Alla Settimana della lingua italiana nel mondo Pierfranco Bruni tra Dante e D’Annunzio con la Franesca da Rimini: dal V Canto dell’Inferno alla tragedia di 120 anni fa
Quando Francesca da Rimini di Dante venne portata sulla scena da Gabriele D’Annunzio con la grande Eleonora Duse il 1901. Sono trascorsi 120 anni. Pierfranco Bruni con il romanzo dal titolo: “Con le sue labbra le suggella le labbra spiranti” (Pellegrini) racconta, tra il tragico e il malinconico, l’amore tra Eleonora e Gabriele, passando attraverso Marta Abba, Sarah Bernhardt, Mata Hari e l’intreccio tra il Notturno e il Fuoco.
Un romanzo nell’immaginario del (e nel) vero poetico. La finzione e il reale. È proprio nella tragedia dannunziana “Francesca da Rimini” che Bruni intreccia l’opera di Dante Alighieri nell’opera di D’Annunzio attraverso un intreccio fortemente letterario, che scava però nelle vite e nell’amore di Francesca da Rimini e Paolo Malatesta. Bruni si pone alcuni interrogativi che hanno valenza metaforica ed estetica.
Cosa rappresenta Francesca per Dante? Non certamente lo specchio di Beatrice.
Ma chi agita metaforicamente il viaggio del rivedere, del salire e del muovere (andare anche oltre?) le stelle? Il divino che è solo nel Paradiso o il tragicomedìa che è il naufragare di una vita? Cosa rappresenta Francesca per D’Annunzio? La Eleonora che raccoglie i petali di rose di una notte in teatro, la dolorante amante del “Fuoco” o il rimembrar delle marine del “Notturno”? Francesca da Rimini è il centro del labirinto che pone a confronto la metafisica dello sguardo in Dante e l’estetica degli occhi in D’Annunzio. Il resto è un velo.
Pierfranco Bruni, nel suo libro, fa riferimento al velo che copre il busto di Eleonora Duse, presente al Vittoriale. Con una costruzione immaginaria straordinaria Bruni lo fa scivolare dal volto proprio mentre Gabriele si accascia al tavolino da lavoro della sua stanza.
La metafora del velo è un ancestrale silenzio di specchi negli specchi, ma è anche il mascheramento di quel volto che accompagnò D’Annunzio e Dante nel giorno infinito in cui il tempo fece i conti con la memoria. Il romanzo di Bruni è un intercalare di storie e poesie in una struttura quasi tipicamente a forma prosimetrica.
Il titolo è tratto da un verso dalla “Francesca da Rimini” di D’Annunzio. Tra Dante e D’Annunzio le pagine del romanzo di Bruni sono un inteso riferimento innovativo di scrittura e porta una vivace dialettica letteraria e linguistica proprio in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo.