Comunicato di Vincenzo Donvito, presidente Aduc
La presenza di persone immigrate nel territorio italiano (e non solo) e' una questione molto importante e delicata, perche' su di essa si devono fondare le politiche di organizzazione e sopravvivenza del genere umano. E per questo restiamo stupiti di quanto le Acli hanno detto in merito. Si tratta di un'associazione radicata e presente in materia, in modo fattivo e costruttivo, con proposte condivisibili come l'introduzione dello 'ius soli' (cittadinanza che si acquisisce per il solo fatto di essere nati in Italia), il dimezzamento dei tempi di residenza per la concessione della cittadinanza (da 10 a 5 anni) e il diritto di cittadinanza per i minori che, non nati in Italia, vi hanno comunque compiuto un ciclo completo di studi.
Ma restiamo basiti quando il presidente nazionale, Andrea Oliviero, in un'intervista fa sapere che il discrimine per la cittadinanza deve essere “parlare la lingua italiana, conoscere la cultura e le norme del nostro Paese, avere un reddito da lavoro e una residenza”. Vada per la residenza, ma se cosi' fosse per il resto, crediamo -senza esagerare- che almeno un terzo della popolazione italiana dovrebbe essere privata della cittadinanza. Una battuta? Si', ma potrebbe diventare realta' nel momento in cui si introducessero questi discrimini, visto che costituzionalmente tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.
Noi abbiamo maturato esperienza col servizio di informazione e consulenza che eroghiamo agli immigrati gia' da anni, e crediamo che davanti a noi abbiamo esseri umani che ci chiedono aiuto e, cosi' come abbiamo fatto noi italiani soprattutto nel secolo scorso, non possiamo imporre loro cio' che non viene imposto a chi e' gia' italiano, ma dobbiamo solo offrirgli l'opportunita' di convivere su questo territorio nel rispetto delle regole che ci diamo.
Qui il settore del sito Internet dove eroghiamo servizi di informazione e consulenza sui diritti degli immigrati: