MOSCA, 04.06.20 – È stato dichiarato lo stato di emergenza a Norilsk e nella penisola di Taymyr, nel nord della Russia, a seguito della fuoriuscita di tonnellate di prodotti petroliferi da alcuni serbatoi. A sversarsi sono state 20 mila tonnellate di gasolio, che stanno contaminando oltre 20 chilometri di fiumi e si stanno muovendo verso il mare, con lo spessore dello strato di prodotti petrolchimici che ha raggiunto i 20 cm. La portata di questo disastro è analoga a quella dell’incidente della petroliera Exxon Valdez, avvenuto in Alaska 30 anni fa.
I prodotti petroliferi sono fuoriusciti il 29 maggio, dopo il crollo di uno dei serbatoi in una centrale elettrica appartenente alla NTEC (una società del gruppo Nornikel nella città di Norilsk). La procura ha avviato un’indagine penale sull’incidente. Le barriere situate nel fiume possono raccogliere una piccola parte del gasolio fuoriuscito, mentre gran parte degli idrocarburi rimarranno nell’acqua, dicono gli esperti.
«Si tratta di uno dei più grandi incidenti petroliferi nell’Artico e dimostra che il governo russo deve riconsiderare l’attuale modello di economia basato sui combustibili fossili e sull’abuso della natura», commenta Greenpeace Russia.
Greenpeace, insieme ad altre ONG russe, ha elaborato un recovery plan verde. In questo programma si stabiliscono i principi da utilizzare per il piano di ripresa nazionale dopo l’emergenza COVID-19, per implementare tecnologie rispettose del clima e per passare a un nuovo modello verde dell’economia russa che non dipende dai fossili. Allo stesso tempo, Greenpeace teme che le misure di tutela dell’ambientale durante la pandemia verranno indebolite dallo Stato per favorire gli interessi delle grandi imprese, compresi i responsabili dell’incidente nell’Artico russo.
Gli esperti di Greenpeace stimano che i danni ai corpi idrici potrebbero superare i 6 miliardi di rubli (ovvero circa 77,5 milioni di euro), senza considerare i costi della bonifica del suolo e l’inquinamento atmosferico. Tuttavia, esiste una lunga tradizione di società russe che eludono la piena responsabilità finanziaria per i danni ambientali. Inoltre, alcune di esse hanno utilizzato la crisi COVID per avviare l’indebolimento della legislazione ambientale russa.
Il permafrost si sta sciogliendo a causa del cambiamento climatico. Nel 2009 Greenpeace ha pubblicato il rapporto sui rischi per le infrastrutture dell’industria russa del petrolio e del gas, associati al degrado del permafrost a causa del clima che cambia. Le infrastrutture delle industrie a rischio si stanno degradando, il che richiede un maggiore controllo da parte dello Stato e un piano di adattamento. C’è un’alternativa al diesel e al gas fossile: gli impianti di energia rinnovabile. Per Greenpeace, la Russia deve prendere seri provvedimenti per combattere il cambiamento climatico.