LA GIORNATA DEI MALATI: ma che colpa abbiamo noi?

“La vita umana è bella… Anche se avvolta dal mistero della sofferenza”-
Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata Mondiale del Malato, 8 febbraio 2009
MA CHE COLPA ABBIAMO NOI?
Quanto vado riportando è il frutto del saccheggio di emozioni e azioni che avvennero più di 40 anni fà, ero una ragazzina allora e ascoltavo ballando la musica. Anche oggi ascoltiamo musica celestiale o dura e ci fanno ballare e si festeggia un altra Giornata, quella dei malati .

Era il 1967 e in un altro Festival della Giornate Musicali Italiane, partito tradizionalmente, esplosero tutte le piccole grandi contraddizioni borghesi che annunciavano il ‘68. Lucio Dalla propose con The Rokes “Bisogna saper perdere“ e in poche parole dovevamo capire che non sempre si può vincere, sia pure in una storia sentimentale. Jimmy Fontana fu autore ed interprete della “Nasce una vita” che aveva per tema le sensazioni di un padre nel momento in cui un figlio sta per nascere: era lontana la 194 ma non Londra dove si andava ad abortire. Marianne Faithfull, pupilla di Mike Jagger dei Rolling Stones presentò una canzone pacifista “C’è chi spera”: e i pacifisti cominciarono a sperare e non la smisero più. Lucio Battisti fu autore del brano “Non prego per me” proposto da Mino Reitano si continuava a pregare “per un mondo più buono” e Luigi Tenco fu autore ed inteprete di “Ciao amore ciao”, cantata da Dalida che con lui intratteneva una relazione. Fu trovato morto nella sua stanza d’hotel. “Le circostanze sono misteriose. Le indagini chiuse frettolosamente. Dalida è la prima a trovarlo morto. In suo aiuto accorre Lucio Dalla mentre Wilma Goich corre in sala stampa a dare la notizia. Non so che relazione ha questa morte con il Festival. Si parla di un biglietto scritto dal cantautore, che al Festival propone certamente una delle sue peggiori composizioni, che spiega la motivazione di tale gesto, attribuendo al pubblico un certo tipo di disattenzione verso il suo percorso artistico d’autore e contro le giurie che bocciano la sua canzone per far accedere alla finale “Io tu e le rose” un brano di stampo melodico proposto dalla brava Orietta Berti contro la Commissione di esperti che ripesca “La rivoluzione” di Gianni Pettenati e Gene Pitney prossimo alle nozze e “Pietre” una canzone di protesta scritta da Gian Pierett i e proposta dall’ironico cantante francese Antoine. C’è però chi sostiene che la grafia su questo biglietto non è di Tenco che assume dei farmaci e canta malissimo sul palco come sostiene il Maestro Reverberi che dirige l’orchestra nell’esecuzione del suo brano. Si pensa dunque ad una sospensione di questo festival, ma poi non se ne fa nulla per i soliti interessi discografici…Vinse “Non pensare a me” proposta dal Claudio Villa e Iva Zanicchi. Al secondo posto Les Surfs con la debuttante Annarita Spinaci propongono la swingante “Quando dico che ti amo” composta da Tony Renis. Terza classificata “Proposta” una canzone pacifista eseguita dai Giganti”.
Strano…ho attinto da un sito storico per Sanremo, la storia di questa anteprimavera Festival ‘67 e non appare Giorgio Gaber con la sua E ALLORA DAI! eppure entrata in finale…
“QUESTA, È UNA CANZONE DI PROTESTA, CHE NON PROTESTA CONTRO NESSUNO, ANZI, SIAMO TUTTI D’ACCORDO!”
E comincia la storia del signor G, forse malato anche lui: “Com’è corretta l’ideologia Com’è ignorante la simpatia Io purtroppo non riesco a istruire il mio tatto Non riesco a politicizzare l’olfatto Ci ho il corpo stupido Le cose buone non fanno epidemia- è un fatto biologico- L’intelligenza non si attacca- La scarlattina sì- Le persone che si aggregano hanno incorporato un distillatore che elimina via tutto il buono e lascia passare la merda pura. Ma come, con tutta la libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?Ma questa è un’astrazione È un’idea di chi appartiene A una razza in estinzione.Oppure sono io che non capisco più un cazzo. Devo fare per forza il pagliaccio, devo solo fare divertire, suona chitarra, falli divertire, non farli mai pensare. Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione.Cerco un gesto, un gesto naturale. Per essere sicuro che questo corpo è mio e me ne importa poi tanto di queste cose? Io se fossi Dio
