9 MAGGIO: la dichiarazione Schuman, l’idea dell’unità europea

 

di GIUSEPPE VALERIO

 

Il 9 maggio, a parte il luttuoso evento del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel 1978, è comunemente ricordato come la FESTA DELL’EUROPA in coincidenza con il 9 maggio 1950.

Solitamente l’Aiccre Puglia festeggia la data da quindici anni con la consegna degli assegni di studio del concorso annuale, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio regionale della Puglia, riservato agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori presso l’aula del Consiglio regionale o la sede di un istituto scolastico delle sei province pugliesi.

Quest’anno celebreremo la festa non fisicamente – sono vietati gli “assembramenti”, le scuole sono chiuse ecc… -, ma con una riflessione.

Il 9 maggio 1950 il ministro degli esteri francese Robert Schuman pronunciò il famoso discorso che verrà ricordato come Dichiarazione Schuman, su input del suo consigliere Jean Monnet, al Quay d’Orsay nella sala dell’orologio alle ore 16. Viene considerato il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica e, in prospettiva, politica tra gli stati europei.

L’idea di fondo era molto semplice ed allo stesso tempo molto ambiziosa: era necessario per far sì che non si verificassero mai più i massacri e le distruzioni che l’Europa aveva appena conosciuto con la seconda guerra mondiale.

IL CONTESTO

Per evitare che ciò avesse a ripetersi era necessario che la Germania non venisse mortificata dopo la perdita della 2^ guerra mondiale perché ciò l’avrebbe potuta spingere a sviluppare nuovamente le sue industrie dell’acciaio e costituire nuovamente un pericolo per gli altri paesi europei. Inoltre, gli Stati Uniti che avevano liberato l’Europa e stavano fortemente investendo sulla sua ricostruzione erano favorevoli ad una ripresa economica della Germania pensando che avrebbe in futuro contribuito a evitare avanzate sovietiche sul territorio europeo. Infine la Francia voleva essere il partner privilegiato degli USA in Europa, contendendo questo primato alla Gran Bretagna.

Schuman proponeva la creazione di una Comunità europea, i cui membri avrebbero messo insieme le produzioni di carbone e acciaio.

Egli ebbe l’audacia di trasformare il carbone e l’acciaio, strumenti di guerra e di contesa da più di ottant’anni fra Francia e Germania, in pacifici strumenti di riconciliazione.

Lungo la bimillenaria storia dell’Europa, alcuni avevano tentato d’unire il continente con la forza. Molti avevano aspirato all’unità europea, ma nessuno aveva pensato all’unione politica dell’Europa attraverso la cessione di porzioni di sovranità nazionale per condividerla con altri Paesi amici all’interno di istituzioni sovranazionali.

“La solidarietà – che significa “tutti assieme” – sarà il cemento che lega popoli e Stati”. La solidarietà, se ben attuata, porta alla prosperità. (è storia ancora di questi giorni!)

La CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), nata poi il 18 aprile del 1951 con il trattato firmato a Parigi, (paesi fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) è stata la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che si chiama oggi “Unione europea”.

Conseguentemente, determinati ad impedire il ripetersi di un simile terribile conflitto, i governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse – per citare Robert Schuman – “non solo impensabile, ma materialmente impossibile”.

Si pensi al calvario eterno dell’Alsazia e della Lorena, terre ricche di carbone e ferro, contese da Francia e Germania per secoli.

Negli anni 1948-9 in Europa, ma soprattutto nella Francia aggredita dai tedeschi tre volte nei 70 anni precedenti, era tornata la paura del riarmo chiesto dai tedeschi. E fu proprio la Francia, spaventata dalla Germania che rialzava la testa, a compiere il primo, storico passo.

Si pensava, giustamente, che mettere in comune gli interessi economici avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita e sarebbe stato il primo passo verso un’Europa più unita. L’adesione alla CECA era aperta anche ad altri paesi.

Se si legge quel Trattato si nota subito che è un accordo economico e di natura industriale, ma, data la premessa ha una finalità politica: la PACE

Lo deduciamo leggendo alcune frasi della Dichiarazione:

“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”.

“L’Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania”.

“La fusione della produzione di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime. La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà sì che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile”.

“Questa proposta costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace”.

