La strage di militari italiani in Afghanistan

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TUTTI A CASA? LA TENTAZIONE DA EVITARE

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FRATTINI: “LA MISSIONE VA CAMBIATA PER RECUPERARE LA FIDUCIA DEGLI AFGHANI”

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“VOGLIAMO RESTARE” E BERLUSCONI BLOCCA IL RIENTRO DEI SOLDATI

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domenica 20 settembre 2009

L'intervista al ministro della difesa Ignazio La Russa

«Nessuna ambiguità nella missione: non solo ricostruzione, ma lotta al terrorismo»

«Presto rientreranno fino a 1.200 militari dal Kosovo e dal Libano»

di Marco Nese

Il ministro Ignazio La Russa (Eidon)
ROMA — «Lo dico con chiarezza: i nostri soldati non sono in Afghanistan solo per aiutare a ricostruire il Paese. Sono lì per usare la forza giusta e combattere il terrorismo».
Ecco, ministro della Difesa Ignazio La Russa, chiarezza era proprio ciò che chiedeva Sergio Romano in un fondo apparso ieri sul «Corriere».
«Ho letto. Romano ha ragione nel dire che questa missione è stata avvolta nell'ambiguità. Lui centra in pieno il fatto che in Italia dopo la fine del fascismo e la sconfitta nella guerra si è sviluppata una confusa cultura della pace. Un pacifismo a senso unico, aggiungo io. Perché se l'Unione Sovietica invadeva i Paesi dell'Est i pacifisti tacevano. Detto questo, però, devo precisare che l'ambiguità è finita. Appartiene al passato».
Finita quando?
«Da quando io sono ministro della Difesa. Il mio predecessore Arturo Parisi, ottimo ministro, doveva necessariamente mantenere un tasso di ambiguità. Altrimenti la sinistra radicale del suo governo insorgeva. Col governo Berlusconi non c'è questo problema. E dal primo giorno io ho detto: inizia l'epoca della trasparenza».
Cosa intende per trasparenza?
«Dire agli italiani esattamente come stanno le cose. La nostra presenza sul territorio afghano non è limitata alla ricostruzione di strade e ospedali. Altrimenti avremmo mandato la Protezione civile. I militari non sono lì per fare i muratori. Sono un esercito che deve portare la pace, ma deve anche poter usare la forza giusta. L'ha fatto più volte. Anche durante il governo Prodi nell'Ovest del Paese, nella zona di Farah, i nostri soldati hanno sostenuto vari scontri armati. Il ministro Parisi non lo poteva dire. Non che nascondesse la realtà, ma quelle vere e proprie battaglie erano sottaciute. Siccome, però, parlavamo del fondo di Romano, c'è un punto che vorrei chiarire».
Di che si tratta?
«Si tratta della questione risorse. Romano dice che i bilanci della Forze armate sono al limite della sopravvivenza. Mi ha telefonato anche Tremonti per dirmi di spiegare bene come stanno le cose. In effetti pochi sanno che il bilancio delle Forze armate, cioè della Difesa, è un conto e i fondi per le missioni internazionali sono un'altra cosa».
Sono due bilanci separati?
«Proprio così. E mi vanto di aver fatto aumentare le risorse per le missioni internazionali. Durante il governo Prodi ammontavano a circa un miliardo di euro. Quest'anno, con un notevole incremento, saliranno a un miliardo e 450 milioni di euro».
Invece è vero che i fondi per la Difesa sono ridottissimi?
«Purtroppo la situazione è molto seria. Nel corso degli anni con vari tagli si è perso un miliardo di euro. Se continua così, l'anno prossimo non potremo reclutare nuovi soldati. Alcuni militari sono attualmente in ferma breve, vuol dire che alla fine del periodo di uno, due o quattro anni possono lasciare la divisa o decidere di rimanere. Due dei caduti a Kabul erano proprio in ferma breve. Ebbene, se i fondi non aumentano non potremo trasformare per tutti la ferma breve in ferma permanente». Dopo l'attentato in cui sono morti sei parà ci si è chiesto se le regole d'ingaggio sono adeguate.
«Le regole d'ingaggio sono già al massimo consentito dalla nostra Costituzione. In pratica i soldati possono fare tutto, tranne che compiere bombardamenti e sferrare attacchi per primi. Aggiungo, però, che in questo caso le regole d'ingaggio non c'entrano niente. Se un'auto imbottita di esplosivo ti piomba addosso, che difesa hai? Sono azioni terroristiche. E qui devo dire a chi ritiene che non c'è motivo di restare in Afghanistan che il motivo c'è ed è fondamentale. Stiamo lì per combattere il terrorismo, per tenere i terroristi bloccati e impedire che vengano a colpire nelle nostre città. Di questo i parà della Folgore sono convinti e lo sentono come un dovere morale verso la comunità italiana, anche se sanno di rischiare la vita».
Dei loro mezzi cosa dicono?
«Il veicolo Lince li ha salvati più volte. Lo chiamano San Lince. E' un mezzo straordinario. Tanto che lo hanno chiesto all'Iveco altri sette Paesi, fra cui l'Inghilterra».
Secondo un sondaggio il 56 per cento degli italiani vorrebbe il ritiro dall'Afghanistan.
«Ma io ho posto un'altra domanda: se i soldati rientrano e i terroristi si rafforzano, dobbiamo ugualmente farli tornare? Il 72 per cento ha detto no, devono restare».
Lei aveva promesso di far ritornare i militari dal Kosovo.
«Manterrò la promessa. Entro la fine dell'anno mille uomini torneranno a casa dal Kosovo. Lo stesso per il Libano. Rientreranno dai 400 ai 1200 militari, dipende se avremo ancora il comando della missione o no».

“Sono addolorato ma fiero del coraggio e della abnegazione dei nostri ’ragazzi’ e anche ammirato dalla dignità e dalla forza dei loro cuori.

Questa è l’Italia migliore da cui dobbiamo prendere esempio”. Lo ha scritto il premier Silvio Berlusconi nel libro d’onore posto davanti al sacrario dell’Esercito a Roma dove venerdì mattina si è recato accompagnato da Gianni Letta per portare la solidarietà dopo l’uccisione dei sei paracadutisti in Afghanistan.

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