ABORTO, PROSEGUE L’INDAGINE “MAI DATI” SU OBIEZIONE DI COSCIENZA: ORA SONO ALMENO 22 GLI OSPEDALI CON IL 100% DI OBIETTORI.
FILOMENA GALLO (ASS.COSCIONI): “IL MINISTRO SPERANZA INVII ISPETTORI E IL PARLAMENTO NOMINI COMMISSIONE D’INCHIESTA”
I nuovi dati della ricerca condotta per l’Associazione Luca Coscioni da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista. QUI le mappe
- In 22 ospedali e 4 consultori almeno una categoria tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS è obiettore al 100%
- 72 ospedali con personale obiettore tra l’80 e il 100%
- 18 ospedali con il 100% di ginecologi obiettori
In Italia ci sono almeno 22 ospedali in cui almeno una categoria tra medici ginecologi, anestesisti, personale infermieristico e OSS) è obiettore di coscienza al 100%. È il dato principale che emerge dai dati aggiornati dell’indagine “Mai dati!” curata da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista e resa nota con l’Associazione Luca Coscioni. QUI le mappe dettagliate per strutture e 4 regioni * (vedi Nota).
Sono 72 gli ospedali con personale obiettore tra l’80 e il 100% e 18 quelli con il 100% di ginecologi obiettori. 4 invece i consultori con il 100% di personale obiettore. Le regioni in cui c’è almeno un ospedale con il 100% di obiettori sono: Abruzzo, Veneto, Umbria, Basilicata, Campania, Liguria, Lombardia, Puglia, Piemonte, Marche, Toscana.
Si tratta di dati che non compaiono nella Relazione sulla legge 194/78 del Ministero della Salute, che, aggregando i dati per Regione, di fatto non rende pubbliche le percentuali di obiettori delle singole strutture.
“La legge 194 del 1978 prevede che ‘gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza – ”, ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni -. Chiediamo al Ministro della salute l’invio di ispettori presso le strutture con il 100% degli operatori obiettori di coscienza e le Regioni per sapere: com’è garantito l’espletamento delle procedure di IVG; in che modo le Regioni ne garantiscono l’attuazione; quali sono le misure messe in campo, quali le criticità di applicazione e i costi dell’obiezione. Chiediamo inoltre che sia istituita una commissione di inchiesta parlamentare per chiarire le criticità nell’applicazione della 194 e verificare eventuali interruzioni dell’espletamento del servizio. Chiediamo anche che la Relazione al Parlamento sia inviata entro febbraio con i dati dell’anno precedente, perché non si comprende in base a quale norma speciale quando vi sono adempimenti di legge il Ministero reputi di essere esonerato dal rispetto degli stessi violandoli come consuetudine invece di dare l’esempio nel rispetto della legge”.
“I dati aperti non sono una concessione ma un nostro diritto”, hanno dichiarato Chiara Lalli e Sonia Montegiove. “Tutti i dati devono essere aperti, pubblici, aggiornati e per singola struttura. Chiediamo al Ministero di aprire i dati e di proseguire nella raccolta. Chiediamo alle Regioni di fare la stessa cosa e di uniformare le modalità di presentazione dei dati. Solo se i dati sono aperti hanno davvero un significato e permettono alle donne di scegliere in quale ospedale andare, sapendo prima qual è la percentuale di obiettori nella struttura scelta. Il nostro lavoro continua, e pubblicheremo tutti i dati dati raccolti e alcuni approfondimenti (sull’aborto farmacologico, sulla mobilità sanitaria e sulla formazione degli operatori sanitari), così come la valutazione delle eventuali azioni legali nei confronti delle strutture ospedaliere e delle ASL inadempienti – sia nel non dare risposta a uno strumento di conoscenza quale l’accesso civico generalizzato, sia nella garanzia dell’accesso al servizio di IVG previsto per legge”.
Note
* L’indagine di Lalli e Montegiove tramite accesso civico generalizzato, nata con l’obiettivo di appurare se la legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza sia effettivamente applicata, evidenzia come la Relazione sulla stessa legge del Ministero della salute pubblicata lo scorso 16 settembre (con un anno e mezzo di ritardo) e i dati in essa contenuti restituiscano una fotografia poco utile, sfocata, parziale di quanto avviene realmente nelle strutture ospedaliere del nostro Paese. La relazione dovrebbe restituire un quadro il più possibile realistico sullo stato di applicazione della legge, “anche in riferimento al problema della prevenzione”, al fine di avviare tutte le manovre correttive per superare le diseguaglianze tra le regioni e assicurare a tutte le donne l’accesso all’IVG. Di fatto, sia il ritardo nella presentazione, sia gli indicatori e le modalità di raccolta e di analisi dei dati, rendono la relazione un’osservazione passiva e neanche tanto veritiera della realtà, e che rende impossibile qualunque possibilità di miglioramento.