Idee europeiste avevano cominciato a diffondersi e ad essere approfondite già nel corso del 2^ conflitto mondiale (elaborate da pensatori lucidi come Altiero Spinelli o Luigi Einaudi) ma ancora nulla di pratico era stato fino ad allora realizzato. In quell’epoca, infatti, più interessati alla nascita di una federazione europea, a un rafforzamento e alla stabilità del blocco occidentale del continente, erano gli Stati Uniti, in funzione antisovietica.

La maggiore entità creata era stata fino a quel momento, nel 1949, il Consiglio d’Europa, organo consultivo che non metteva minimamente in dubbio la piena sovranità nazionale dei suoi membri.

La CECA invece era un passo decisivo per il superamento di una concezione assolutistica della sovranità alla base degli antichi conflitti europei e, benché limitato a un’area specifica, rappresentava una scelta radicale in quella direzione, tanto che la Gran Bretagna rifiutò di firmare i trattati dichiarando che mai avrebbe permesso tale intrusione nella sua sfera sovrana. (La Gran Bretagna ha sofferto sempre l’idea dell’Unità politica dell’Europa, fino all’odierna Brexit).

L’accordo era limitato ma funzionale a far cedere agli Stati una parte della loro sovranità (problema ancora attualmente aperto per altri temi).

Gli sforzi creativi evocati da Schuman sono poi proseguiti negli anni, per esempio, con:

  • Sicco Mansholt, l’ideatore della Politica agricola comune o
  • Jacques Delors, con l’Atto Unico e il Trattato di Maastricht – il progetto di cooperazione regionale più riuscito di sempre.

Ma lo scopo finale della dichiarazione non è stato ancora raggiunto: «le prime basi concrete di una Federazione europea».

Il significato innovativo della CECA è legato al fatto che in essa è contenuta la prospettiva federale. Se per federalismo si intende il superamento della sovranità nazionale attraverso il suo trasferimento ad istituzioni democratiche sovranazionali, alle cui decisioni concorrano Stati membri, che quindi conservano una sostanziale e intangibile autonomia. Se per federalismo si intende, in altre parole, la costruzione di uno Stato federale (uno Stato di Stati).

L’approccio funzionalistico all’integrazione europea, di cui Monnet è stato il più lucido e fattivo sostenitore, ha in comune con quello federalista, di cui Spinelli è stato indiscutibilmente il massimo esponente, l’obiettivo della federazione; i due approcci fanno parte pertanto dello stesso schieramento contrapposto al confederalismo, i cui principali punti di riferimento sono Churchill e De Gaulle.

Ciò premesso, l’approccio funzionalistico di Monnet si caratterizza per la convinzione che la via maestra per superare le resistenze al superamento della sovranità nazionale consista nello sviluppo graduale dell’integrazione in settori o funzioni limitati, ma via via più importanti, dell’attività statale, in modo da realizzare uno svuotamento progressivo e quasi indolore delle sovranità nazionali.

Da questo punto di vista è evidente che nella iniziativa di Schuman è presente una prospettiva federale. L’unificazione realizzata dalle varie agenzie specializzate intorno a interessi concreti e a burocrazie sovranazionali efficienti avrebbe trovato alla fine il suo logico coronamento in una costituzione federale.

Ad ogni modo, il traguardo finale della federazione non era indicato nel testo del Trattato (CECA del 1951), ma era comunque esplicitato nel testo della dichiarazione sulla base del quale si condussero le trattative.

I grandi progressi realizzati dall’integrazione comunitaria dimostrano con la forza irrefutabile dei fatti la validità della scelta compiuta nel 1950 di superare la semplice cooperazione intergovernativa e di introdurre nella politica di unificazione europea la prospettiva federale, sia sul piano delle istituzioni che su quello della procedura per crearle.

A questi progressi hanno dato un contributo decisivo i movimenti europeisti di orientamento federalista (CCRE -Aiccre, MFE tra gli altri) ed hanno altresì svolto un ruolo essenziale in alcuni snodi cruciali della costruzione europea. In particolare: la campagna per l’elezione diretta del Parlamento europeo e per il rafforzamento dei suoi poteri; l’iniziativa a favore del Trattato di Unione europea, approvato dal Parlamento europeo nella prima metà degli anni ‘80, e che ha fortemente contribuito alla genesi dell’Atto Unico europeo; l’impegno a favore della moneta europea.

