di Benedetto Della Vedova
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
ci rendiamo perfettamente conto che l’autorizzazione all’utilizzo di intercettazioni telefoniche “indirette” a carico di un parlamentare pone un problema di grande rilievo costituzionale.
Si tratta di una materia, che, in attuazione dell’art. 68 della Costituzione, ha provveduto a disciplinare la legge 140 del 2003, già sottoposta, anche sotto questo profilo, alle censure della Consulta, che l’ha dichiarata incostituzionale nella parte in cui rimetteva all’autorizzazione parlamentare l’utilizzo di intercettazioni che incrociavano “indirettamente” e “casualmente” l’utenza di un parlamentare, ma erano impiegate in procedimenti a carico di terzi.
Il dibattito dottrinario sulla materia continua ad essere vivo e le tesi controverse, anche a fronte delle recenti evoluzioni della giurisprudenza costituzionale, ricordate peraltro nella relazione di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni.
Non è di questo, però, che dobbiamo occuparci.
Due sono i punti fermi, su cui invece tutti dobbiamo concordare.
Il primo è che l’articolo 68 della Costituzione è a tutela non dei singoli parlamentari, ma dell’intero Parlamento e dell’esercizio di un mandato in cui si esprime la sovranità popolare. Ogni restrizione o interferenza all’attività e alla libertà dei parlamentari è un “costo” che la democrazia paga e deve essere dunque giustificato da ragioni fondate, che tocca alle stesse camere, cioè alla massima espressione della sovranità popolare, valutare con serenità e equilibrio.
Il secondo punto, altrettanto importante, è che il voto del Parlamento non può essere motivato da ragioni di solidarietà o ostilità politica nei confronti di un collega. Il voto della Camera non può essere pregiudizialmente a favore o contro un proprio componente. Quanto l’articolo 68 della Costituzione consente non è la tutela assoluta dei parlamentari, poiché ne è autorizzabile perfino l’arresto, né un giudizio politico delle camere – poco importa se favorevole e contrario – ad una richiesta dell’autorità giudiziaria.
La Camera ha già respinto una richiesta d’arresto a carico del collega Cosentino. Ora si tratta di respingere o autorizzare l’utilizzo di un certo numero di intercettazioni a carico di terzi, disposte nell’ambito di procedimenti in cui l’onorevole Cosentino, al tempo, non risultava indagato e che adesso si intendono utilizzare contro di lui.
Non si tratta, palesemente, di intercettazioni finalizzate ad aggirare indirettamente i limiti imposti dall’art. 68 della Costituzione e “spiare” così illegittimamente le conversazioni di un parlamentare. Quale che sia l’apprezzamento che si intenda dare a questi atti istruttori, esso appaiono comunque legittimi, e non dimostrano la sussistenza di un fumus persecutionis.
La prudenza che la Camera ha dimostrato in precedenza nel non autorizzare l’arresto del collega Cosentino – anche per tutelare l’integrità del Parlamento, come ricordavo in premessa – non trascina con sé un giudizio di irrilevanza rispetto ad atti istruttori, sui quali non spetta comunque alla Camera, ma agli organi inquirenti e giudicanti trarre conclusioni definitive in sede giudiziaria.
Del collega Cosentino non possiamo che presupporre la buona fede e l’innocenza e contiamo che questa possa emergere, al di là di ogni dubbio, anche in sede processuale.
Ma abbiamo il dovere di riconoscere la medesima buona fede anche a quei magistrati, i cui risultati nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata tutti quotidianamente celebriamo, anche ascrivendola giustamente al merito dell’azione del governo, soprattutto in quelle aree in cui lo Stato contende alla criminalità organizzata il controllo del territorio e quindi, di fatto, la sovranità politica.
Abbiamo ascoltato le parole del collega Cosentino con attenzione e abbiamo apprezzato il suo atteggiamento di fiducia e di sicurezza sulla mancanza, anche in queste intercettazioni, di elementi a suo carico tali da confermare le accuse gravi che gli vengono mosse.
L’inconsistenza delle accuse che l’on. Cosentino denuncia, non potrà che emergere ancor più chiaramente, se l’autorità giudiziaria potrà procedere utilizzando tutti i mezzi istruttori che essa ritiene rilevanti. In una fase così delicata della lotta alla criminalità organizzata, non pensiamo che le camere possano lanciare un messaggio equivoco, ponendo di fatto un collega al riparo da una indagine che lo stesso collega dichiara di non temere. Il nostro garantismo, che non è in discussione, si esplica nel vigilare a che indagini e processi, compreso quello al collega Cosentino, siano equi e rispettosi fino in fondo dei diritti della difesa (difesa che non però non è il Parlamento a dover esercitare).
Anche per questa ragione, riteniamo che non esistano motivi per respingere la richiesta del Giudice per le indagini preliminari di Napoli. Il Gruppo di Futuro e Libertà voterà dunque contro la proposta della Giunta per le autorizzazioni.
A scanso di ogni equivoco, parlando anche per coloro che sembrano non voler sentire: i deputati di futuro e libertà si sentono tutti, senza eccezioni, vincolati dal patto con gli elettori stipulato nel 2008. Il loro sostegno convinto al Governo Berlusconi nell’attuazione del programma non è mai stato in discussione e non lo sará fino all’ultimo momento di vita del Governo che noi vogliamo coincida con la scadenza naturale della legislatura. L’ostilità nei confronti del nostro gruppo e il tentativo pasticciato quanto illusorio di costruire una maggioranza posticcia ma indipendente dai voti di Futuro e Libertà non è un contributo alla stabilità politica dell’esecutivo.
Per le sue caratteristiche, il voto di oggi non è ne può essere ricondotto ad un vincolo di maggioranza. Votiamo a favore dell’uso delle intercettazioni, non votiamo e non voteremmo contro il Governo.