“II crocifisso non genera nessuna discriminazione. È muto e silenzioso“ (Natalia Ginzburg – L’Unità 22 marzo 1988 ). A me una volta è sembrato che parlasse, il crocifisso, che facesse ad un dipresso questo discorso: “Figli miei carissimi, vi stupirete, ma a me non fa per niente piacere stare nelle aule scolastiche. I ragazzi neppure si accorgono della mia presenza, e spesso dicono parole scurrili, si offendono a vicenda, e non di rado alle mie orecchie giungono bestemmie, alle volte inconsapevoli, ma pur sempre pungenti come spine. Io sto bene nel mio tempio, specialmente quando non c'è messa, e c'è poca luce, e silenzio, e poche persone che pregano col cuore. Una cosa però voglio raccomandarvi: quando portate nelle chiese i vostri bimbetti, fate che non posino lo sguardo su di me, giacché un povero cristo in croce, con quegli aculei conficcati nel capo, e i chiodi nelle mani e nei piedi, e il sangue che sembra vero, può recare turbamento ai piccoli innocenti. Voi ci avete fatto l'abitudine, purtroppo, e non ve ne rendete conto. Ma ditemi: chi di voi terrebbe in casa, appesa alla parete, l'immagine di una persona cara suppliziata ed uccisa, ritratta nei momenti terribili dell'agonia e della morte? Assai lontano da voi è il pensiero che io avrei preferito essere ricordato nel momento più bello e commovente della mia vita fra gli uomini, quando ad Emmaus due cari discepoli mi riconobbero allo spezzare del pane. Questo avrebbe dovuto essere il simbolo della mia religione, il pane spezzato e distribuito, e non l'atroce momento dell'agonia. Avete dimenticato, figli carissimi, che dopo il buio del venerdì, è venuta la luce della domenica”.
Renato Pierri