“Senza un'idea del futuro anche la nostra esistenza perde di significato, frantumata in un mosaico di piccole follie…”
Vittorino Andreoli
di Laura Tussi
La denegazione e l’idealizzazione fusionale dell’Altro.
La schizofrenia è una patologia estremamente complessa.[1]
Da un punto di vista psicanalitico è da considerarsi una malattia reattiva, vale a dire derivata da forti traumi in età neonatale ed infantile.
La schizofrenia è anche una patologia organica, in quanto deriverebbe da una predisposizione biologica ed ereditaria, usando il condizionale perché il cervello è ancora avvolto nel mistero della ricerca medica, sempre meno incentivata e sovvenzionata attualmente, soprattutto in Italia.[2]
Alla base di un disturbo di tipo psicotico, come la schizofrenia, appunto, si pone la relazione dell'individuo con il reale, che per gli schizofrenici è, al contempo, il più grande nemico e l'elemento d'amore necessario alla propria esistenza.
I processi psicanalitici si basano sulla conoscenza dello sviluppo psichico in età infantile, per cui i problemi che si manifestano nell'esistenza, sono conseguenza di traumi subiti o meccanismi irrisolti, in una regressione ad uno stadio infantile.
La schizofrenia può essere definita, appunto, una regressione ad una fase infantile, in cui il super io si determina come psicotico.
Negli schizofrenici la sensazione di vivere separati da tutto il resto del mondo è una condizione frequente e dipende dalle circostanze e dalla pervasività della parte psicotica rispetto a quella sana. La realtà degli eventi si nasconde spesso dietro ad una facciata che mette lo schizofrenico nella posizione e condizione di rimanere solo, diventando, narcisisticamente, il centro di un mondo che egli crea con costante tenacia e in cui, suo malgrado, occupa un posto di rilievo.
Gli schizofrenici sono rinchiusi in un mondo talmente soffocante che arrivano a provare disinteresse per tutto quanto li circonda, occupando tutte le loro energie nello sforzo di non perdersi, in un conflitto infinito, continuo, ciclico e vorticante.
La catastrofe che gli schizofrenici tentano di evitare è la perdita di se stessi.
Le allucinazioni non sono il disturbo alla base della psicosi, ma una specie di condensazione attraverso cui l’io riesce a dare corpo ad una parte delle energie psichiche e libere che lo attaccano. Alla base della schizofrenia è un disastroso rapporto con la realtà, generato anche dall'elaborazione incorretta di stadi remoti dello sviluppo psichico, nella manifestazione di una patologia che risulta un sistema difensivo alienato e incomprensibile.
Vivere in ondate di panico di variabile frequenza e durata, in pene e torture inesprimibili, vivere senza averne un motivo, vivere senza essere…
La schizofrenia è un forte sistema di difesa che nasce da un conflitto, producendo stratagemmi per aggirarlo.
Il conflitto è normalmente interno e scaturisce tra le regole dell’io inconciliabili con le pulsioni dell'es, ma negli psicotici esso viene disinteriorizzato e deriva cioè dall'incompatibilità tra io e realtà esterna.
La follia sarebbe quindi una strategia atta ad evitare un brutale conflitto con una realtà inaccettabile, dove denegare significa assumere un dato, ma senza accettarlo.
Searles descrive, tra il 1956 del 1965, i meccanismi basilari che utilizzano gli psicotici per ingenerare paradossi nell'altro, come scatenare eccitazione sessuale per poi negarla altrettanto subitaneamente, impegnare l'interlocutore su registri interpersonali incompatibili, in cambiamenti repentini dell'umore e dell'affettività.
La modalità con cui lo psicotico riesce a mantenere la natura fusionale della sua relazione con l'altro è strumento di rimozione del panico e dell'angoscia.
Lo schizofrenico attua una strategia di onnipotenza narcisistica per evitare la frustrazione conflittuale, per cui l'oggetto in seno al quale nasce questo conflitto viene svuotato, reso inutile, fagocitato, isolato e posseduto con esclusività.
L'oggetto, l'altro da sé, può divenire così il nemico più temibile in quanto esistente, in quanto incombente e minaccioso, tanto da risucchiare il soggetto al suo interno, nel momento in cui provoca una frustrazione.
