Narducci (PD): Decreto Stalking: “Il governo fa pura propaganda senza affrontare i problemi in maniera sistematica”

“Siamo preoccupati e contrari alle norme contenute nella seconda parte dell’articolo 6 del Decreto in discussione, le famigerate ronde; preoccupazioni emerse per altro con forza negli incontri con parlamentari europei che si sono avuti in alcune commissioni del nostro Parlamento” per poi affermare che “questo decreto del Governo è destinato a generare ulteriore confusione sul piano normativo, anziché semplificare il processo di legificazione, e in alcune parti sembra che l’obiettivo siano anzitutto gli immigrati”. lo ha affermato l’on. Franco Narducci intervenendo oggi in Parlamento durante l’esame in Aula del decreto contro la violenza sessuale e gli atti persecutori.
Il deputato, poi, ha proseguito sottolineando che “si approfitta dello stalking per modificare le norme sui rimpatri degli immigrati extra-UE aumentando la durata del periodo di trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE)”.
“Il Governo – ha incalzato Narducci – non perde occasione per fare pura propaganda. Non si affrontano invece i problemi in maniera sistematica”.
“La prevenzione – ha continuato Narducci – si esercita anche e meglio costruendo una città a dimensione umana, capace di accogliere ed includere nel rispetto delle differenze, si esercita con l’ascolto e la vicinanza delle istituzioni e della comunità e per questo abbiamo proposto soluzioni emendative (al decreto), lo abbiamo fatto per cercare di riportare i termini della questione al giusto posto, per allontanare lo stato di paura di ogni cittadino e di ogni ospite del nostro Paese”.
Infine l’on. Narducci ha concluso affermando “c’è stato un tempo nella nostra storia in cui ronde di cittadini impazziti – a New Orleans, a Aigues-Mortes – impiccarono o massacrarono a bastonate i nostri connazionali al grido di “Morte agli italiani”. La storia ci ha detto, a distanza di tempo, che erano poveri cristi innocenti. Ne dovremmo trarre una salutare lezione”.

Conversione in legge del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.

Signor Presidente,

i fatti criminosi che accadono nel nostro Paese scatenano emozioni spesso incontrollate, soprattutto quando vedono coinvolti cittadini stranieri venuti nel nostro Paese per svolgere un lavoro e trovare una dignitosa condizione di vita. Il ruolo della stampa in tali vicende è spesso devastante e in nessuno dei Paesi che annoveriamo tra i nostri partner preminenti i processi si fanno in televisione come accade in Italia.

Il provvedimento in esame, che affronta la spinosa questione dello stalking e della violenza sessuale e le azioni necessarie per una efficace prevenzione e repressione di tali reati, risente, a nostro avviso, del condizionamento testé descritto. Lo diciamo con forza, con decisione: il sistema di sicurezza del nostro Paese sta a cuore a tutti e nel partito democratico è tema di ampia riflessione. Siamo però altresì convinti che lo Stato di diritto non possa affidare a privati cittadini e volenterosi, in forma organizzata, ciò che compete esclusivamente alle forze dell’ordine, ai vigili, ai carabinieri e alle guardie di pubblica sicurezza. Forze dell’ordine a cui occorre dare più risorse anziché tagliare ciò che avevano, già largamente inferiore rispetto a quanto spendono i Governi dei principali Paesi dell’Unione Europea, anziché aggiungere qualcosa, come si fa con questo provvedimento, per attenuare l’effetto dei danni prodotti a monte.

Siamo preoccupati e contrari, Signor Presidente, alle norme contenute nella seconda parte dell’articolo 6 del Decreto in discussione, le famigerate ronde; preoccupazioni emerse per altro con forza negli incontri con parlamentari europei che si sono avuti in alcune commissioni del nostro Parlamento. E sono di segno negativo anche le valutazioni emerse nei commenti dei principali media europei. I privati cittadini, al pari di quanto avviene in Germania, in Svizzera e nei Paesi nordici in generale, hanno il dovere civico di segnalare alle forze dell’ordine, con spirito cooperativo, le violazioni alla legge e i soprusi di cui sono testimoni, ma pare scontato sottolineare che una simile cultura deve essere promossa, alimentata e aiutata a crescere.

Questo decreto del Governo è destinato a generare ulteriore confusione sul piano normativo, anziché semplificare il processo di legificazione, e in alcune parti sembra che l’obiettivo siano anzitutto gli immigrati, come se gli altri cittadini fossero immuni dai reati di violenza sessuale. E come se non bastasse ecco che si aggiungono due emendamenti del Governo stesso sulle sedi giudiziarie disagiate che poco hanno a che fare con gli argomenti in questione.

