Sportello psicologico, smart working e flessibilità per evitare The Great Resignation

Sportello psicologico, smart working e flessibilità per evitare The Great Resignation

Gallo (Springer): le aziende devono attivarsi per il benessere organizzativo

Roma – “Non deve essere il dipendente a chiedere aiuto, ma l’organizzazione attivarsi nel fornirlo, perché il dipendente non deve sentirsi giudicato o valutato costantemente. Per questo, a ridosso dell’inizio della pandemia, quando tra I primi mettemmo i dipendenti in smart working, era il 23 febbraio, abbiamo deciso di avviare uno sportello di counseling psicologico per tutti i lavoratori: uno strumento per gestire eventuali problematiche personali, professionali, relazionali con I colleghi, ma anche organizzative relativamente al fatto che la pandemia ha modificato equilibri, bilanciamenti faticosamente creati nel tempo, minato certezze”. E’ Alessandro Gallo a spiegare all’agenzia Dire il senso del supporto psicologico in azienda, una sorta di sportello a cui diverse aziende hanno già fatto ricorso e che sembra diffondersi nel post pandemia. Gallo è il direttore generale di Springer Italia, filiale del Gruppo Springer Nature, che si occupa di gestire progetti editoriali, relazioni con gli autori e attività digitali per l’azienda madre, attiva nella comunicazione, editoria e formazione in ambito healthcare e pharma.
“Abbiamo avviato lo smart working fin dal 23 febbraio 2020 e siamo stati tra i primi in Italia a far lavorare tutti I dipendenti da remoto, questo ha comportato nel tempo delle criticità, sia per i dipendenti che per i loro familiari”, racconta Gallo.

“Ci siamo chiesti da quasi subito come affrontare la situazione e abbiamo avviato una sorta di sportello, dapprima individuale, con un colloquio con uno psicoterapeuta per problematiche non legate solo al contest lavorativo ma collegate indirettamente al contest professionale”, ricostruisce il Dg Alessandro Gallo. “Negli ultimi mesi abbiamo convertito l’iniziativa che mirava al benessere individuale del singolo dipendente ad una attività di counseling di gruppo; nel corso dei prossimi sette mesi con sessioni in remoto e live, se la pandemia lo consentirà, offriremo ai dipendenti dei corsi specifici che abbiamo individuato attraverso una survey interna su otto tipologie di corsi diversi emersi sulle esigenze dei lavoratori, 60 colleghi, il totale per la sede italiana, a Milano. Ebbene essi hanno votato e scelto due opzioni: un corso sulla postura e uno su mente e cervello. Questo per garantire un supporto psicologico a livello individuale ma anche contestualizzare il dipendente nell’ecosistema dell’ufficio e di diversi gruppi, nell’ottica di gestire in modo più efficace le situazioni difficili, ridurre ansia e conflittualità ma anche per migliorare l’immagine e la loyalty all’azienda”, spiega il Dg.

Ma perché passare dal counseling individuale al lavoro psicologico di gruppo? “Per gli incontri individuali avevano aderito molti colleghi ma poi nella pratica si erano posti il dubbio se dovevano informare il line manager e aspettarsi da lui/lei l’approvazione; io dissi loro che dovevano solo informarlo. Altri invece hanno affermato di non voler aderire perché avrebbero esplicitato una situazione di disagio.
Anche qui ho spiegato che il servizio è disponibile per qualsiasi supporto, non per forza per un disagio, né si deve spiegare perché accedere al servizio. Di fronte a queste perplessità abbiamo capito che sull’attività è individuale c’è ritrosia, meglio procedere in gruppo”, risponde Gallo.
“I numeri, del resto- rimarca ancora- parlano chiaro: a livello individuale c’è stata l’adesione di 10 colleghi su 60, mentre a livello di gruppo 30 su 60. Chiaramente seguiamo e informiamo i lavoratori delle apposite indicazioni sulla privacy per l’attività sia di gruppo che individuale”.
“In Springer Nature, multinazionale che impiega 13mila dipendenti in tutto il mondo, negli ultimi 15-20 anni e non solo da noi, sono state implementate strutture a matrice: non c’è un capo, che è plenipotenziario e decide per tutto ma vi sono riporti funzionali, spesso basati all’estero, chiamate ‘dotted line’. Il dipendente al di là del Covid, è spesso in una situazione di contrasto o confusione e non sa come agire”, sottolinea Gallo.
“Avviare uno sportello è stata quindi anche una conseguenza delle difficoltà che potevano sommarsi a quelle dell’emergenza dovuta al virus- spiega il direttore, che ribadisce: “Non può essere il dipendente a chiedere aiuto ma l’organizzazione a fornirlo, attivandosi, affinchè il dipendente non si senta costantemente sotto una lente”.
Lo sportello di counseling, per ora, ha funzionato principalmente in via digitale ma “anche l’interazione fisica nel counseling di gruppo ha un maggior significato, la prossemica e la gestualità possono produrre effetti diversi, spesso migliori”, sottolinea Gallo. E quale ritorno da questo tipo di investimento aziendale? “Il ROI su queste attività, se così vogliamo chiamarlo- ci scherza su Gallo- resta un punto di domanda, forse quello che è importante è lavorare per il benessere organizzativo ideale, mirando ad un benchmark. Meglio avere un modello ideale a cui riferirsi senza necessariamente raggiungerlo ma provandoci, purché non si carichino le persone di lavoro e si paghino gli straordinari ai dipendenti, nel caso di più ore svolte. In ogni caso in questo contesto di supporto psicologico è tutto molto poco misurabile, come i feedback sull’attività professionale, ma questo aspetto del mantenimento di un benessere oggettivo è essenziale a qualsiasi attività di counseling o supporto psicologico, sia di gruppo che individuale”, spiega il direttore. “Se si creano attività di supporto ma poi si viene meno su tutto il resto, è inutile- avverte.

“Qualche anno prima della pandemia l’azienda ha deciso di concedere lo smart working e già nel 2018 è stato elaborato un programma che lanceremo tra qualche giorno -annuncia Gallo- per consentire ai dipendenti, anche senza emergenze sanitarie, di poter lavorare almeno due volte a settimana da casa, ma anche dare loro la possibilità di essere sempre presenti, qualora lo desiderino, creando quindi uno strumento elastico, che l’azienda metterà a punto sia sul piano organizzativo che su quello contrattuale con il confronto con I sindacati. Del resto Springer non è una fabbrica, non facciamo tutti la stessa cosa. Essere performanti significa anche non obbligare un dipendente a restare otto ore a scaldare la sedia se ha soddisfatto tutte le attività che aveva in programma, in meno tempo. Quando il ministro della Pa, Renato Brunetta, parla di lavorare per obiettivi dovrebbe prima pensare a ripensare il diritto di lavoro- osserva criticamente Gallo- perché nessun dipendente può essere licenziato sul mancato raggiungimento degli obiettivi che peraltro- ricorda- non possono neppure essere fissati. Un approccio basato sulla flessibilità, in questo senso, può essere funzionale anche a chi preferisce uscire dall’azienda, per quello che in questo momento storico è chiamato ‘great resignation’, negli Stati Uniti”, conclude Alessandro Gallo.

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