Il Cdm annuncia l'istituzione dell'Agenzia per i beni confiscati e l'introduzione della prola ndrangheta nel codice: il Pd le sollecita da oltre un anno. Berlusconi agli immigrati: “Creano criminalità”. Bersani: “Parole indegne di un paese moderno”.
Arriva a Reggio Calabria il Consiglio dei ministri più itinerante e populista della storia. Secondo il premier il governo, un po’ come i supereroi, va dove c’è bisogno di lui. Allora non resta che etichettare come caso fortuito il fatto che gli scenari del Cdm siano sempre posti ignorati dal governo fino a pochi giorni prima e innalzati al rango di priorità assoluta al primo accenno di riflettori. Questa volta però, oltre a fanfara e trombe, Berlusconi, il ministro della Giustizia Alfano e il ministro dell’Interno Maroni sembrano aver portato da Roma alcune buone idee. Peccato che non siano le sue!
È Roberto Maroni ad annunciare con orgoglio l’istituzione dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Davvero un’ottima idea, ma non di certo nuova e di sicuro non ascrivibile al governo. Fu proposta per la prima volta dal Governo Ombra nel 2008 ed era presente solo pochi giorni fa fra le proposte anti-ndrangheta del PD. Per mesi il ministro Maroni non solo ha totalmente ignorato l’urgenza del provvedimento, ma ha addirittura approvato un emendamento alla Finanziaria 2010 che permette di vendere i beni sequestrati, senza controllare l’identità dell’acquirente che, ovviamente, potrebbe appartenere alla criminalità organizzata. Oggi il governo torna sventolando come una bandiera un’idea del PD che rigetta da oltre un anno. La nuova immagine, imposta da Maroni, vorrebbe un esecutivo con una mentalità diversa, impegnato in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, tuttavia il premier non sembra dello stesso avviso e impiega pochi secondi a ribadire le vecchie logiche: “Qualche anima bella (ndr: evidentemente Berlusconi ricorda la battaglia del Pd contro la vendita dei beni confiscati) ha detto ‘vendete i beni sequestrati alla mafia così li possono ricomprare’. Molto bene, vuol dire che gli risequestreremo un’altra volta”. Un ragionamento a dir poco contorto che non solo rischia di far perdere tempo utile a forze dell’ordine e magistratura, ma che ignora totalmente l’eventualità di non riuscire ad individuare una seconda volta gli acquirenti vicini alle cosche. Perché correre il rischio, quando sarebbe tanto più facile destinare i beni alla collettività e lasciare che se ne occupino le cooperative e le associazioni di volontariato?
Altra idea geniale, servita ai cittadini calabresi su un piatto d’argento, è quella dell’introduzione della parola “‘ndrangheta” nelle leggi antimafia e, in particolare, nell’art. 416 bis del codice penale. Neanche a farlo apposta anche questo accorgimento era contenuto nella lista di provvedimento voluti dai democratici. “E’ doveroso farlo” spiega un impettito ministro Alfano, sottolineando l’importanza anche simbolica di questo accorgimento. Un modo per dire che il problema della criminalità organizzata in Calabria viene riconosciuto a livello nazionale. Già, proprio le stesse parole pronunciate da Andrea Orlando, responsabile PD del forum Giustizia, appena due settimane fa.
Le ispirazioni di matrice PD finiscono qui, dopo inizia il Silvio Show. L’introduzione è soft, i soliti sondaggi quelli in cui il premier è il più apprezzato del mondo, al punto da dover dire: “sono imbarazzato”. Sempre parlando di se in terza persona e autocelebrando successi che vede solo lui, dice involontariamente qualcosa di sensato: “numeri così non si trovano in una democrazia”. Un modo del premier per confessare che i numeri appena sciorinati sono falsi, o l’intimo desiderio di una “democrazia controllata” come quella dell’amico Putin e del compare Gheddafi?
