BERLUSCONI E/O FINI?

Confesso di non dedicare più molto tempo alla quotidiana lettura dei giornali sul tema del presunto dissidio e sulle rivalità Fini-Berlusconi. Mi sembra infatti che ci sia un generale desiderio di montare qualsivoglia polemica politica pur di fare “audience” e quindi da tempo mi chiedo cosa ci sia di effettivamente di vero e quanto di falso (o almeno di “montato”) su troppe situazioni. Lo dico a ragion veduta: mi capita spesso di vivere direttamente occasioni, incontri, di ascoltare dichiarazioni e leggerne poi una interpretazione molto diversa il giorno dopo, spesso anche al di là delle evidenti volontà di chi parla. Mentre tutto si perde in bollicine dovremmo invece imparare a leggere i temi politici non in base alla piccola polemica di giornata, ma a vederne i possibili scenari a distanza, in una linea strategica meditata.

Ecco perché trovo che la polemica tra il Premier e il Presidente della Camera sia un po’ assurda ma che – soprattutto – sia profondamente sbagliato schierarsi a “pro” di uno contro l’altro. Ho sorriso quando “Il Giornale” mi ha indicato tra i “fedelissimi” di Fini (guardandosi bene dal chiedermi qualcosa, e già il fatto che ti assegnino opinioni senza neppure consultarti la dice lunga su certo disinvolto giornalismo) anche perché i lettori de IL PUNTO sanno che non sono mancate le mie critiche a Fini quando lo ritenevo necessario. Credo infatti che sia finito il tempo del “Il Duce ha sempre ragione” e – visto che tutti gli uomini di questo mondo ragionano e qualche volta sbagliano – mi rifiuto di affrontare i problemi con troppa superficialità. Non servono le “pagelle”: a volte una persona ha ragione ed altre volte può avere torto, almeno nei giudizi altrui. Io non ho condiviso la posizione di Fini su diversi argomenti negli ultimi anni: la sua posizione sul testamento biologico è diversa dalla mia, non gestirei il problema dell’immigrazione come l’intende lui, soprattutto mi era spiaciuto come avesse abdicato ad un suo ruolo di coscienza critica nel PDL che pur ha contribuito a formare e per il quale – pur con le cautele legate al suo ruolo di Presidente della Camera – ha il diritto/dovere di chiedere maggior dibattito interno. Allo stesso modo riconosco che Fini ha la capacità politica di affrontare temi spinosi con maggior approfondimento e rigore rispetto al Cavaliere, perché molto spesso i problemi vanno affrontati con più serietà d’intenti, gradualità e giustamente ponendosi problemi di contenuti e di metodo: i guai non si risolvono con una pacca sulla spalla.

Lo stesso mi sento di dire circa Berlusconi: ha avuto il merito storico di permettere alla destra di contare a tutti i livelli, ha avuto l’intuizione e la volontà di far nascere il PDL, ha dimostrato una grande capacità di governo in decine di situazioni difficili, dai rifiuti di Napoli al terremoto in Abruzzo, eppure spesso Berlusconi è vittima del proprio narcisismo. Saranno i posteri a dire chi sarà stato il miglior premier in Italia in 150 anni, ma di certo non deve essere lui a dirlo di sé stesso. Berlusconi è stato un grande imprenditore ed è un grande politico nel senso del fare, dell’operare, nel sintonizzarsi con i sentimenti della pubblica opinione, ma non ha per questo “sempre ragione”e non deve correre solo dietro ai sondaggi . Berlusconi sbaglia quando troppe volte riduce il dibattito politico e la discussione ad un monologo, oppure si circonda di persone di livello non eccelso tendendo a confondere fatti pubblici e comportamenti privati. E’ chiaro che contro di lui c’è stata una valanga ingiusta di ire medianiche, ma ha fatto poco per evitarle e certe sue dichiarazioni hanno spesso un tono di sfida o di provocazione magari umanamente giustificato, ma ideale per essere immediatamente raccolto da chi vuol far montare altre polemiche.

