Il caso del Polo Natatorio di Ostia

di Niccolo' Rinaldi

Ci raccontiamo spesso che siamo il popolo dell'arte dell'arrangiarsi, di coloro che trovano soluzioni creative, inventive, che possono servire per risolvere alcuni problemi con soluzioni un po' fantasiose. L'arte dell'arrangiarsi è diventata una sorta di politica istituzionale che passa sotto il nome di Protezione Civile, una bacchetta magica che serve a risolvere le situazioni più impensabili e certamente non soltanto quelle legate, questo ormai l'abbiamo capito, a disastri naturali, terremoti e inondazioni che siano.

Il governo Berlusconi dal Maggio dell'anno scorso fino a metà febbraio di quest'anno ha approvato la bellezza di ben 169 ordinanze della Protezione Civile (leggi l'articolo ). Certo non perché ci sono stati 169 disastri nel nostro paese ma perché la Protezione Civile si è dovuta occupare un po' di tutto, come ad esempio: l'ordinanza per risolvere i problemi del traffico e della mobilità delle province di Treviso e di Vicenza, un'ordinanza dedicata alla costruzione del nuovo Palazzo del Cinema di Venezia, un'altra che doveva gestire il grande evento legato alla visita pastorale del Papa a Cagliari e un'altra ancora sull'organizzazione di iniziative nell'ambito dell'Anno Giubilare Paolino.

Tra tutte queste fantasiose situazioni gestite dalla Protezione Civile vi e' anche l'organizzazione dei Mondiali di Nuoto “Roma 2009”, in particolare la realizzazione del Polo Natatorio di Ostia. Questo è stato uno dei casi più eclatanti. Si può anche pensare che, se alla fine queste ordinanze della protezione civile riescono a realizzare qualche cosa in tempi brevi, forse per la collettività c'é un guadagno. Naturalmente le regole non sono lì per dare fastidio ma per essere rispettate e per provvedere a tutta una serie di controlli che devono appunto accertarsi che le cose siano fatte come si deve.

E' quello che è accaduto con il Polo Natatorio di Ostia (leggi l'articolo). Questa è una grande struttura, inaugurata nel Luglio del 2009 dal Sindaco Alemanno e utilizzata dagli atleti per gli allenamenti in vista dei mondiali. Sono stati proprio gli atleti a rendersi conto (è una storia tutta italiana!), che i loro tempi di percorrenza erano molto più alti rispetto a quanto ciascun atleta era uso fare. Dopo una verifica si è scoperto che la piscina era stata realizzata un metro e mezzo più lunga rispetto alle dimensioni regolari internazionali e quindi non è stata più possibile utilizzarla. Si è cercato di rimediare al problema per poter continuare gli allenamenti, ma senza successo. Di fatto l'impianto è stato chiuso, non è stato utilizzato e non è stato nemmeno più riaperto.

Avremmo potuto augurare che, almeno, pur sbagliata per una competizione internazionale la piscina fosse poi a disposizione della comunità ma questo non è accaduto, l'impianto non è compiuto. L'impianto aveva tra l'altro l'ambizione di presentarsi con una serie di foresterie per la ricezione di turismo legato allo sport e turismo giovanile, ma queste foresterie non sono mai state completate. Inoltre, il complesso ha anche un certo un impatto ambientale, trattandosi di una struttura presente sul litorale laziale a Ostia.

Va anche detto che, come spesso accade alla Protezione Civile, la società che ha gestito questo impianto è di diritto privato ma gestisce capitali pubblici (leggi l'articolo). Questa è una formula ibrida che, da un punto di vista liberaldemocratico, può anche sembrare attraente, ma in realtà è un'altra arte di arrangiarsi. E', di fatto, una grande scappatoia per far gestire i soldi pubblici con regole private e, in questo modo, cercare di evitare i controlli della Corte dei Conti.

La vicenda del Polo Natatorio di Ostia ha un peccato originale: le procedure di appalto non sono state mai pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, come previsto dalla normativa europea. Per questo noi, su segnalazione del Laboratorio di Urbanistica Labur, abbiamo presentato un'interrogazione alla Commissione Europea (leggi l'articolo).

Per certi aspetti è anche sorprendente che non fosse stata portata all'attenzione della Commissione Europea questa grave violazione del diritto comunitario. Aspettiamo la risposta di questa interrogazione e probabilmente, visto che ciò che noi denunciamo non e' accaduto, vale a dire che la procedura di appalto non e' stata pubblicata regolarmente sulla Gazzetta Ufficiale, dovremo incorrere in una sanzione.

Come sempre tutto è legato. C'e' un vizio di procedura all'inizio ed è molto difficile che poi l'opera pubblica possa portare a un risultato costruttivo e soddisfacente per la collettività. Quello che rimane è un dato in più di questa difficoltà dell'Italia a essere dentro la modernità – questa idea di modernità che l'Unione Europea dovrebbe rappresentare. Ci chiediamo come ancora nel XXI secolo si cerchi di ricorrere a questi sotterfugi pur di far guadagnare qualcuno in modo probabilmente illecito. Nel frattempo ci ritroviamo – come accade da decenni – una cattedrale nel deserto in più o, come in questo caso, una cattedrale sulla costa mediterranea vicino a Roma.

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