Con l’inverno, sono cadute le ultime speranze, in verità già da tempo ridimensionate, di un 2010 economicamente meno compromesso. I sacrifici, invece, ci saranno. Certamente non inferiori a quelli dell’anno che stiamo per lasciarci alle spalle. Se la macchina dello Stato deve, com’è vero, andare avanti, c’è da rastrellare milioni d’Euro. Costi quel che costi. Popolarità politica compresa. Nella maggioranza, e per una serie di cause concatenate, non c’è più la granitica coesione della scorsa primavera. Nel PdL c’è aria di crisi; forse anche politica. In una penisola con una percentuale di disoccupazione dell’8% ed una frenata sui consumi, anche più elementari, c’è poco da essere ottimisti. A livello UE siamo ancora relativamente competitivi, ma i segnali in negativo non accennano a rientrare. La questione non è solo politica e ce ne siamo resi conto già da tempo. Per uscire dalle secche della recessione, o si cambia strategia, o la ripresa sarà ancora più sofferta. L’abbiamo ben capito tutti; ma i nostri politici preferiscono ancora il tono polemico alle prese di posizione rilevanti, ma più efficaci. Il Governo è meno coeso che per il passato. Berlusconi ha dato segnali d’insofferenza e proprio nel binomio FI e AN potrebbe innescarsi il seme della discordia. I ministri economici non riescono a far quadrare i conti. La chiarezza comincia a mancare ed ogni passo ha un suo peso e, per noi amministrati, una certa rinuncia. E’ inutile negarlo o ignorarlo. La contrazione dei consumi, anche in questo periodo di “tredicesima” mensilità, non può più sfuggire a nessuno. L’aumento, preoccupante, della disoccupazione e la stasi della nostra economia non preannuncia nulla di buono. L’inflazione è stata frenata, ma i problemi del potere d’acquisto interno sono tornati a farsi sentire. Ufficialmente, il costo della vita, già per l’anno prossimo, è stimato in un più 3%, ma, in pratica sarà, almeno, il doppio. Pensioni e stipendi non si sono per nulla adeguati. Certo è che i rincari si faranno sentire ancora. Forse, ma è meglio non dimenticarlo, la nostra resta una crisi per sovrapproduzione. La contrazione dei consumi ha provocato il blocco degli investimenti e le cause non sono necessariamente da cercare a livello internazionale. Da noi, un litro di latte costa più di un litro di benzina; ma non basta. Per un pasto mediterraneo, completo, bisogna lavorare l’11% in più che nel 2008. La vita media di un’autovettura è passata, in ventiquattro mesi, da 6 anni a 9 anni. Nonostante tutte le agevolazioni correlate alla rottamazione che dovrebbe essere prolungata anche per l’anno prossimo. Probabilmente, ci si veste meglio, ma si mangia peggio. L’importante, tanto per restare in tema, è cercare di non fare il passo più lungo della gamba. Meglio evitare “avventure” economiche tanto care agli albori d’inizio secolo. E’ probabile, anzi possibile, che l’attuale Maggioranza regga sino a fine legislatura. Tramontato il Capitalismo, restano, però, ancora in vigore le sue regole sempre meno in armonia con un’economia tanto provata. Ora cambiare si deve. Solo in questo modo i sacrifici potranno essere sopportati. Certo è che l’Esecutivo di Centro/Destra ha perso parte della sua popolarità. A noi sembra che sia arrivato il tempo nel quale è necessario essere più che sembrare. L’Italia che sarà ha da ritrovare, prima di tutto, un rinnovato equilibrio. Altrimenti, la crisi potrebbe durare ancora anni. Solo con una reale stabilità politica sarà possibile operare per garantire anche l’auspicata ripresa economica.