Ma allora ecco la sintesi che può nascere dal dibattito di questi giorni: non si può essere del “partito” di Fini contro il “partito” di Berlusconi e non solo perché sono/siamo tutti in un unico partito che è il PDL (scelta che trovo indiscutibilmente giusta), ma perché per far crescere questo movimento c’è un disperato bisogno di entrambi. Servono la solarità, l’entusiasmo, perfino le “gaffes” del Cavaliere così come il rigore pragmatico di Fini. Quando Gianfranco chiede più pluralismo, più dibattito interno, oppure posizioni differenziate nel PDL sui temi etici sostiene cose del tutto condivisibili perché proprio di questo c’è un grande bisogno, ma quando sostiene che per integrare gli stranieri occorre dare la cittadinanza agli extracomunitari (senza prima affrontare questo tema all’interno del suo movimento politico) credo che sbagli, anche perché acquisire la nazionalità è semmai un punto di arrivo, non di partenza. Altre questioni spinose sono le alleanze: credo (e spero) che il PDL debba avere buoni rapporti sia con la Lega che con l’UDC.

Capitolo Lega: a livello personale come sindaco di Verbania non posso che sottolineare, per esempio, come i miei assessori – tra i massimi rappresentanti locali della Lega – siano persone serie che lavorano bene e hanno un forte radicamento sul territorio: sono il volto operativo della Lega e li ringrazio così come noto il buon livello del gruppo LN alla Camera, ma ciò non mi impedisce di sostenere che certe “ricette” leghiste sono superficiali,umorali e che i problemi non si risolvono certo solo con gli slogan (anzi, con questi toni a volte aumentano le divisioni). Dobbiamo però prendere atto che la Lega interpreta nel profondo una larga fetta di elettorato cui comunque, come PDL, dobbiamo dare risposte pragmatiche, convincenti.

Al Nord il PDL deve interrogarsi di più su come difendere e fare propri principi come il federalismo fiscale e la lotta agli sprechi pubblici.

UDC: non mi piace quando fa l’altalena con il centro-sinistra al solo scopo di portare a casa posti di sottogoverno, ma cerchiamo di capire non solo che l’UDC può essere indispensabile per vincere le elezioni regionali, ma è anche portatore – almeno in linea teorica – di Valori che non possono essere trascurati.

PDL+ Lega+UDC: solo da una sintesi in positivo tra tutte queste forze può coagularsi una coalizione forte, che durerà nel tempo e che dovrebbe imparare a crescere unita.

Utopia? Può darsi, certo che è vero – guardando le cose in prospettiva – come Fini e Berlusconi abbiano due idee diverse della politica e non so tra loro quanto conciliabili. Per Berlusconi conta solo il carisma del leader e poco la struttura se non in tempo elettorale, per Fini (ma anche per Casini e la Lega) contano invece proprio quelle strutture politiche che nel “partito” hanno una loro logica storica. Ma sarebbe possibile l’opzione organizzativa “leggera” di Berlusconi se lui non fosse più sulla scena? Anche perché un problema di fondo resta aperto: i criteri di selezione della classe politica. I partiti erano una ideale piramide a crescere, dove chi saliva lo faceva passo passo lavorando e acquistando esperienze, ma anche dimostrando così le sue capacità. Berlusconi sembra invece oggi scegliere candidati in base a sensazioni, belle presenze, simpatia, comunicatività e conta poco la preparazione politica sottostante. E se spesso Berlusconi ha “fiuto” non sempre ce l’ha chi si ritrova nominato (quasi mai eletto) a governare in nome e per conto del Cavaliere in giro per l’Italia: il rischio di inciampare in persone discutibili si fa potenzialmente pesante e il PD non starà per sempre in catalessi…

Sono queste le tematiche importanti che vanno ben al di là dei pettegolezzi, dei gossip e delle sciocchezze e credo siano temi che ci accompagneranno per i prossimi anni. Ma ricordiamoci che PDL è indispensabile sia l’aspetto “pratico” di Berlusconi che la riflessione politica così come viene richiesta da Fini: è un dibattito a crescere, non un motivo di divisione.

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