Il solo fatto di poter provare un'attrazione irresistibile, un amore viscerale e perverso, verso ciò che può decretare la perdita di se stessi, risulta causa scatenante dell'odio difensivo più acerrimo. L'oggetto è dunque rifiutato, ma è anche indispensabile per l'esistenza psichica, dal momento che prendendo questo oggetto reale, in maniera perversa, lo schizofrenico pretende di avere influenza su tutto il suo agire.
Uno psicotico ha necessità di negare l'autonomia dell'oggetto reale, fino a livelli di fusione con lo stesso, perché una eventuale incongruenza frustrante dimostrerebbe l'impossibilità di poter esistere nel mondo che egli ha sempre creato.
Dunque l'unico modo che si prospetti, nella patologia psicotica, di contrastare la pericolosa attrazione verso l'oggetto reale è l'imposizione di una relazione di seduzione narcisistica, che, a livello psichico e psicogenetico, nello sviluppo psichico del bambino, si riferisce alla fascinazione reciproca nella relazione precoce con la madre e con il padre.
Negli schizofrenici la paradossalità si fonda sull'esistenza di ciò che implica una realtà psichica tra soggetto, oggetto e relazione tra i due.
Il paradosso dimostra che un oggetto reale esiste poiché è capace di lasciare uno spazio vuoto.
Una persona è importante proprio nel momento in cui questa viene a mancare, mentre agli schizofrenici questo meccanismo serve per dimostrare che tale persona esiste.
Essi sentono già la mancanza di colui che vive con loro, così è sicuro che ci sia sempre.
Lo schizofrenico non sopporta l'assenza e la separazione e il suo immaginare l'assenza gli crea una forte angoscia e un profondo sentimento di disperazione acuta.
Per lo schizofrenico la critica e la frustrazione vengono vissute come un attacco totale e radicale, non soltanto alla prestazione particolare, ma all'intero funzionamento del soggetto, che presenta una estrema fragilità e precarietà del senso d'identità nella continua esigenza di conferme, dimostrando un'estrema vulnerabilità alla frustrazione, che può far cadere il soggetto in un baratro di angoscia e in acuti scompensi psichici.
La ricerca della grandiosità attraverso la fusione con un oggetto idealizzato può raggiungere un culmine oltre il quale l'oggetto da idealizzato diviene persecutorio e temibile.
Quindi la paranoia ha una sua iniziale seduzione che è data dalla piacevolezza della grandiosità che si può tramutare in un baratro ostile di angoscia e disperazione.
In condizioni di benessere, lo schizofrenico sente amore per l'altro da sé, per il pari, in un tipo di relazione di scambio paritario, a volte molto creativa e produttiva.
Quando lo psicotico riceve critiche e osservazioni che risuonano soggettivamente frustranti, avverte un attacco alla personale identità, sentendo un senso di frammentazione identitaria interiore e personale che lo fa precipitare in un baratro di angoscia e disperazione acute, a cui tenta di reagire con la ricerca della fusione affettiva e sessuale con figure idealizzate e di riferimento.
In tali condizioni il rapporto con un pari perde di valore, mentre la fusione con un oggetto idealizzato compensa e appaga la svalutazione e la frammentazione identitarie.
Le relazioni che viviamo quotidianamente possono ingenerare reazioni di tipo schizofrenico, quando l'altro si pone in atteggiamenti sconfessanti e atteggiamenti frustranti nei confronti del soggetto.
Il dialogo maturo presuppone l'accoglienza dell'altro, il reciproco riconoscimento e l'interscambio costruttivo di idee, opinioni e punti di vista rispetto agli eventi della realtà.
Accogliere l'altro da sé, presuppone un atteggiamento di dialogo costruttivo che riconosca le diversità e le molteplici e di implicite differenze dell'alterità, dove non occorre dimenticare e denegare in modalità schizofreniche il rifiuto, l'assenza la negazione che l'altro esercita sul soggetto, ma riconoscere le reciproche scelte e posizioni relazionali.
Laura Tussi
[1] Racamier P.C., Gli schizofrenici, Cortina Raffaello, 1983
[2] Con il contributo di Orlandini A., Prefazione a “Violazioni del setting”, Raffaello Cortina, 1999