SINDROME DA ELEFANTINO

Certe vicende di questi mesi mi ricordano il 1999 quando Alleanza Nazionale decise di schierarsi alle elezioni europee con Mariotto Segni mettendo nel suo simbolo un elefantino.

Fu una gran brutta botta, la gente non capì soprattutto quella “fuga a sinistra” e a gioire fu soprattutto Berlusconi.

Undici anni dopo la situazione è sicuramente diversa, ma torna questa voglia di Fini a smarcarsi per guardare ad un potenziale convergenza con Casini, Rutelli e addirittura parte del PD. Non è solo una questione di alleanze, ma è centrale il fatto che mentre Fini declama con Bersani (in casa del “nemico” Rai 3) i “suoi” valori della destra sostenga poi anche principi antitetici e più ancora li urlano alcuni suoi pasdaran. Questione di Valori, ripeto, non solo di alleanze.

Vedremo come andranno i prossimi voti di fiducia, ma ho l’impressione che in casa FLI le cose si stiano piuttosto complicando e che – senza bisogno di aprire la caccia a singoli parlamentari per recuperarli a Berlusconi – diversi finiani si chiedano se questa posizione pesantemente anti-PDL sia alla fine corretta perché diversificarsi può avere un senso, ma addirittura opporsi agli elettori dai quali si è stati votati sembra anche a molti di loro una cosa obbiettivamente insostenibile.

Questo non significa però che il PDL possa illudersi di tornare a vincere se non sarà in grado di decidere finalmente cosa vuole essere: un “comitato elettorale” all’americana da mettere in piedi solo in occasione di elezioni o una organizzazione strutturata sul territorio? Un movimento politico dove c’è solo il “faro” Berlusconi ad illuminare la scena o un partito dove si dibatte e si fa politica? Non si può volere la seconda cosa e poi non avere regole, congressi, disciplina. Se il PDL non risolve questi nodi di fondo non può crescere perché non avrà mai un minimo di strategia.

Quello che avviene a Napoli e in Campania e che esplode anche nel “caso Carfagna” è eloquente: in una regione dove da sempre ogni partito politico è squassato da polemiche, intrecci discutibili, clan e correnti se non c’è un minimo di struttura dirigente consapevole, ma anche autorevole, ognuno va per la sua strada e si scontra con gli altri. Ma anche qui si ripropone il problema di chi viene eletto (o “nominato”) a certi alti incarichi senza avere specifiche esperienze e fatto un po’ di gavetta (come si diceva una volta) e poi – solo grazie al suo incarico – vuole governare anche il territorio dove altri vivono operando tutti i giorni. Senza regole, il risultato è sotto gli occhi di tutti.

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