Embrioni e feti santi martiri. Idea strampalata
«Desideriamo sollecitare la Chiesa ad aprire un processo canonico per il riconoscimento del martirio dei bambini uccisi dall’aborto». Così, a “La Nuova Bussola Quotidiana”, Giovanni Antonucci, fondatore dell’Associazione per la postulazione della causa dei bimbi non nati martiri, fatta da laici e sacerdoti. Il titolo che il giornale dà all’intervista: “I bambini abortiti sono martiri? L’ipotesi si fa strada”. Be’, si farebbe strada un’ipote assurda, strampalata. Come possono embrioni e feti essere definiti martiri? Trascrivo dal Treccani: “Nel cristianesimo primitivo, parola che designò in un primo tempo gli apostoli, cioè i testimoni qualificati della vita e della resurrezione di Cristo; successivamente fu riferita a tutti coloro che attestavano la verità del cristianesimo, dando prova, in circostanze pericolose, di fede incrollabile; in periodi di persecuzione l’appellativo finì per essere riservato a coloro che sigillavano col sacrificio della vita la confessione della loro fede”.
Parlare di persecuzione nei riguardi degli embrioni e dei feti non ha senso alcuno, giacché da parte della donna che abortisce non c’è mai rancore verso il prodotto del concepimento. Nessuno odia gli embrioni. E’ l’errore grave che commise Giovanni Paolo II, quando nell’enciclica “Evangelium vitae”, paragonò l’aborto al delitto di Caino.
Ad ogni modo, può anche essere che l’ipotesi sconcertante si faccia strada. Basta persuadersi che una guarigione inspiegabile sia avvenuta dopo avere pregato un feto o un embrione. Non è difficile. Ma la cosa più assurda in questa faccenda è che mentre un uomo santo si può distinguere da un uomo non santo, è impossibile distinguere un embrione santo da un embrione non santo. Bisognerebbe affidarsi ai miracoli dal cielo, ma perché mai un embrione dovrebbe far miracoli e un altro non dovrebbe farli? Come fa un embrione ad essere più santo di un altro? Cose ‘e pazze!
Renato Pierri