«Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione è abrogato». È asciutta e netta la proposta di legge costituzionale presentata alla Camera dal deputato M5S Giuseppe d’Ippolito, «volta a cancellare l’autonomia differenziata dalla Carta costituzionale e dunque – spiega il parlamentare, già autore di un’altra pdl costituzionale per il ritorno della Sanità allo Stato – a bloccare per sempre ogni tentativo di attuarla a discapito del Sud, che merita molta più attenzione, a partire dalla necessità di disporre di maggiori risorse per tutelare il diritto alla salute e al lavoro, anche per fermare l’emigrazione e la criminalità organizzata». Nei giorni scorsi il deputato aveva annunciato la presentazione di questa proposta di legge, dopo aver disertato il voto della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza e del collegato ddl attuativo dell’autonomia differenziata, in disaccordo con il provvedimento. Finora non si è tenuto conto, ha argomentato D’Ippolito nella relazione illustrativa della sua proposta, «dei problemi che la pandemia e l’emergenza sanitaria, a partire dal marzo 2020, hanno fatto emergere o determinato, sia per quanto concerne la tutela della salute, sia per quanto riguarda la ripartenza e la ripresa del Paese nel solco della transizione ecologica e della transizione digitale». «È doveroso – ha aggiunto – fermare la crescita del divario tra il Sud e il Nord dell’Italia, anche in applicazione dei princìpi di coesione dettati e pretesi dall’Unione europea. Perciò l’autonomia differenziata appare come un vulnus, perché servirebbe soltanto alle Regioni economicamente più ricche e meglio attrezzate sul piano amministrativo». «La presente proposta di legge costituzionale intende» anche «aprire un più ampio dibattito parlamentare sulla distanza del Sud dal resto del Paese e avviare un confronto obiettivo – ha chiarito D’Ippolito – sulla necessità di garantire maggiore coesione tra le diverse aree dell’Italia, posto che il Mezzogiorno continua a spopolarsi e ad impoverirsi economicamente, anche per motivi legati alla carenza di un’offerta sanitaria adeguata e all’inquinamento criminale del territorio e delle amministrazioni pubbliche, spesso collegato alla mancanza di lavoro e di possibilità di crescita del tessuto imprenditoriale e di nascita e sviluppo di nuove imprese».