Navalesi: il covid è stato la nostra principale preoccupazione, ora idee più chiare

Navalesi: il covid è stato la nostra principale preoccupazione, ora idee più chiare
A Roma la seconda giornata lavori 75esimo congresso nazionale Siaarti

”In questa edizione abbiamo parlato molto meno del Covid rispetto al Congresso on line dello scorso anno. Grazie al cielo l’emergenza con i numeri travolgenti della prima e seconda ondata non c’è più, abbiamo qualche malato e ormai direi che siamo in una situazione endemica. Tuttavia il Covid ha rappresentato la nostra principale occupazione negli ultimi due anni, abbiamo anche affrontato situazioni nuove e stiamo ora cercando a posteriori anche di capire dove abbiamo sbagliato, dove avremmo dovuto agire diversamente”. Così il professor Paolo Navalesi, Direttore Istituto Anestesia e Rianimazione dell’Università di Padova e dell’azienda ospedale Università di Padova, in occasione della seconda giornata di lavori del 75esimo Congresso Nazionale Siaarti, che si chiude domani alla ‘Nuvola’ a Roma.
Navalesi ha moderato la sessione dal titolo ‘Fisiopatologia del Covid-19 e update’. ”Oggi- ha precisato- tutti i relatori sono stati molto bravi nel mettere a nudo tutto quello che potrebbe essere stato fatto in una maniera non esattamente corretta, perché allora non sapevamo nulla di questa malattia”.
”Noi siamo abituati a trattare quadri sindromici- ha proseguito- mentre in questo caso ci siamo trovati ad avere centinaia, migliaia di malati con una malattia che, pur nei suoi polimorfismi legati alle caratteristiche cliniche e ai fenotipi, era una malattia con determinate caratteristiche.
Qualcosa di quello che abbiamo imparato ci rimarrà, speriamo di non doverci più avere a che fare per lungo tempo”.
Navalesi ha inoltre affermato che ”su alcune cose abbiamo le idee molto più chiare, temo che in altre molti dei dubbi che abbiamo avuto durante la pandemia siano rimasti lì, perché nonostante numeri enormi abbiamo avuto poche opportunità per usare un approccio scientificamente corretto, perché non era possibile, perché non era gestibile, perché bene o male siamo stati travolti da una marea di pazienti che abbiamo dovuto gestire al meglio con le risorse che avevamo. E devo dire che in Italia gli anestesisti rianimatori hanno veramente risposto molto bene”.
”Di sicuro- ha aggiunto- sono emerse lacune di staff, di persone e di materiali ma voglio dire una cosa a cui tengo molto: siamo partiti che eravamo considerati ‘eroi’, siamo arrivati a rischiare di essere presi a calci nei corridoi. A tal proposito mi viene in mente la canzone di Vasco Rossi ”Niente dura”.
”Purtroppo- ha infine precisato- dobbiamo abituarci al fatto che, nonostante abbiamo veramente dato tutto, alla fine la situazione si è quasi rovesciata e siamo stati quasi visti come iettatori. Questo sicuramente non è stato bello”, ha concluso.

 

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