di Luigi de Magistris
Perché il boss Provenzano non fu catturato? Può essere stata, questa mancanza, il frutto di un baratto all'interno di una trattativa fra mafia e pezzi deviati dello Stato, instaurata per porre fine alla stagione delle stragi? Perché il covo di Riina non venne perquisito dopo la sua cattura? Forse perché in quel covo era nascosto il famoso papello che raccoglieva le richieste mafiose rivolte allo Stato?
Di questo si sta occupando il processo di Palermo in cui Ciancimino è un teste importante, che in realtà non ricostruisce niente di inedito perchè le sue dichiarazioni si innestano su un' attività giudiziaria esistente.
La trattativa fra pezzi insani delle Istituzioni e mafia è ormai dato certo, resta da capire dove collocarla temporalmente. E' legittimo pensare che essa abbia origine fra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, dopo che la Cassazione conferma (gennaio del '92) le condanne del maxiprocesso e la mafia si sente tradita. Da chi? Da quel potere politico che le aveva dato assicurazioni e che porta il volto della corrente andreottiana in Sicilia: Lima è ucciso nell'aprile del '92, pochi mesi dopo il verdetto in Cassazione.
La mafia cerca riscatto rispetto a quel tradimento e si lancia nella prova di forza con lo Stato e la politica per dimostrare di poter controllare entrambe: inizia l'attacco militare. La strage di Capaci, in cui viene ucciso Falcone, è realizzata con metodi di tipo libanese ed ha un alto impatto simbolico che risponde proprio all'esigenza mafiosa di dimostrare la forza di condizionare la vita del Paese. E' una strage che ha conseguenze politiche e fa saltare gli equilibri di allora, confermando cosa nostra come soggetto condizionante la vita politica nazionale: salta infatti l'ascesa di Andreotti alla presidenza della Repubblica e quella di Craxi alla presidenza del Consiglio.
Dopo l'attentatone, come lo chiamano i boss, inizia la trattativa e cambiano gli equilibri anche nel governo di allora: al ministero dell'Interno, al posto di Scotti, arriva Mancino. Lo stesso che non ricorda -stranamente- di aver incontrato in quei giorni al Viminale il giudice Borsellino, allora volto noto della lotta alla mafia, collega di Falcone e prossimo a morire. Borsellino forse aveva saputo dell'esistenza di una trattativa fra Stato e mafia. In quel periodo stava ascoltando le dichiarazioni dell'uomo d'onore Mutolo, che raccontava di pezzi deviati delle Istituzioni come Contrada (poi condannato per mafia).
Borsellino era d'ostacolo a questa trattativa e questa sua contrarietà l'ha pagata con la morte. Un assassinio politico in senso stretto, a differenza di Capaci che ha conseguenze politiche come si diceva prima. Dopo l'omicidio di Falcone e Borsellino, arrivano le bombe di Firenze – Roma – Milano del '93. Trattativa e azione militare sono due binari paralleli su cui cosa nostra è impegnata, sempre per dare il segnale di poter condizionare il Paese, mentre minaccia un progetto secessionista in Sicilia.
L'anno dopo nasce Forza Italia, il cui ideologo Dell'Utri è stato già condannato a 9 anni in primo grado per associazione mafiosa, e resta da capire se e come questa nascita politica abbia qualcosa a cui spartire con la trattativa. Anche su questo cercano di indagare a Palermo. Anche per questo quanto sta accadendo a Palermo fa paura a tanti.