GIUSEPPE LETTERE : IL MESSAGGIO LAICO DI GESU’

Giuseppe Lettere è un pittore che basa la sua ricerca artistica sulle forme dei corpi, di qualsiasi genere essi siano, attraverso l’incontro con la luce, che dona tridimensionalità, ma che è in grado di far evocare differenti emozioni. Le nature morte infatti, richiamano alla mente ricordi intrisi di sapori , profumi e colori che, come egli sostiene: “ hanno cullato la a mia adolescenza” . Lo studio anatomico, prevalentemente femminile, lo spinge ad osservare il corpo, come ente materiale momentaneamente scisso dall’essente , infatti, come dice l’artista: “rappresentare il figurativo, il corpo, l’incarnato, la sua espressività e tutto ciò che d’involucro lo accompagna, non è mai stato semplice ma continua ad intrigarmi ed a meravigliarmi ed è sicuramente la difficoltà ad alimentare e stimolare questa mia ricerca. Per questo, non ho mai smesso di guardare con attenzione e ammirazione maestri come Caravaggio, il piemontese Giacomo Grosso e L. Freud .” Insomma, del corpo umano ne fa una ricerca continua che va oltre la fisicità in un’analisi che è tra una forma di spiritualità laica dell’amore e l’aspetto edonistico. Con l’ultima sua fatica“Via Crucis”, l’artista, è riuscito ad esprimere al massimo il misticismo aconfessionale dell’immagine di Gesù Cristo. L’originalità non si trova tanto nella tecnica pittorica, quanto nel proporre un’iconografia laica dell’immagine di Gesù, interpretato e rappresentato non come figlio di Dio, ma come vero Uomo, colui che ha provato su di sé, come tanti altri uomini, il pathos dell’esistenza, fatta di sentimenti contraddittori e malgrado ciò, continuando a credere in essa. Affascinante e molto eloquente è la composizione stilistica dell’immagine ambivalente della XII stazione, che raffigura Gesù in croce e contemporaneamente la forma di una vagina insanguinata, atta a sottolineare le violenze subite dalle donne nei millenni. Questa immagine, apparentemente blasfema, rappresenta l’esaltazione di uno stato dell’Anima femminile incarnato in un uomo, che ha compreso fino in fondo questo tipo di dolore, chiedendo perdono con il capo chino. In questa interpretazione di Gesù riscopriamo l’oltreuomo nietzschiano, colui che va oltre se stesso, che non si crede Dio perciò non tenta di sostituirsi ad esso, ma ha fede nelle proprie idee. Egli abbandona le ipocrisie, i moralismi e si afferma, ponendo di fronte alla morale comune, i propri valori. L’ultima stazione, tratta dalla libera interpretazione dell’artista, rappresenta un sepolcro aperto dove la porta ha una forma circolare che allude alla ciclicità della vita, l’alternarsi tra la vita e la morte. Infatti le 14 stazioni non sono semplicemente le soste che si concludono con la crocifissione, ma sono le tappe della Consapevolezza e memoria della vita, dove non esiste rassegnazione ma accettazione di sé e delle proprie azioni e da queste bisogna prendere forza per la propria Resurrezione terrena. Ad ogni tappa evolutiva, muore un Io precedente e ne risorge uno nuovo. L’assenza di Dio deve spronare l’uomo ad impegnarsi maggiormente in prima persona, a credere più in sé stesso, senza delegare o aspettare nulla da un’entità astratta. In fondo il paradiso o l’inferno esistono anche sulla terra e non sono altro che uno stato d’animo che pervade l’uomo, anche nel momento della morte, risultato delle azioni compiute in una vita vissuta più o meno autenticamente.

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