Uscito in America nel 2006, e pubblicato nello stesso anno in Italia da Rizzoli, torna ora in libreria per i tipi della Liberilibri Virilità di Harvey C. Mansfield, uno dei massimi filosofi politici americani e professore ad Harvard da quasi mezzo secolo. Il titolo italiano fa riferimento alla radice latina vir, uomo, mentre il titolo originale Manliness, termine più diffuso nella lingua inglese rispetto all’equivalente Virility, si richiama alla denominazione popolare derivata da man, nella quale il nesso con il genere o sesso maschile è più immediato.
Scrivere un saggio sull’esaltazione della virilità nell’epoca della società gender-neutral potrebbe sembrare antiquato, o assai provocatorio, di sicuro politicamente scorretto. Ma tessere le lodi di una delle virtù più bistrattate della contemporaneità viene avvertita dall’autore come impresa assolutamente necessaria. Mansfield passa in rassegna di capitolo in capitolo l’intera cultura occidentale, dalle sue radici nella Grecia classica fino ai nostri giorni, ponendo in luce la grandezza di questa virtù affatto machista ma, al contrario, ricca di nobiltà e di apertura all’altro, di spirito di sacrificio e nobiltà: «La virilità cerca il dramma, è pronta ad accoglierlo, predilige tempi di guerra, conflitti, situazioni di rischio. Innesca il cambiamento o viceversa ripristina l’ordine quando la normale routine non è più sufficiente, le strategie falliscono, la fiducia nel controllo razionale della scienza moderna si inclina».
Superando categorie escludenti come il sessismo, Mansfield si contrappone allo scientismo spesso troppo limitante della psicologia sociale e della biologia evoluzionistica: «A un certo livello, la virilità è probabilmente una caratteristica comune a tutti i maschi; a un livello superiore, invece, è propria soltanto del circolo ristretto degli uomini più virili, di cui potrebbero far parte anche alcune donne. A un livello ancora più alto, poi, la virilità diventa una virtù».
Se da un lato il libro rappresenta già un classico, dall’altro è considerato un testo da mettere all’indice. Ma in un mondo che tende a farsi grossolanamente egalitarista e non aspira a una reale parità ma a una generale indistinzione, il saggio di Mansfield si pone come un solido argine culturale con cui è doveroso confrontarsi.