Per un socialismo democratico e liberale

On. Valdo Spini

Carlo Rosselli è il primo socialista italiano dichiaratamente post-marxista e il suo socialismo liberale rimane il punto di riferimento fondamentale di chi voglia mantenersi socialista nel XXI secolo. Carlo Rosselli dimostrò nella teoria e nella pratica come si può rimanere socialisti e rinnovare il socialismo in riferimento alle esperienze sia dottrinali che storiche del XX secolo, coniugandolo strettamente con la libertà. Non è senza significato che nell’Appello per la Costituente Socialista che personalmente ho firmato insieme a Boselli e Angius, l’unico personaggio esplicitamente citato era Carlo Rosselli. Gli elementi di grande attualità di Carlo Rosselli e del Socialismo liberale nello scenario politico di oggi sono tre. Il primo è quello etico: il socialismo liberale di Rosselli è un socialismo dei valori; il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, che si attua nelle “coscienze”. Il secondo è l’importanza del fattore istituzionale, e delle sue riforme, ai fini del pieno dispiegamento delle libertà e dell’effettiva realizzazione della sovranità popolare. Il terzo è il tema del necessario rapporto pubblico/privato nell’economia; per Giustizia e Libertà, era l’economia a due settori, oggi è il ruolo del pubblico in un’economia di mercato. Noi siamo socialisti, democratici e liberali. E’ questo ciò che contraddistingue il nascente Partito Socialista dal Partito democratico, ma dobbiamo interrogarci su come applicare nella società moderna il messaggio politico e ideale di Carlo Rosselli. Con il socialismo liberale si possono affrontare i problemi tipici del nostro tempo, cioè quelli di una società complessa e stratificata, immersa in una competizione globale. Questo è possibile solo se si parla di socialismo come di socialismo liberale, cioè di un “socialismo” come l’attuazione progressiva dell’idea di libertà e di uguaglianza tra gli uomini. Oggi si vorrebbe cancellare la parola “socialista” a favore di quella “democratica”. La parola democratico (usata come sostantivo, non come aggettivo in quanto condivisibile, in questa accezione, da tutti) è una parola nobilissima, ma rappresenta più una scelta sulle regole che devono improntare la dinamica politica e sociale che un’idea e un obiettivo di fondo. Nella parola socialista c’è qualcosa di più: vi sono in essa le ragioni della sinistra che vivono in un’idea di sviluppo che contiene dentro se stesso, i meccanismi di regolazione per impedire alle disuguaglianze di diventare insostenibili socialmente, per garantire a tutti l’uguaglianza delle posizioni di partenza nell’istruzione, per assicurare pari opportunità uomo-donna, per impedire la distruzione dell’ambiente. “Il socialismo- afferma Rosselli- deve essere l’alfiere della classe oppressa”. Si tratta pertanto di riscoprire , con i valori dei Rosselli, i valori del socialismo europeo. Ha ragione Massimo Salvadori quando nota che lo stesso pensiero di Rosselli, il suo socialismo liberale, non si è mai incarnato pienamente in un partito nemmeno nello stesso Partito d’Azione. Si dice anche- e giustamente- che l’Italia finora non ha avuto un Partito socialista della forza quantitativa e qualitativa degli altri Paesi europei. Ma vi è una domanda da porsi: finora ci abbiamo veramente provato con chiarezza, senza ambiguità, dando le necessarie battaglie politiche, pagando i relativi prezzi di innovamento, ma anche riscuotendo i frutti della coerenza? La risposta è no. E’ per questo che il nascente Partito Socialista deve tentarci. Se il nostro impegno sarà per un Partito del socialismo democratico e liberale europeo, riformista, laico e progressista, con la sua specificità e il suo chiaro riferimento interno, europeo ed internazionale, allora si potrà vincere la sfida, rinnovare la politica, sollevare un nuovo interesse nei cittadini. Si sente la necessità di volare più alto e nello stesso tempo di assumere il messaggio etico del socialismo liberale. Tipico è quanto sta avvenendo intorno alla legge finanziaria. Tutti discutono di quanto tocca ad ognuno, il che naturalmente è particolarmente giusto per gli interessi dei più deboli. Pochissima attenzione, però, viene dedicata al quadro macroeconomico di fondo e alle sue previsioni di crescita. Queste ultime sono state limate dal Fondo Monetario Internazionale, rispettivamente a +1.7% per il 2007 e +1.3% per il 2008, il che significa la rinuncia a riacchiappare il plotone di testa delle economie europee e una minore capacità redistributiva dal punto di vista sociale. Ce ne sarebbe abbastanza per aprire un grande dibattito dedicato all’analisi dell’esistenza o meno di vie e di percorsi che possano farci uscire da questa situazione. Sarebbe augurabile che all’insegna del socialismo liberale, si potesse prendere questa iniziativa.(Laici.it)

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