Allarme del presidente Fed. Che inonda il mercato di liquidità  e prepara il terreno all’inflazione.Crisi, l’exit str ategy Usa è fallita

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Alla riunione annuale di Jackson Hole, sulle montagne del Wyoming, il presidente della Fed Ben Bernanke ha riconosciuto il fallimento della cosiddetta exit strategy, il piano d'uscita dalla crisi economica e finanziaria più grave dal '29, e ha annunciato una nuova, e pericolosa, «crisis management».
Ciò significa una mera gestione della crisi con strumenti monetari, basata su bassi tassi di interesse e sull'acquisto di nuove obbligazioni del Tesoro e di altri titoli bancari in sofferenza.Non potendo ignorare il persistere di una disoccupazione vicina al 10% e un deficit di bilancio di 1.470 miliardi di dollari nel 2010, Bernanke ha dovuto ammettere che gli Usa, nonostante gli stimoli fiscali e gli incentivi, continuano ad annaspare nel mezzo di una crisi irrisolta.
Il presidente della Fed ha ripetuto che i consumi privati per lui sono sempre il parametro principale per capire l'andamento dell'economia. Essi finora non hanno corrisposto alle aspettative. Anche gli investimenti nel settori industriali, cresciuti per riempire un lungo periodo di totale stagnazione, hanno esaurito la loro spinta. Così come l'export, il cui effetto sul pil nazionale egli stima comunque vicino a zero. Questa amara analisi evidenzia ancora una volta lo storico problema degli Usa, che è quello di un'economia dei consumi internazionalmente sovvenzionata!
Per sostenere i mercati finanziari in crisi e per spingere verso il basso i tassi di interesse, nei due anni passati la Fed ha comprato obbligazioni di stato e soprattutto titoli Mbs (mortgage-backed securities), i pericolosi titoli emessi sulla base dei mutui casa, per un totale di 2.000 miliardi di dollari. Finora ne sono stati ripagati soltanto 140 miliardi. Si spera di smaltire altri 400 miliardi di titoli Mbs entro il 2011, anche se il settore immobiliare è sempre più in affanno. La caduta di luglio del 27,2% delle vendite di case rispetto al mese precedente ne è la riprova. In sintesi, la Fed ammette di essersi riempita di titoli tossici legati ai mutui subprime, e di aver trasferito allo stato il fardello delle banche private.
La banca centrale continua a mantenersi su questa strada: abbassare ulteriormente i tassi di interesse e comprare titoli, soprattutto le obbligazione del Tesoro. Si spera con ciò di aiutare i bilanci delle famiglie e del business e di riportarli verso il consumo. In realtà tale politica, già stigmatizzata dalla Banca dei regolamenti internazionali nel 2009, stravolge le attività economiche, mantiene i prezzi degli asset artificialmente inflazionati, surriscalda la congiuntura e prepara il terreno per l'inflazione.
Per la Fed, comprare titoli vuol dire creare nuova moneta. La questione cruciale diventa quindi capire dove andrà questa crescente liquidità. Il rischio è che essa finisca nelle speculazioni finanziarie e sulle materie prime. Alcuni parlano già di una grande bolla dei bond americani. L'insicurezza sistemica porta a privilegiare i titoli di stato rispetto agli altri investimenti. Infatti, secondo l'Investment company institute, da gennaio a giugno i fondi equity hanno perso 232 miliardi di investimenti mentre, i fondi obbligazionari sono aumentati di 559 miliardi di dollari. Inoltre, il Congressional budget office ha rivisto, con un aumento di 4.400 miliardi, le previsioni di spesa governativa di base per i prossimi dieci anni. Una voragine che il governo dovrà coprire con i bond del Tesoro!
Ma una manovra monetaria espansiva non può bastare. Servono investimenti nelle infrastrutture e nell'economia reale e una rivisitazione della spesa corrente. A ciò dovrebbe essere finalizzato l'acquisto di nuove obbligazioni.
In Europa c'è stata l'esperienza positiva delle cosiddette obbligazioni Delors, cioè emissione di titoli per creare liquidità da investire nei trasporti, nella modernizzazione energetica e tecnologica. Sulla stessa strada oggi si stanno muovendo anche le Casse depositi e prestiti europee. Ma queste, purtroppo, spesso incontrano forti resistenze politiche e finanziarie. Mentre a nostro avviso andrebbero sostenute per accelerare la realizzazione delle grandi infrastrutture, soprattutto nel Sud.
Bernanke avrebbe dovuto puntare sulla riduzione dei titoli tossici, presenti anche nei bilanci della Fed, e che sono la vera causa della crisi sistemica, dell'aumento del debito pubblico e degli squilibri contabili. I titoli Mbs, come i derivati Otc, sono inflazionati e senza un vero valore di riferimento sottostante. La riforma finanziaria appena approvata dal Congresso li ha definiti titoli sintetici pericolosi. Perciò la Fed dovrebbe agire di conseguenza.
Non c'è quindi da rallegrarsi, tanto meno da contrapporre agli Usa la pretesa di un'Europa più stabile. Fintanto che non si realizza un sistema monetario multipolare, il dollaro resta la principale moneta di riferimento internazionale e gli effetti globali di una prolungata crisi americana potrebbero essere più devastanti di quelli del 2008.

* Sottosegretario all'economia nel governo Prodi ** Economista

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