Un vero e proprio terremoto ha colpito, di recente, il mondo dorato delle ditte che, negli istituti penitenziari italiani, forniscono a detenuti e internati il vitto e il sopravvitto (associati fin dal Regolamento generale per gli stabilimenti carcerari del 1920): vitto è il cibo necessario al confezionamento dei tre pasti giornalieri assicurati dall’amministrazione attingendo alla diaria pro capite di ciascun ristretto, sopravvitto sono i generi alimentari e di conforto che invece si acquistano a piacere ma con denaro proprio. A settembre scorso, la Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per il Lazio, ha assunto un’iniziativa del tutto inedita: con le delibere 101-104/2021, relatore Ottavio Caleo, dando ragione, fra gli altri, al Garante per i diritti dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni, che aveva lamentato le speculazioni sul cibo dei reclusi, ha negato il visto e la registrazione di alcuni decreti del Provveditorato regionale del Lazio, Abruzzo e Molise del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (DAP). Si tratta dei 4 decreti di approvazione di altrettanti contratti di fornitura del vitto, nel triennio 2021-2023, rispettivamente negli istituti penitenziari di Rebibbia a Roma (n. 51416) per quasi 4,5 mln di euro, di Civitavecchia e Viterbo (n. 51614) per 2,2 mln, di Campobasso, Isernia, Larino, Avezzano, L’Aquila, Sulmona (n. 51649) per 2,5 mln, e di Frosinone, Cassino e Latina (n. 52469) per 1,7 mln. Le imprese aggiudicatarie degli appalti sono, nell’ordine, per i primi due contratti la Ditta Domanico Ventura S.r.l., con sede a Napoli, di proprietà dei fratelli Achille e Umberto Ventura, che nella città partenopea possiedono anche il Circolo Canottieri, per il terzo la Rag. Pietro Guarnieri-figli S.r.l., di Putignano (BA), per il quarto la Sirio s.r.l. di Cercola (NA). Le offerte, in base alla lex specialis di gara, contestata essa stessa dalla Corte, sono riferite solo al servizio principale e obbligatorio di vitto, mentre l’attivazione del sopravvitto è opzionale ed esso può essere gestito internamente o esternalizzato. Quanto ai prezzi, benché nel 2020 la base d’asta sia stata incrementata da 3,90 a 5,70 euro, e la media nazionale si aggiri intorno a 3,92 euro, la Ditta Domanico Ventura S.r.l. ha offerto un ribasso del 58%: 2,39 euro giornalieri pro capite, la Rag. Pietro Guarnieri-figli S.r.l. è andata oltre, con un ribasso del 60,52%, offrendo dunque 2,25 euro, mentre la Sirio si è accontentata del 47%, con 3,00 euro. “Di qui”, osserva la Corte, “l’apparente insostenibilità economica del servizio di vitto ove svincolato dai ricavi del sopravvitto e l’evidente detrimento del principio di qualità delle prestazioni…”. Il Collegio di controllo preventivo, anzi, con il presidente Antonio Mezzera, non solo ha segnalato l’anomalia “dovuta al generalizzato, straordinario ribasso con cui vengono affidati tali contratti di fornitura di vitto giornaliero completo per i detenuti (colazione, pranzo, cena) per un importo sempre di poco superiore ai 2 euro, circostanza difficilmente compatibile con una dignitosa alimentazione della popolazione carceraria” ma ha stigmatizzato che per un appalto (vitto) e una concessione di servizi (sopravvitto) sia bandita un’unica procedura, ‘obbligando’ la stessa impresa ad assumere entrambi gli oneri, benché abbiano caratteristiche tecniche molto diverse. Tanto premesso, con l’Atto Senato n. 3-02886, ho interrogato la prof.ssa Marta Cartabia chiedendo: “di quali informazioni sia in possesso la Ministra interrogata sulla questione esposta e quali iniziative intenda assumere per garantire ai detenuti negli istituti di pena i basilari principi umanitari desumibili dagli artt. 27 e 32 della Costituzione nonché il rispetto di quanto disciplinato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354”.
Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Antimafia)