Abbassare i prezzi del vino per superare la crisi. E’ la strada giusta?

Diverse aziende, anche le più prestigiose, stanno rivedendo verso il basso i propri listini, anche dei vini più blasonati. L'epoca del “tutto e subito” è finita, come pure quella del “voglio ad ogni costo”. L'analisi di Giampietro Comolli

di Giampietro Comolli
Direttore del Forum Spumanti d'Italia

Giampietro Comolli

La catastrofe bancaria e finanziaria di settembre 2008 (sordidamente preannunciata già a primavera, ma coperta da un assordante silenzio concordato) ha avviato un processo di crisi che molto probabilmente si preannuncia a “U” e non a “V”, se va bene a “elle”. Perchè oggi siamo di fronte a una crisi macroeconomica diversa da quelle solite: o sbilanci dei pagamenti o superprezzi delle attività patrimoniali.

La crisi di oggi ha origine da problemi monetari causa specializzazioni per macroaree: la crescita in Usa era sostenuta solo dalla spinta dei consumi delle famiglie; in Europa si è puntato tutto sulle esportazioni e su servizi e in Asia abbiamo assistito alla speculazione del reivestimento degli utili in dollari con l'acquisto di ogni cosa in vendita.

Le banche sono state salvate per obbligo di Stato, perchè per gli utili e le stok-option sono aziende private, per i debiti o gli errori dei capi “hanno una funzione pubblica e sociale” e vanno aiutate.
Se il buco finanziario è stato colmato con forti iniezioni pubbliche, e mi sembra anche bene e senza grandi ripercussioni (l'Italia sicuramente è stato il sistema bancario meno speculativo che ha retto meglio, che che ne dica qualche Cassandra), ora resta una evidente crisi di tutti i consumi che attanaglia, più per paure che per reale default, la spesa dei singoli utenti, dei fruitori.

Occorre cogliere l'occasione, anche per cambiare sistema e misure perchè la rincorsa alla ricchezza generale e diffusa ha sempre una matrice speculativa e quindi è molto popolare, perché sembra che arricchiscano tanti senza togliere nulla a nessuno.
Una montatura di panna e bolle che è stata tollerata da tutti. Come sempre per la fascia di reddito alto gli effetti sono marginali, quella più bassa oramai certi bisogni sono stati dimenticati, chi effettivamente rientra nella vera crisi è la ampia, diversificata e diffusa ” classe media” che in molti peasi europei – e in particolare in Italia – è lo zoccolo duro dell'economia, delle tasse pagate, delle imposte versate, dei weekend al mare o in campagna, di almeno una pizza e un ristorante alla settimana, di chi per lavoro è fuori casa tutta la settimana e ” consumava”!

Certamente la certezza di un reddito, di un posto di lavoro, della sicurezza della persona, di un futuro dei nostri figli è la base per far riprendere i consumi, certamente molto meglio se queste politiche anticrisi sono indirizzate “direttamente” al singolo, piuttosto che ad intermediari.

Bene, questo “gruppo di consumatori” è quello che più di tutti ha ridotto gli acquisti, contenuto le spese, rinunciato ai piaceri… anche di una buona bottiglia di vino. Ma è più paura che reale mancanza di potere d'acquisto, quindi una opzione di spesa c'è, ma ad una cifra inferiore.

La paura diffusa ha creato i “prezzi obiettivo” ovvero il costo dei prodotti che ogni consumatore è disposto a spendere per quel determinato prodotto.
Per il vino al ristorante forse € 14-18 alla bottiglia, all'enoteca € 10-15; al supermercato € 3-5, per i vini spumanti € 5-9… tanto per essere realisti e magari contraddetti da qualche esperto dei vari comparti.

Certamente l'epoca del “tutto e subito” (mi ricorda tanto gli slogan dei Sessantottini) è stata fonte di superspese non sempre coperte, anche quella del “voglio ad ogni costo” ha dato il suo contributo, fino ad arrivare all'epoca attuale del “voglio ma non posso”.
Paura, ma anche consapevolezza che forse un piatto al ristorante a € 25 è troppo, che una bottiglia di vino blasonato a € 40 è eccessivo.
Alcuni grandi ristoranti stellati hanno creato il menù-giorno a € 30 tutto compreso; aziende vinicole sono corse ai ripari: in Bordeaux e Bourgogne sono partite per prima, anche in Italia si è constatato un certo ridimensionamento, nell'ordine del 20% all'origine, e ancor più al consumo fra il 20 e il 30%.

Credo che la crisi abbia aiutato, ma forse era necessario prendere atto che nel tempo certi prezzi non sono sostenibili. Almeno per beni non indispensabili, perchè i volumi calano vertiginosamente.
Due riflessioni reali a supporto che la crisi globale c'entra, ma che i componenti della formulazione del prezzo sono molti di più e assai diversificati.

Il mito Champagne ha perso il 30% degli ordini in sei mesi, ha ridotto i prezzi al consumo (dal 10 al 25%) e ha ridotto del 40% le rese in vigna con la vendemmia 2009, causa “l'ampiezza fuori norma degli stocks giacenti nelle Maisons”.

Il Prosecco Spumante made in Italy, ora Docg e Doc e solo nazionale, conferma invece i consumi nazionali del 2008 alle stesse cifre sugli scaffali e ha ancora visto crescere nei primi sei mesi del 2009 sia ordini, che spedizioni, che prezzi al consumo all'estero.

Ebbene: oggi il consumatore è soggettivo e privato, non si lascia guidare, ha scelto il suo vino, sa quale range di prezzo può affrontare, ama i prodotti facili e comprensibili, vuole il territorio e il marchio insieme, forse si accontenta di più delle imitazioni e dei falsi. Vuole essere soddisfatto senza grandi spese e il Prosecco spumante è anche attuale, moderno, a bassa gradazione alcolica, al prezzo giusto e facilmente reperibile ovunque, nel grande ristorante stellato come al supermercato.

Questa è la strada giusta, ma mutatis mutandae per territorio, tipologia, mercato, paese. Ovvero c'è bisogno di una forte conoscenza del marketing commerciale e dei bisogni del consumatore per saper prendere il treno giusto.

di Giampietro Comolli
Direttore del Forum Spumanti d'Italia
10 Ottobre 2009 TN 35 Anno 7

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