naturalmente io chiuderei la bocca a tanta gente nel regno dei cieli non vorrei ministri né gente di partito tra le palle perché la politica è schifosa e fa male alla pelle. E tutti quelli che fanno questo gioco che poi è un gioco di forza ributtante e contagioso come la lebbra e il tifo
e tutti quelli che fanno questo gioco c’hanno certe facce che a vederle fanno schifo che sian untuosi democristiani o grigi compagni del Pci.
Son nati proprio brutti o perlomeno tutti finiscono così. Io se fossi Dio dall’alto del mio trono vedrei che la politica è un mestiere come un altro e vorrei dire, mi pare Platone che il politico è sempre meno filosofo e sempre più coglione. È un uomo a tutto tondo che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo che scivola sulle parole anche quando non sembra o non lo vuole. Certe volte mi chiedo perché non me ne resto più tranquillo, perché non mi metto a scrivere cosette rasserenanti, magari gioiose. Poi mi guardo intorno, vedo che ci stiamo tutti abituando al grigiore, alla piattezza, alla rassegnazione, e mi accorgo che il mio compito, il mio lavoro, è quello di dire le cose che gli altri non dicono. Le cose che voi giornalisti non avete più il coraggio di scrivere. Vorrei sapere, per esempio, perché fino a qualche anno fa si poteva parlare liberamente di Moro, dicendo che anche lui è responsabile del disastro in cui ci troviamo, mentre oggi non si può più. La retorica ufficiale, la pietà istituzionale, ci impediscono di avere reazioni spontanee, umane. Anche di provare pena, dolore (…). Cercheremo di spiegare che questa voglia di Dio è soprattutto una voglia di avere una spinta, un desiderio morale. Voglia di credere, voglia di esistere. Non ci interessa collocarci al di là del bene e del male, come quei nostri amici che ascoltando “Io se fossi Dio” ci chiedevano: ma chi ve lo fa fare? Perché prendersela tanto? Loro pensano che non sia il caso di indignarsi. Che va bene tutto. E invece no: va bene un cazzo. Se non si lotta per cercare una ragione, per inseguire la chiarezza, tanto vale crepare. Anch’io mi diverto molto a giocare a palla. Ma per due ore al giorno, non per dodici.
E ALLORA DAI! “Tu m’insegni quanto vale incontrare un vero amico, un amico è un tesoro dice quel proverbio antico;
ed ognuno l’ha provato quando solo si è trovato: la parola di un amico ti può dar quel che non hai. E allora dài, e allora dài,
le cose giuste tu le sai! E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai! Il denaro non è tutto! È una frase che si dice,
nella vita c’è ben altro che può renderti felice. E lo dicon tutti spesso, ricchi o poveri è lo stesso, il denaro non guarisce e non dà felicità! E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai! E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai! Ogni uomo è uguale a un altro Quando viene dalle stelle: non importa la sua lingua o il colore della pelle; lo diceva anche il vangelo
già duemila anni fa, finalmente siam d’accordo, questa si che è civiltà! E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai!
E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai! Tu m’insegni che la guerra oggi non si può più fare, che le bombe ed i cannoni sono cose da evitare, lo si scrive sui giornali, siamo tutti solidali, che la pace in tutto il mondo salverà l’umanità. E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai! E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai! E allora dài, e allora dài,
le cose giuste tu le sai! E allora dài, e allora dài, le cose giuste tu le sai!”
E di citazione in citazione si può arrivare a Fabrizio De Andrè:“Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d’arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l’esuberanza creativa. “
Si d’accordo è un parlare in musica , da popolo di santi, navigatori e poeti e anche ritardatari, oggi nella giornata dedicata ai “Malati”. Forse siamo un po’ tutte queste cose insieme, se ci ritroviamo a leggere e scrivere di libertà, accettando Musiche e Bande che di nuovo non hanno e offrono niente se non il carcere per l’esuberanza creativa.
Come diceva un vero Maestro: “Non è mai troppo tardi”. Anche per i malati, guarire.

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