La riscossa delle “bionde”. In ripresa il traffico di sigarette

di Elena Ciccarello

La Cina si conferma il primo paese esportatore di sigarette contraffatte. A provarlo, ancora una volta, le circa 31 tonnellate di tabacchi lavorati esteri rintracciati questa mattina nel porto di Gioia Tauro dall’Ufficio dogane e dai militari delle fiamme gialle. Tre container con un carico di 156.600 stecche di marca Manchester, per un valore di oltre sei milioni di euro.
I pacchetti, che prima di raggiungere l’Italia erano transitati nel porto montenegrino di Bar, mancavano del tassello fiscale e presentavano un contenuto di catrame superiore ai limiti consentiti.

Negli ultimi anni il contrabbando di “bionde” è ritornato in gran forma. Secondo i dati dell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia i soggetti sottoposti a controlli da parte della guardia di Finanza sono passati dai circa 1.600 del 2001 ai quasi 4.400 del 2008, con un incremento complessivo pari al 260%. “Il contrabbando non è mai finito – sostiene Alessandro Leogrande, autore de “Le male vite“, reportage sul traffico di sigarette pubblicato da Fandango – ha solo cambiato mezzi, forme, rotte. La sostanza è sempre la stessa: anche se i quantitativi sono meno imponenti che in passato, l’Italia è uno dei punti di passaggio strategici per il rifornimento non solo del mercato illegale della stessa penisola, ma anche di altri paesi dell’Unione Europea”.

I porti italiani costituiscono l’accesso privilegiato per l’intera piazza europea e tra questi in particolare Ancona, Venezia, Trieste e Bari. Sintomo di un mercato tornato di moda, forse anche per effetto della crisi economica, è il riaffacciarsi dei banchetti per la vendita in alcuni quartieri di Bari e Napoli.

Ma al di là del folclore che da sempre accompagna la rappresentazione di questo fenomeno, il mercato illecito delle sigarette si conferma un’attività moderna e cosmopolita. A gestirla holding internazionali, che sempre di più si avvalgono di sistemi di e-commerce: decine i siti per la vendita online tenuti sotto controllo dalle procure italiane.

Con una novità rispetto al passato. Oggi si contrabbandano meno prodotti genuini e più merce contraffatta (circa il 65% di 75 miliardi di sigarette vendute ogni anno in Europa). Con maggiori rischi per la salute dei cittadini, che si ritrovano tra le dita sigarette confezionate con sostanze pericolose e senza alcun controllo.

Le fonti del traffico di tabacchi, che ha un fatturato di circa 10 miliardi di euro all’anno, sono le frontiere orientali, come la Russia, l’Ucraina, la Moldova e la Bielorussia, oltre ovviamente alla Cina che è capolista. Ma sarebbe l’enclave russa di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania – lo si apprende sul sito della Commissione europea – la fonte più importante sia di contrabbando che di “bionde” contraffatte.

Solo lunedì scorso, 27 settembre, la Commissione ha annunciato un accordo pluriennale con Imperial Tobacco Limited (società leader nella produzione di sigarette e derivati del tabacco), che verserà alla Commissione e agli Stati membri 300 milioni di dollari in 20 anni, come contributo alle attività di contrasto al traffico illecito di tabacco. Mentre un altro accordo è stato siglato lo scorso luglio con la Bat (British American Tobacco), che si è impegnata a versare all’Unione 200 milioni di dollari in 20 anni. Era il terzo, dopo quelli sottoscritti con Philip Morris e Japan Tobacco.

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