Storia di un Paese ridicolo

di Vittorio Lussana

L’Italia è un Paese ridicolo. E i suoi attuali esponenti politici non sono altro che delle stanche maschere comiche. I moderati sono rimasti con la loro miserevole formazione clerico-fascista, così come gli uomini della sinistra sono ancora fermi al loro falso progressismo e alla loro tiepida tolleranza. Una nuova forma di potere ha realizzato una falsa politica. E tanti giovani che sono diventati adulti proprio in questi anni stanno pagando questa falsità in modo atroce. Una falsa rivoluzione ha generato una società che ha distrutto cinicamente la vera cultura politica, sommergendo ogni cosa nella più totale irrealtà. Può un Paese collocarsi al di fuori della propria Storia? No, non può. E questo uscire dalla Storia al fine di adottare un’ottica culturalmente falsa e bugiarda è stato un atto da reazionari. I nostri organi di informazione si sono prestati volentieri a favorire, in un modo o in un altro, l’ascesa di questa nuova politica, poiché essa sembrava adatta a soddisfare il bisogno spiritualistico della maggioranza degli italiani, i quali, sia pur inconsapevolmente, sono essi stessi dei nefandi materialisti. Da più parti, si torna a parlare di etica della politica. Ma l’etica, soprattutto in politica, rappresenta soltanto la qualità di chi non ne possiede altre: è uno di quei canoni di condotta, anzi il primo canone, della piccola borghesia più arruffona e ripugnante, un modo per riempirsi la bocca di parole utili solamente a coprire altre parole, a nascondere nuovi ipocriti ricatti. Come si può parlare di etica della politica se essa stessa non conosce altro metodo di sopravvivenza se non quello del favoritismo clientelare, della raccomandazione, dell’interventismo propagandistico in tutti i campi? Una politica, una politica qualsiasi, di destra o di sinistra, progressista o conservatrice, democratica o liberale, per forza di cose deve essere etica, non può limitarsi a parlarne. Perché la politica o è etica, oppure non è. E quando l’etica viene insistentemente evocata, essa diventa un mero ricatto, una forma di terrorismo psicologico che serve soltanto a esacerbare ulteriormente gli animi dei cittadini. Non esiste politica peggiore di una falsa etica, puramente propagandistica. E’ come dire che si intende procreare una nuova vita esclusivamente con l’aiuto dello Spirito Santo. Rimane pur vero che, di fronte all’evidente incapacità della nostra attuale classe dirigente, possa apparire normale evocare un Dio che intervenga a sistemare le cose. Ma un simile rifugio psicologico dà esattamente il segno della disperazione della nostra attuale politica, talmente inascoltabile e vergognosa da non poter far altro che sperare nella divina provvidenza. Una continua richiesta di moralità politica non è altro che una confessione di amoralità, perché la politica, in quanto regno della razionalità e delle soluzioni possibili, non dovrebbe sentirne così gran bisogno. A meno che la Storia di questo Paese non sia nient’altro che qualunquismo, dissimulazione, degenerazioni chiesastiche e stataliste, orrende tradizioni sabaude, borboniche o papaline.(Laici.it)

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