Ma questo è appena l’inizio. Dimenticandosi, o forse no, di trovarsi in un posto dove tre settimane fa proprio la xenofobia ha dato vita a guerriglie urbane, il premier rincara la dose: “Una riduzione degli extra comunitari significa meno forze che vanno ad ingrossare le schiere della criminalità”. Evidentemente ignorando che molti extracomunitari approdano in Italia spinti dalla fame o dalle persecuzioni politiche, Berlusconi delinea uno scenario degno dei migliori regimi di stampo razzista: straniero equivale a pericolo. Immediata e lapidaria la reazione di Anna Finocchiaro, capogruppo PD in Senato, che commenta: “Meno immigrati, meno criminalità? Io direi ‘meno premier, meno criminalità’”.
Pier Luigi Bersani ha criticato le parole del premier. “Un governo non puo' accendere un fuoco ma guidare il Paese a una maturazione civile. Una frase del genere ci mette fuori da qualsiasi contesto moderno, non puo' essere questo il modo di affrontare un fenomeno che nessuno ha cercato, ma che dobbiamo affrontare con razionalità e umanità”. Se si spinge sull’”irrazionalità”, ha sottolineato, “ci mettiamo nei guai”.
Livia Turco definisce le parole del premier sugli immigrati “vergognose. Berlusconi incita al razzismo e alimenta un clima di intolleranza le cui conseguenze non possono essere prevedibili. Il presidente del Consiglio, in Calabria avrebbe dovuto dire parole chiare sui fatti di Rosarno ed esprimere il suo dispiacimento per quanto accaduto. Poi avrebbe dovrebbe anche riconoscere cio' che dicono tutti i dati, dalla Banca d'Italia, all'Istat alle organizzazioni internazionali. E cioe' che in Italia abbiamo necessita' di immigrati per le nostre famiglie, per i settori dell'edilizia, dell'agricoltura, della ristorazione, della pesca e per quello manifatturiero”.
“Il governo – critica Laura Garavini, capogruppo del Pd nella commissione parlamentare Antimafia- ha fatto bene ad accettare la proposta del PD ed inserire il termine ''ndrangheta' nella legislazione antimafia, come pure e' positivo aver realizzato immediatamente l'Agenzia per i beni confiscati: aspettiamo di vedere come verra' messa in grado di operare e, soprattutto, come interverra' sulla vendita all'asta dei beni. Le nuove norme sugli appalti – prosegue – sarebbero positive se, proprio oggi, al Senato, la maggioranza non avesse cercato di indebolire quelle esistenti contro mafie e corruzione. Anche il testo unico delle leggi antimafia e' un'esigenza avvertita da tempo ma la proposta di oggi non e' una risposta: non si tratta certo di raccogliere le diverse leggi ma di armonizzarle ed ammodernarle. Inoltre, resta aperta una questione scottante: Berlusconi dice che non ci sono collusi nelle sue liste ma il Procuratore della Cassazione chiede di arrestare un componente del suo governo proprio per aver avuto rapporti con la camorra. Ci pare, insomma, che l'unica cosa che funziona nella lotta alla mafia e' quella che il governo non puo' bloccare: una buona magistratura antimafia e forze di polizia che si sacrificano ogni giorno nella caccia ai latitanti e ai loro patrimoni''.
Anche il deputato Andrea Sarubbi commenta: “Legare l'aumento della criminalita' a quello degli stranieri non comunitari nel nostro paese e' superficiale, pericoloso e oltretutto infondato. Che sia poi il presidente del Consiglio a sostenerlo e' di una gravita' assoluta. Berlusconi, prima di parlare, studi almeno i dati, a cominciare dall'ultimo rapporto Caritas che sulla scrivania di palazzo Chigi non dovrebbe mai mancare. Scoprira' che il problema non sono gli extracomunitari ma la loro condizione di clandestinita', che il governo fa poco per superare, e l'avvio di seri processi di integrazione, che l'esecutivo fa nulla per avviare”.