di Angelica Stramazzi
Se c’è una cosa che ci sta davvero a cuore è, tra le altre, la considerazione della persona, e della donna in primis, anzitutto come soggetto portatore di diritti e, in quanto tale, meritevole di tutela, al di là dell’aspetto esteriore e dell’avvenenza mostrata. Sembrerebbe ai più un dato scontato, non suscettibile di essere ribadito, ma a ben riflettere si stratta di una situazione che troppo di frequente vede l’emersione di giovani donzelle seducenti non perché preparate ma perché di indubbio fascino.
Qualche tempo fa, dalle colonne de “Il Fatto Quotidiano”, la finiana Siliquini aveva ricordato come, all’interno del Pdl, la donna sia spesso e volentieri considerata come suppellettile o gingillo, cioè come elemento aggiuntivo di un contesto poco “colorito” o poco giovanile. Per ovviare a questa situazione, non si è fatto a meno di inserire in posizioni apicali giovani donne che, pur avendo dimostrato di voler acquisire la preparazione necessaria per amministrare un Paese, con la militanza politica avevano poco o nulla a che fare. La presenza di candidate“veline” e “letterine” per le elezioni europee di qualche anno fa ne è stata – e rimane ancora – una dimostrazione concreta di tale fenomeno.
Oggi un’altra finiana, la senatrice Barbara Contini – una che, vale la pena ricordarlo, conosce e parla cinque lingue e da tempo si occupa di peacekeeping – non esita a ribadire che “la politica dei tacchi a spillo”, tutta mini jupes e abitini succinti, costituisce una modalità “poco nobile”di reclutamento e selezione della classe dirigente femminile. “A quelle che fanno carriere sui tacchi a spillo – ha dichiarato – dico: mi dispiace per la gente, per gli elettori, per chi avrebbe voluto rappresentanti competenti e all’altezza”. Non è un caso infatti che molte deputate e senatrici, con alle proprie spalle un passato di militanza attiva e costante, abbiano aderito al gruppo “Futuro e Libertà”, ormai stanche di far parte dell’harem – Pdl e non già di un partito politico.
Come darle torto? E invece si è scatenato un putiferio. Capiamo il fuoco di fila di alcune parlamentari, in gran parte di provenienza ex AN, che hanno reagito in malo modo alle parole della Contini, ma è evidente che proprio le parole delle ex An nascondono un loro malcelato fastidio dinanzi a un meccanismo di selezione della classe dirigente “rosa” che è sotto gli occhi di tutti e che non rende merito alle indubbie doti delle tante donne impegnate nella politica italiana.
Poi c’è stato un intervento de “Il Tempo”, sostenendo che “le donne finiane hanno mutuato dalla sinistra il difetto di sentirsi non solo sempre nel giusto, non solo più colte e pensose, più impegnate, ma si sono tatuate lo stemma di famiglia dell’essere antropologicamente superiore”. Detto questo, il punto non è certo quello di sentirsi superiori a qualcuno o migliori di altri; non sta a noi decidere chi è meglio di chi …
Tuttavia, respingiamo al mittente le accuse (gratuite) che mirano a descriverci come “aristocratiche ninfe” con il “sigillo del benpensantismo sulla fronte, appena sopra gli occhialini gramsciani”. Si tratta di un’immagine, caricaturale e scarsamente veritiera, che non ci appartiene, non ci accomuna, perché non è la superiorità o lo snobismo che ci interessa. Oltre ogni etichetta retorica, ci sono le idee, e dietro le idee ci sono donne e uomini liberi in grado di farle vivere.