Vaccino. Quando l’obbligo è moralmente accettabile
“Se c’è una probabilità su due che un vaccino faccia morire una persona, e io costringo quella persona ad assumerlo, è evidente che compio un’azione immorale. L’azione resta immorale, non può cambiare, se le probabilità che quella persona muoia sono di una su un milione o più. Se quella persona muore, infatti, sono io il responsabile della sua morte. Sono io ad averla costretta ad assumere il vaccino. Diverso il discorso, se è lui a scegliere di assumere il vaccino”.
Ragionamento chiaro che ho fatto sul blog de L’Espresso, curato da Stefania Rossini. Però poi ho affermato: “L’obbligo potrebbe essere moralmente accettabile, anche se non del tutto, solo se si avesse la certezza della morte di tutti a causa della pandemia”.
E questo nessuno lo ha capito, sebbene diversi abbiano criticato. Ma come si fa a criticare ciò che non si è compreso? La faccenda mi ha divertito. Ho aspettato che si scervellassero un po’, i frequentatori del blog, e poi ho dato la spiegazione. Perché moralmente accettabile solo se si avesse la certezza della morte di tutta l’umanità? Semplicemente perché condannerei a morte (reazioni avverse mortali) persone già condannate a morire. E perché “non del tutto accettabile”? Perché sarei io la causa diretta della morte di quelle persone, non il morbo. Moralmente accettabile quindi, ma non del tutto.
E per le persone religiose ho aggiunto che qualsiasi costrizione è contraria al vangelo, sempre che non si voglia commettere il grave errore di sant’Agostino, che interpretò in maniera sbagliata la bella parabola lucana del grande convito.
Renato Pierri