Craxi (Psi): "Il glorioso Garofano torna in campo"

di Sofia Riccaboni

Bobo Craxi ha presentato in questi giorni presso il Teatro Eliseo di Roma il nuovo Partito socialista italiano con il simbolo del Garofano. Lo abbiamo perciò incontrato per cercare di capire con lui gli ultimi eventi europei che hanno visto coinvolte le varie forze di sinistra. Nell’occasione, abbiamo posto qualche domanda anche sull’attuale situazione italiana.

Bobo Craxi, lei pensa ci sia ancora spazio, in Italia, per un Partito socialista con tanto di Garofano nel logo e Psi come sigla? E se sì, da che parte si collocherà e chi potrebbe esserne un leader degno e capace?
“La situazione italiana si muove ed é inevitabile che, in un futuro neanche troppo lontano, si aprano spazi politici anche per forze tradizionali: le anomalie italiane non possono durare all’infinito. C’è posto per una nuova forza politica socialista e per gli uomini che la voglio riproporre, di questo ne sono convinto. Essa può essere il frutto di un nuovo lavoro o l’evoluzione di forze che già sono sul terreno”.

Con un personaggio come Willy Brandt alla guida del Partito socialdemocratico tedesco, il risultato elettorale in Germania sarebbe stato lo stesso?
“Penso che l’Spd non abbia raccolto i frutti di una condotta politica assai responsabile. Indubbiamente, i ‘grandi vecchi’ del Partito mancano a loro come a noi”.

Lei vede, in Europa, leader carismatici di sinistra della tempra e delle capacità di suo padre, di Helmut Schulz, Olof Palme? Può farci qualche nome?
“Io ritengo che le giovani leadership socialiste del Mediterraneo, Zapatero, Socrates e l’amico George Papandreou, rappresentino, oggi, le frontiere avanzate del socialismo moderno, così come, nel recente passato, lo è stato Tony Blair in Inghilterra. Piuttosto, è l'Italia che ha difettato di leader nella sinistra e questa mancanza la vide ad occhio nudo”.

Lei non trova disdicevole per la sinistra italiana non aver mai affrontato seriamente la possibilità di un consolidamento reale del debito pubblico italiano?
“Sul debito italiano spesso si é favoleggiato in eccesso: quel debito fu contratto per favorire la crescita del Paese, non la sua recessione. Oggi, il livello é ancora inaccettabile, ma possiamo ancora contare su molti ‘plus’ che altri Paesi dell’Europa ci invidiano. La prova é che, nonostante l’onda crescente della crisi, il nostro sia risultato un Paese che ha sofferto un po’ meno. Il debito non è un’eredita della sinistra di governo: sfuggì al controllo innanzitutto negli anni della solidarietà nazionale. Si tratta, in un certo senso, di responsabilità che andrebbero distribuite”.

Quale è l’elemento che ha differenziato i risultati tra la Grecia e la Germania?
“Quelle tedesche erano elezioni ordinarie, hanno consolidato la leadership dei cristiano – democratici e considerata superata l’esperienza della ‘Grosse Koalition’, che pure ha garantito stabilità politica in una difficile congiuntura. L’Europa va verso destra: é una realtà con la quale é necessario fare i conti. In Grecia si é votato anticipatamente: scandali e malgoverno hanno contrassegnato la seconda esperienza di Karamanlis e il ‘vento di Obama’ ha raggiunto anche il mar Egeo. Un voto di tradizione e di speranza ha investito i socialisti greci”.

Massimo D’Alema è ancora un risorsa per la sinistra?
“D’Alema è uno dei pochi esponenti della sinistra post comunista che ha saputo conquistare un prestigio internazionale: vedo che non gode della stessa considerazione all’interno del suo Partito. Ragionando in astratto, io penso che egli poterebbe essere importante per costruire una forza democratica e socialista, come egli si è definito. Potrebbe riscattare anche un certo numero di errori commessi in passato. Posso solo augurarmi che ne abbia la volontà o il coraggio”.

A suo parere, 6 milioni di dipendenti statali, vale a dire il doppio di quelli dei Paesi con cui ci confrontiamo in Europa, possiamo ancora sopportarli in una economia come la nostra?
“I dipendenti dello Stato sono uomini e donne in carne ed ossa, non sono da considerarsi né un lusso, né uno spreco. Si possono razionalizzare le risorse, sviluppare l’automazione di certuni servizi, ma con la dovuta gradualità e cautela. Lo Stato siamo noi e dovremmo sempre ragionare in questi termini”.

Ritiene possibile in Italia, oggi, una politica sui temi ‘etici’ come quella che fece Bettino Craxi, coinvolgendo larghi strati della società italiana?
“Tutta la classe dirigente della prima Repubblica, cattolica e laica, seppe sempre affrontare la questione cattolica con responsabilità ed equità. Furono fatte molte concessioni con il secondo Concordato, ma non dobbiamo dimenticare che, nel corso delle stesso decennio, furono adottate legislazioni assai moderne in materia di interruzione di gravidanza e di divorzio. Insomma, un equilibrio assai più ragionevole che non quello adottato di recente, un po’ a cavallo fra un’eccessiva dose di ‘carote’ accompagnata da incomprensibili e vistose ‘bastonate’. I temi bioetici, d’altronde, entrano nell’agenda di qualsiasi governo di società complesse come la nostra, perché viviamo in una società matura e consapevole, ormai libera da complessi o pregiudizi di ordine morale o religioso. Da qui ne discendono i ritardi della Chiesa cattolica e una certa indecisione da parte dei nostri Governi di destra e di sinistra della seconda Repubblica”. (Laici.it)

(intervista tratta dal web magazine on line www.periodicoitaliano.info)

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