Il nucleare sbagliato. Atomo? No grazie

Il partito dell'amore continua a predicare bene e a razzolare male. Il Pdl annuncia riforme che non si faranno mai, battaglie che hanno l'unico scopo di immunizzare Berlusconi da ogni accusa a suo carico e nel frattempo lavora nell'ombra per riportare in Italia le centrali nucleari, come ha svelato il deputato PD Ermete Realacci durante il Question Time a Montecitorio della settimana scorsa.
Ovviamente non ne parla apertamente per evitare di perdere voti nelle prossime elezioni regionali. Ma è proprio dalle Regioni che arriva la denuncia più forte contro i provvedimenti dell'Esecutivo: quindici Regioni su venti dicono no al ritorno all'atomo.

Calabria, Lazio, Piemonte, Puglia, Basilicata, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Liguria, Marche e Molise hanno presentato un ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge 99/2009, cosiddetta Legge Sviluppo, che prevede il ritorno al nucleare. Al No delle undici regioni si sono aggiunte anche la Campania, la Sicilia, Sardegna e Veneto. L'unica a nicchiare e non prendere posizione è stata la Lombardia del governatore Formigoni.

Si evince che non è solo una posizione di “minoranza” ma un atteggiamento bipartisan di buon senso che si oppone sia nel merito, sia nel metodo. Volendo ora tralasciare la gravità dell'azione del governo che nasconde, volontariamente, i siti dove sarebbero collocate le nuove centrali nucleari vediamo di analizzare meglio gli errori di metodo che inficerebbero la normativa.

Innanzitutto il decreto attuativo di dicembre è stato presentato con grande ritardo impedendo, di fatto, alle Regioni di poter intervenire: un vulnus al principio di leale collaborazione istituzionale. Nel testo normativo si legge che i decreti attuativi possono “essere presi previo parere delle regioni e delle commissioni parlamentari competenti”. Ma ciò non è avvenuto e il governo, motivando l'urgenza del provvedimento (urgenza???) non ha aspettato alcun parere regionale, non rispettando neanche le sue leggi.

Il secondo punto su cui le regioni di oppongono alle decisioni dell'Esecutivo sta nel fatto che non esiste nessuna intesa, né di massima né di minima, per la realizzazione di nuove centrali nucleari. A questo va aggiunto il pressapochismo dell'azione governativa che non ha elaborato un piano energetico nazionale per spiegare le proprie strategie sul nucleare e per rispondere alle proposte del Pd che prevedono il risparmio energetico attraverso la lotta agli sprechi e l'utilizzo di energie alternative.

Insomma tutto si traduce in un decreto di comando basato solo su parametri tecnici che non prendono minimamente in considerazione la volontà delle persone e delle amministrazioni.

Dialogando con i cronisti de L'Unità, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani ha dichiarato che “è chiaro che hanno messo il carro davanti ai buoi. Ma non possono dire alle Regioni arrivederci e grazie, decido io dove mettere le centrali nucleari”.

Annunciando una dura battaglia politica, il leader democratico ha ribadito che “durante la campagna elettorale chiederemo alla destra di pronunciarsi con nettezza su tutto lo scenario energetico e tecnologico. E ovviamente anche su dove intendono localizzare le centrali nucleari. Non possono mica stare zitti e intanto cucinarti in casa una localizzazione senza dirti nulla. È troppo comodo limitarsi a indicare i criteri. Quelli li sa anche un bambino”.

“La battaglia ambientale è tutt’uno con quella per l’innovazione tecnologica e la crescita economica: energia e green economy saranno nostri cavalli di battaglia nella campagna elettorale. Non è stagione di fare piani nucleari per uno stato che dal nucleare è uscito e non ha ancora risolto dove mettere le scorie: se non siamo capaci di localizzare un deposito dove mettere gli esiti del vecchio come facciamo a fare un nuovo piano nucleare?”

“Il governo – ha concluso Bersani – rilancia un piano sbagliato per ragioni economiche e tecnologiche oltre che velleitario, noi avanziamo un’altra idea: la nostra industria di misurarsi con il decommissioning delle centrali e poi dobbiamo capire dove localizzare un deposito di superficie per i rifiuti prodotti dal vecchio nucleare che a breve dovranno tornare in Italia, infine dobbiamo inserirci nella ricerca sulla nuova frontiera tecnologica per risolvere i problemi delle scorie oltre che della dimensione delle centrali e della sicurezza”.

Dello stesso parere anche Stella Bianchi, responsabile Ambiente del Pd. “L’annuncio degli assessori regionali all’Ambiente, che hanno deciso di impugnare per incostituzionalità il decreto sul “ritorno al nucleare”, conferma le critiche che il Partito Democratico aveva rivolto al governo per una scelta anacronistica e sbagliata.

Affidare il fabbisogno energetico del Paese al nucleare è sbagliato, lo ripetiamo, perché troppo elevati sarebbero i costi e il rischio di danni all’ambiente. Anche il metodo scelto dal governo è inaccettabile: le Regioni e gli Enti Locali non sono stati coinvolti nell’individuazione dei siti, siti
che lo stesso governo si ostina a non rendere noti per timori esclusivamente elettorali.

Di fronte a una bocciatura così ferma di 15 regioni governate da entrambi gli schieramenti, auspichiamo da parte del governo un’ulteriore riflessione e un ripensamento sulle strategie da adottare, con un indirizzo chiaro a favore del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili.

A.Dra

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