Si approfitta dello stalking per modificare le norme sui rimpatri degli immigrati extra-UE aumentando la durata del periodo di trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE). L’estensione da 60 a 180 giorni del periodo di trattenimento nei CIE introduce una evidente discriminazione tra immigrati poiché stabilisce che la durata della ferma può essere collegata alla celerità della risposta burocratica dei paesi di origine. In questo caso si lede il diritto individuale a non essere trattati in modo diverso per il solo fatto di appartenere ad un determinato gruppo, in questo caso di origine nazionale. Così ci avviamo sulla strada della creazione di minoranze nelle minoranze altro che integrazione!

Il Governo non perde occasione per procedere a colpi di decreti, ma decreti confusi, dove vengono affrontati pezzi di problemi, al solo scopo di creare occasioni di pura propaganda. Non si affrontano invece i problemi in maniera sistematica quando avremmo bisogno di una riforma organica dell’intero sistema di allontanamento dello straniero intervenendo anche sullo strumento della detenzione amministrativa, permettendo al nostro Paese di allinearsi alle norme pattizie internazionali vincolanti come la “Convenzione europea dei diritti dell’uomo” dove all’art. 5 si consente la privazione della libertà individuale “se si tratta dell’arresto o della detenzione legittima di una persona per impedirle di entrare nel territorio clandestinamente o contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o estradizione”.

In quest’Aula, purtroppo, non è possibile discutere pacatamente e tracciare percorsi condivisi di riforma; ne abbiamo avuto prova poco fa quando le richieste dell’opposizione di ricollocare parti di questo decreto in un disegno di legge vertente specificatamente sul tema della sicurezza sono state respinte senza una attenta valutazione di merito.

Ma il Governo preferisce estendere il periodo di trattenimento nei CIE lasciando prefigurare un trend di azioni tese a combattere l’immigrazione irregolare con la radicalizzazione dell’aspetto sanzionatorio ed attuando un restringimento delle libertà fondamentali. Questa tendenza palesemente e caparbiamente mostrata dal Governo è in forte dissonanza sia con le analisi di autorevoli osservatori, tra cui la Commissione De Mistura, sia con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale sull’uso bilanciato dello strumento penale. Invece la forte pressione migratoria, manifestatasi anche recentemente, dovrebbe far riflettere sull’utilizzo di opportuni dispositivi normativi che possano servire a prevenire l’immigrazione clandestina come il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro.

Onorevoli colleghi! Purtroppo l’attività del governo è tutta tesa a realizzare una società basata sulla paura, sul sospetto del diverso di fronte alla domanda di sicurezza che proviene dalla società. Sarà forse perché intende attuare il vecchio detto che afferma che chi riesce a controllare la paura degli altri diventa padrone anche della loro dimensione interiore? E allora si risponde organizzando le ronde dimentichi che l’ordine pubblico, riassumendo al suo interno i valori fondamentali dell'organizzazione politica ed economica della società, è l'ordine costituzionale.

Ma se questa è la cultura della maggioranza e vuole a tutti i costi “le ronde”, sostenendo la tesi della “partecipazione democratica” dei cittadini per assicurare sicurezza, allora bisognerebbe almeno provare a correggere il tiro nel senso di rendere effettiva tale “democraticità”, assicurando equilibrio degli interventi dei cittadini ed assenza di pregiudizi, razziali o di altra natura.

Vista la volontà e la determinazione della maggioranza di portare avanti questo decreto mantenendo le previste ronde, almeno si tenga conto delle eccezioni sollevate dal CSM riguardanti dubbi di natura costituzionale. Ma se i volontari ci sono sarebbe meglio esercitassero il loro protagonismo civico presso adeguati centri di ascolto e assistenza socio-psicologica, come propone l’on. Turco con l’emendamento all’articolo 12.

Il Partito Democratico nei suoi emendamenti ha tenuto conto delle persone,delle vittime dello stalking, nonostante la vostra insistenza nel voler risolvere ogni problema con provvedimenti di dubbia costituzionalità. Invece bisognerebbe aiutare le forze dell’ordine a svolgere bene il loro compito di prevenzione con adeguati finanziamenti.

La prevenzione si esercita anche e meglio costruendo una città a dimensione umana, capace di accogliere ed includere nel rispetto delle differenze, si esercita con l’ascolto e la vicinanza delle istituzioni e della comunità e per questo abbiamo proposto soluzioni emendative, lo abbiamo fatto per cercare di riportare i termini della questione al giusto posto, per allontanare lo stato di paura di ogni cittadino e di ogni ospite del nostro Paese.

Signor Presidente, c’è stato un tempo nella nostra storia in cui ronde di cittadini impazziti – a New Orleans, a Aigues-Mortes – impiccarono o massacrarono a bastonate i nostri connazionali al grido di “Morte agli italiani”. La storia ci ha detto, a distanza di tempo, che erano poveri cristi innocenti. Ne dovremmo trarre una salutare lezione.

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