Giornata mondiale dei poveri. Solo chi è stato povero può capire il dramma della povertà

Giornata mondiale dei poveri. Solo chi è stato povero può capire il dramma della povertà

La lettera

 

di Biagio Maimone

 

Povertà, poveri, giornata mondiale. Certo, è un gesto di civiltà dedicare un giorno a chi è povero, a chi non vive una vita socialmente dignitosa a causa della mancanza dei necessari mezzi economici.

Comprendo il dramma della povertà, non perché sociologo, giornalista o  psicologo che studia il fenomeno della povertà, ma perché sono stato povero a causa di un errore giovanile. 

Premetto che non sono nato povero, in quanto la mia famiglia aveva un buon tenore di vita sociale ed economico.

A 30 anni ho deciso di aprire una società e, per alcuni errori scaturiti da una non approfondita conoscenza delle dinamiche economiche che sorreggono la vita di una società, sono finito nel baratro.

Si è soli, purtroppo, quando si cade nel baratro della povertà più buia. Non esistono strutture statali o private che possono aiutarti, non esiste più nulla.

Le banche mi hanno chiuso i conti e molti creditori mi hanno protestato. 

Tutti mi hanno abbandonato, anche coloro che dicevano di essere miei amici non rispondevano più al telefono e  quando mi vedevano cambiavano strada.

Anche i miei fratelli e le mie sorelle mi hanno lasciato solo, anzi mi hanno emarginato.

Non avevo i soldi neppure per bere un caffè al mattino e, a volte, saltavo i  pasti.

Soli, si è soli quando non si ha più un soldo e si girovaga per la città senza parlare con nessuno, solo con se stessi, cercando la luce in fondo al tunnel, ma tale luce non si intravede.

Mi avevano portato via tutto, solo la fede mi era rimasta ed è stata la fede a salvarmi. Partendo dalla fede  ho ricostruito, passo dopo passo, la mia vita.

Posso affermare di aver superato il dramma dell’impoverimento assoluto.

Ce l’ho fatta! Altri non ce la fanno.

Non basta istituire una giornata mondiale per i poveri.  Occorre predisporre interventi immediati a favore di chi non ha la forza per risollevarsi  dalla povertà che toglie anche il respiro. Si dimentica che tutti possono diventare poveri da un giorno all’altro, basta un errore nella gestione economica, basta un evento inaspettato e non programmabile, come la pandemia attuale o come una malattia che impedisce di poter lavorare ed altri eventi che la nostra volontà non può tenere sotto controllo. Creare, allora, un corridoio solidale, di carattere istituzionale, è un intervento necessario perché il dramma della povertà ferisce non solo il singolo, ma anche tutto quanto attiene alla vita del singolo, anche i propri affetti, le proprie famiglie, i propri figli ed, in tal modo, il dramma dilaga come un fiume in piena. La povertà rappresenta una ferita del tessuto sociale e, pertanto, della vita di uno Stato. Se vi sono tanti poveri in uno Stato, esso diviene uno Stato le cui ferite lo indeboliscono fino a renderlo ammalato e stanco, a tal punto da non essere più fertile e produttivo. Ogni povero salvato dallo stato di miseria e reinserito nel tessuto socio-economico diviene nuova risorsa sociale ed economica ed, inoltre, attesta la dimensione morale dello Stato in cui egli vive, in quanto si prende cura dei suoi cittadini soprattutto quando essi soffrono. Non si può negare che la civiltà di uno Stato è attestata dalla sua capacità di recuperare alla vita chi vive ai margini, restituendogli la dignità umana che la povertà calpesta fino ad annientarla.

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