Il modello di Stato federale ragionevolmente concepibile come sbocco dell’unificazione europea avrà caratteristiche diverse ed originali rispetto ai sistemi federali finora realizzati, perché si tratta, per la prima volta nella storia, di federare Stati nazionali storicamente consolidati e un continente caratterizzato da un pluralismo culturale, linguistico, religioso ed economico-sociale che non ha eguali nel mondo. Pertanto lo Stato federale europeo sarà fortemente decentrato, ma in esso sarà esclusa, pur avendo ampio spazio le maggioranze qualificate, qualsiasi forma di veto nazionale, dovrà realizzarsi il monopolio federale della forza legittima e dovrà essere applicato pienamente il principio della responsabilità democratica degli organi politici sovranazionali.

Lo Stato federale europeo, come è detto nella dichiarazione di Schuman, deve essere inteso come un contributo fondamentale alla pace del mondo intero, il che significa che l’esempio europeo deve favorire la formazione di altre federazioni continentali e contribuire infine, come è detto nel Manifesto di Ventotene, all’unificazione federale del mondo intero.

Comunque, l’unificazione monetaria (che è il più grande successo finora raggiunto) ha accentuato la contraddizione in cui da sempre si dibatte l’integrazione funzionalistica a causa del rinvio sine die della costruzione della sovranità democratica sovranazionale. Infatti alle politiche economiche e sociali nazionali non corrisponde la creazione di un governo democratico europeo in grado (sulla base dell’eliminazione dei veti nazionali in tema di politiche macroeconomiche, in particolare quelle fiscali) di assicurare la coesione economico-sociale e la competitività dell’economia europea nel quadro della globalizzazione. Inoltre, il salto federale (che significa anche una politica estera, di sicurezza e di difesa unica) in tempi rapidi è imposto dal contesto internazionale creatosi in seguito alla dissoluzione del sistema bipolare.

Per queste ragioni è drammaticamente attuale l’esigenza di realizzare la finalità ultima della dichiarazione di Schuman, la Federazione europea, ed è altresì pienamente attuale la strategia del nucleo duro o nucleo di avanguardia da essa proposta.

Se con l’iniziativa di Schuman nel 1950 si è dato vita a una comunità pre federale nel quadro più ampio del Consiglio d’Europa, ispirarsi a quell’esempio nella odierna situazione dell’integrazione significa istituire una comunità federale fra gli Stati disponibili, dotata di proprie istituzioni e che faccia parte, come soggetto unitario, del cerchio più ampio costituito dall’Unione europea.

Una simile scelta richiede, come nel caso della CECA, un   trattato separato, onde evitare che l’iniziativa possa essere bloccata dai governi non disponibili per il momento al salto federale, ma richiede d’altro canto un trattato-costituzione, che istituisca cioè una costituzione per uno Stato federale. E di conseguenza richiede il superamento del metodo delle trattative intergovernative e l’attivazione di un metodo costituente democratico che assegni un ruolo essenziale all’organo rappresentativo del popolo europeo, il PARLAMENTO EUROPEO.

In vista del 70^ anniversario della Dichiarazione Shumann, oltre che in considerazione dell’attuale momento politico vissuto da quel processo, il Consiglio europeo del 12 dicembre 2019 ha valutato l’idea di indire una conferenza sul futuro dell’Europa, da avviare nel 2020 e portare a compimento nel 2022, poi rinviata all’autunno prossimo per la pandemia del COVID 19.

E’ necessario pertanto un nuovo impegno civico da parte dei cittadini europei.

Tale impegno è essenziale per ogni democrazia, poiché partecipando alla vita politica e sociale i cittadini possono dare voce alle proprie esigenze e interagire nelle decisioni politiche.

E’ ancora più essenziale per l’Europa di oggi, perché solo la partecipazione attiva dei cittadini europei ai processi politici potrà conseguire quel livello di informazione che potrà portare alla condivisione e a una migliore accettazione delle decisioni politiche sul futuro dell’Europa, rinforzando la fiducia nelle autorità politiche e nelle istituzioni europee e, nel contempo, aumentando l’efficienza nell’attuazione delle politiche europee.

L’Aiccre Puglia si è candidata a partecipare a questo dibattito (vedi le lettere di risposta sia del Presidente del Parlamento europeo sia della Presidente della Commissione pervenuteci nelle scorse settimane).

Siamo certi che tutta la nostra Organizzazione nazionale, fedele ai principi per le quali è nata ed ha operato per decenni, dopo un approfondito confronto negli Organi statutari ed il coinvolgimento dei Soci, saprà contribuire a dare suggerimenti e proposte per il FUTURO DELL’EUROPA.

Presidente federazione regionale Aiccre puglia.

prof. Giuseppe Valerio    

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