Ha suscitato giusto scalpore la risposta in genuino stile democristiano (nel senso deteriore dell’espressione) che la sottosegretaria Lorenza Bonaccorsi ha dato in Commissione “Cultura”, mercoledì 21 ottobre, a due atti di sindacato ispettivo a mia prima firma pubblicati dal Senato a dicembre 2019 e maggio 2020. Entrambi intendevano sollecitare il recupero al patrimonio pubblico italiano di reperti archeologici di pregio scavati ed esportati illecitamente per poi finire all’estero, nelle vetrine di prestigiosi musei statunitensi: un elmo in bronzo del IV sec. a.C., di fattura magno-greca, oggi al Getty Museum di Los Angeles (California), e una applique per mobile o carro, del I secolo, raffigurante una Vittoria che regge una cornucopia, esposta al Cleveland Museum of Art (Ohio). Nelle considerazioni di ordine generale comuni alle due risposte i più avvertiti hanno colto la sfacciata teorizzazione della brusca frenata già in atto da tempo, nel MiBACT di Franceschini (I e II), sulle rivendicazioni e le restituzioni di reperti e opere d’arte che, frutto di scavi clandestini o di furti commessi in musei, palazzi e chiese italiani, sono stati acquistati in passato da Istituti esteri, anche dopo la ratifica della Convenzione UNESCO di Parigi del 1970 da parte degli Stati sottoscrittori.
L’asserita mancanza di vantaggi culturali derivanti da eventuali recuperi massivi di beni rubati in Italia è un capolavoro di cautele opportunistiche dietro al quale si celano, evidentemente, strategie politiche e accordi tra istituzioni che il MiBACT reputa inopportuno rendere pubblici, benché stringerli (ufficialmente o meno) sia di gran lunga più indecoroso. Inquieta specialmente la tesi che la restituzione all’Italia di detti beni causerebbe danni ai musei esteri che, è bene sottolinearlo ancora, li espongono per essersi resi rei di ricettazione, e problemi di gestione (sic) a noi che li reclamiamo. Un’autodenuncia, un’ammissione pubblica di incapacità amministrativa e politica che potrebbe sfuggire in una conversazione privata, informale, ma che messa per iscritto, declamata in una delle due commissioni parlamentari che si occupano di cultura e rivendicata orgogliosamente, persino, nel comunicato stampa inviato dalla Sottosegretaria ai media poche ore dopo la seduta, lascia basiti. A che pro vantiamo l’ormai cinquantennale esistenza del Comando Tutela Patrimonio Culturale se il titolare del dicastero da cui i Carabinieri TPC dipendono funzionalmente paventa che la loro azione possa raggiungere quello che è tuttora l’obiettivo dichiarato, cioè il contrasto ai crimini d’arte e il recupero di quanto illegalmente sottratto allo Stato e ai privati?
Dell’indignazione che giocoforza subentra, dopo l’incredulità iniziale, davanti alle assurde risposte ministeriali si è subito fatto portavoce l’ex avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli, rilasciando a Giuditta Giardini una intervista al vetriolo che “il Sole 24 ore” ha pubblicato il 23 ottobre e che sta facendo il giro del web. Molti lettori estranei al mondo dei beni culturali, comprensibilmente disorientati, e persino alcuni professionisti del settore che però non si occupano espressamente di illecita esportazione e recupero di opere d’arte trafugate, non osano esprimere in sede pubblica il proprio disappunto. L’avv. Fiorilli, invece, forte della sua lunga esperienza e mettendo in gioco la credibilità di cui gode, ha dato parole al dolore di tutti coloro che soffrono sia la perdita di questi beni sia, più intensamente, l’inspiegabile atteggiamento rinunciatario di Franceschini e del ‘suo‘ ministero davanti alla dispersione di siffatte… testimonianze aventi valore di civiltà. Non posso che solidarizzare con l’avv. Fiorilli, e lodarne il coraggio, per come ha aperto gli occhi di tutti coloro che conservano quel po’ di onestà intellettuale bastevole a comprendere la differenza tra bene e male, nonostante i fumi della propaganda filo-ministerale, senza timore di definire “confuse e gravi” le parole della Bonaccorsi se esprimono l’indirizzo politico del MiBACT e di riconoscere e dichiarare anche l’inutilità del Comitato per le restituzioni concepito com’è attualmente.
Devo ricordare a me stessa, in fine, che le risposte della Sottosegretaria provengono dall’Ufficio Legislativo del MiBACT e che l’indirizzo politico deriva agli Uffici direttamente dal Ministro in carica e dai suoi più stretti collaboratori. Preso atto della perdurante lentezza delle risposte – ad oggi, solo un quinto di quelle attese –, della sciatteria che le caratterizza (superficiali, non aggiornate e fuorvianti come sono), tant’è che in quella sulla Vittoria l’applique di prima età imperiale diventa tutt’uno con un altro bronzo esposto a Cleveland ma del IV sec. a.C., a scala naturale e presunto capolavoro di Prassitele – “la statua dell’Apollo Sauroctonos e della Vittoria con cornucopia” (sic) –, oggetto di altra interrogazione finora inevasa che si voleva bypassare con questo stratagemma, studierò quali mezzi il Parlamento mette a disposizione degli eletti per chiedere conto ad un Ministro della sua personale inadeguatezza e delle nefaste conseguenze che la discrezionalità consentitagli ha sul funzionamento dell’intero dicastero.
Margherita Corrado (M5S Senato – Commissione Cultura)