Molti annunci, parole fumose, proposte contraddittorie e senza sostanza, a partire dall’Agenzia per la gestione dei beni confiscati. Una proposta del Pd, che da tempo giaceva inascoltata, viene riesumata proprio quando il governo decide di vendere i beni: un vero e proprio controsenso, che mortifica il riuso sociale dei beni confiscati e impedisce alla società civile di riappropriarsi delle risorse sottratte illecitamente dalla mafia alla comunità.
Il codice antimafia è una buona idea, a patto che non si introducano leggi manipolatorie come quella tanto cara ai boss sulla revisione dei processi.
Sull’aggressione ai patrimoni bisognerebbe partire dalle norme antiriciclaggio. L’Italia, infatti, è l’unico Paese a non averne e, inoltre, siamo agli ultimi posti sulla tracciabilità del denaro. E che dire dello scudo fiscale, che garantisce anche ai mafiosi di far rientrare i capitali in totale anonimato?
Anche per quanto riguarda le ecomafie siamo molto indietro. Spesso si hanno enormi difficoltà a riconoscere i reati ambientali commessi dalle organizzazioni criminali, ma soprattutto le pene sono ridicole.
Concordo sulla necessità di assistere in maniera più efficace le vittime del racket e dell’usura, ma se vogliamo realmente sconfiggere questi fenomeni è indispensabile introdurre la denuncia obbligatoria per tutti gli operatori economici.
La mappa informatica delle organizzazioni criminali è uno strumento utile. Dobbiamo in modo particolare velocizzare le procedure burocratiche affinchè gli inquirenti posso accedere con facilità e tempestività alle informazioni riservate custodite da banche, pubblica amministrazione ecc.
Per combattere le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti bisogna introdurre il conto dedicato per le aziende, in modo da facilitare il controllo dei flussi di denaro, la provenienza delle forniture, il sistema dei subappalti, dove spesso si annidano le imprese mafiose o collegate alle mafie.
Sul piano internazionale del contrasto alla criminalità organizzata siamo in forte ritardo sulla costituzione delle squadre investigative comuni europee. Si cominci da qui.
In tutto questo gravano come macigni: il provvedimento sul processo breve, che di fatto garantisce l’impunità a delinquenti e malscazoni; la legge che limita l’utilizzo delle intercettazioni; la depenalizzazione di molti reati finanziari; la volontà del governo di assoggettare i pubblici ministeri, ossia coloro che conducono le indagini, proprio alle dipendenze dell’esecutivo.
Ecco perché il Piano antimafia rischia di essere l’ennesimo spot propagandistico.
Giuseppe Lumia