Dal G8 al nucleare italiano, passando per lo scudo fiscale

Venerdì scorso si è concluso il G8 de L’Aquila. Al di là dei trionfalismi di Berlusconi, tutto preso dal compito arduo di far dimenticare al mondo i numerosi scandali che lo riguardano, il vertice tenutosi nella città devastata dal terremoto è caratterizzato da luci ed ombre.

Da un lato i principali leader mondiali hanno giustamente focalizzato l’attenzione sulla finanza come momento fondamentale della crisi economica in atto.

Infatti, si è conferito al Financial Stability Board presieduto da Mario Draghi il compito di concretizzare nei prossimi mesi alcune necessarie misure di regolazione dei mercati finanziari: la fissazione di criteri certi per valutare l’esposizione delle banche, nuove regole contabili, norme per verificare i “veicoli fuori bilancio”, ostacoli alle scorribande di Hedge fund e private equity.

Sono misure sacrosante, peccato che sembrino la chiusura di una stalla dopo che i buoi sono fuggiti. Viceversa, ancora si fanno attendere interventi decisi nella lotta ai cosiddetti “paradisi fiscali” e al superamento del segreto bancario. Si è rimasti fermi alle dichiarazioni di intenti del G20 di Londra, quando tutti i centri off-shore si erano formalmente impegnati ad adeguare le loro normative fiscali agli standard Ocse. Però, di fatto, ogni paese continua a procedere a modo proprio, tramite accordi bilaterali, senza che sia stato ancora partorito nessun divieto, nessuna sanzione, nessun limite per i tempi di regolarizzazione.

L’Italia, poi, va addirittura in direzione opposta rispetto agli intenti manifestati durante il vertice aquilano. Non è un mistero che Tremonti stia lavorando a un nuovo “scudo fiscale” che permetta una sanatoria su i capitali illecitamente collocati all’estero. Per chi aderisce, sarebbe prevista l’esclusione di punibilità per una nutrita serie di reati penali di carattere economico: dal falso in bilancio, alla bancarotta fraudolenta, dall'emissione di fatture false a tutti i reati tributari.

Questo provvedimento, contenuto in un emendamento al decreto anticrisi, è un fallimento conclamato dal punto di vista economico: già in passato produsse pochissimi introiti per lo Stato, che avrebbe invece potuto combattere in maniera repressiva il fenomeno dei fondi neri e dell’evasione. Inoltre, esso è anche un fallimento civile: è mai possibile che reati come questi vengano condonati e che si continui così a lanciare un nefasto messaggio di tolleranza verso fenomeni di questo genere? Ma torniamo al G8.

Degno di nota è l’impegno dei paesi ricchi a investire 20 miliardi di dollari in tre anni nei paesi più svantaggiati, soprattutto in Africa. Tuttavia, ancora una volta, queste dichiarazioni di intenti lasciano più di un’incertezza. Troppe volte l’Occidente ha promesso e poco ha mantenuto, spesso facendo più gli interessi delle multinazionali che dei popoli bisognosi di cooperazione allo sviluppo. Capitolo, quest’ultimo, decimato dalla prima finanziaria dell’attuale governo. Un'altra buona notizia a metà è l’impegno per la riduzione delle emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050. Tuttavia, ha ragione il Brasile quando lamenta che un accordo di questo genere, così lontano nei suoi obiettivi temporali e senza scaglioni intermedi, rischia di sembrare la solita promessa da disattendere.

Del resto, la Cina ha già affermato che l’accordo non è vincolante e la Russia ha ammesso candidamente che non riuscirà nell’impresa: non deve stupire che Ban Ki Moon, segretario delle Nazioni Unite, si dica “insoddisfatto”.

Nel frattempo, mentre tutti i paesi più avanzati del pianeta hanno spinto per programmare una riconversione in senso sostenibile e “verde” delle nostre economie (un piano del genere per l’Italia è stato presentato dal Partito Democratico), la maggioranza che governa il nostro paese ha invece rilanciato ufficialmente il nucleare con un voto al Senato della scorsa settimana. Insomma, il governo Berlusconi continua a predicare bene e razzolare male.

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